Chi paga le violazioni del diritto dell’Unione europea? Il caso delle multe per le quote latte

4 novembre 2014 di Mauro Varotto

Chi paga, in Italia, le violazioni del diritto dell’Unione europea? Per rispondere alla domanda, prendo spunto da un caso emblematico, oggetto di una relazione della Corte dei conti italiana, pubblicata qualche giorno fa e intitolata: “Valutazioni finali sulla gestione degli interventi di recupero delle somme pagate dallo Stato in luogo degli allevatori per eccesso di produzione in tema di quote latte”.

La relazione giunge dopo due indagini compiute dalla Corte stessa negli anni scorsi, finalizzate a verificare lo stato di avanzamento delle procedure di recupero dei soldi che lo Stato italiano ha versato alla Commissione europea per pagare le multe comminate ad alcuni allevatori italiani, i quali hanno prodotto e venduto latte in eccesso, rispetto alle quote assegnate dall’Unione europea all’Italia, usufruendo dei relativi vantaggi economici, ma senza pagare le conseguenze delle violazioni delle norme unionali.

Di quali importi stiamo parlando? Lo scrive la Corte dei Conti nella sua relazione:

“La conseguenza finanziaria della cattiva gestione trentennale delle quote latte – caratterizzata dalla confusione della normativa, delle procedure, delle competenze e delle responsabilità dei soggetti investiti e dall’incertezza sui dati di produzione – si è tradotta in un esborso complessivo nei confronti dell’Unione europea, ad oggi, di oltre 4,4 miliardi di euro. Per il periodo precedente la campagna lattiera 1995/96, l’onere si è scaricato interamente sull’erario, mentre le somme teoricamente recuperabili nei confronti degli allevatori – e già anticipate all’Unione a carico della fiscalità generale – superano l’importo di 2.537 milioni”.

Per capirci, si tratta di una cifra complessiva ben maggiore dei 4 miliardi di euro che oggi, per far quadrare i conti pubblici, la legge di stabilità per il 2015 intende sottrarre a regioni ed enti locali, rischiando di far ridurre l’erogazione dei servizi sociali e sanitari.

La sciagurata scelta, effettuata dalla nostra classe politica nel corso degli anni, di pagare le multe inflitte ad alcuni allevatori con i soldi pubblici, come scrive ancora la Corte dei Conti, costituisce un’ulteriore violazione non solo delle norme dell’Unione europea, ma “altresì, degli obiettivi della sua politica economica, indirizzati all’efficiente organizzazione del mercato lattiero-caseario, al suo assetto strutturale in linea con la necessità di contenere le produzioni ed alla tutela della libera concorrenza tra i produttori del settore”.

Per questo motivo, l’Italia è stata nuovamente costituita in mora dalla Commissione europea, per i mancati recuperi degli importi delle multe presso gli allevatori responsabili degli sforamenti delle quote latte: il 26 giugno 2013 è stata avviata, pertanto, la procedura di infrazione n. 2013/2093, a norma dell’art. 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, procedura, come ho scritto, nella quale l’Italia primeggia in Europa.

Inoltre, nel frattempo, è intervenuta la decisione del 17 luglio 2013 della stessa Commissione, sfavorevole all’Italia, relativa all’aiuto di Stato SA.33726, avente a oggetto la proroga semestrale della settima rata del programma di rateizzazione previsto dalla legge n. 119/2003.

Ulteriori sanzioni pecuniarie, quindi, saranno in arrivo, in questo caso, contro lo Stato italiano sino ad oggi del tutto inadempiente.

Eppure, nonostante tali significative sollecitazioni esterne, che cosa continua a fare chi ci rappresenta all’interno delle istituzioni responsabili di applicare le norme unionali?

La Corte dei conti avvisa che lo stato dei recuperi, da due anni, è fermo. Anzi, il Parlamento italiano ha sottratto l’onere della riscossione a Equitalia (risultata forse troppo “efficiente”?) e lo ha affidato ad Agea, un’agenzia che, come sottolinea la Corte dei conti, “versa in uno stato di crisi, anche per carenze finanziarie e di organico”.

Quali sono le conseguenze di questa situazione?

Lo scrive ancora la stessa Corte dei conti, a chiusura della sua relazione:

“Ciò comporta un rilevante incremento della probabilità che, con il passare del tempo, le procedure esecutive diventino impossibili, con il rischio della traslazione dell’onere finanziario dagli allevatori inadempienti alla fiscalità generale e la conseguente imputabilità del danno erariale derivante nei confronti degli amministratori pubblici inerti”.

Questa è l’Italia: un Paese che fa pagare le conseguenze di un problema, che si è trascinato nel corso di tre decenni di pessima gestione delle quote latte da parte di una amministrazione pubblica e di una classe politica incompetenti, su tutti i suoi cittadini.

Dobbiamo rassegnarci o è possibile cambiare?

 

 

ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:

La Corte dei conti, in Italia, non esercita solo il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo e quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato: la Costituzione affida a essa il compito di giudicare le responsabilità di chi ha la gestione del pubblico denaro.

La relazione della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti, pubblicata il 31 ottobre 2014, sulle “Valutazioni finali sulla gestione degli interventi di recupero delle somme pagate dallo Stato in luogo degli allevatori per eccesso di produzione in tema di quote latte” (delib. n. 12/2014/G, pres. Clemente, rel. Mezzera), è pubblicata sul sito internet della stessa Corte.

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