La sanità italiana permane nella mediocrità in Europa
29 gennaio 2015 di Mauro Varotto
In questi giorni sono stati pubblicati i dati dell’8° rapporto dell’Euro Health Consumer Index 2014 che contiene la valutazione dei sistemi sanitari di 36 paesi europei e della Scozia.
L’indice EHCI è elaborato annualmente dal think tank svedese denominato Health Consumer Powerhouse, società privata specializzata nelle ricerche sul settore e finanziata da alcune fondazioni e organizzazioni senza fini di lucro di diversi Paesi europei.
Esso viene calcolato combinando ben 48 indicatori, relativi a 6 aree oggetto di valutazione: i dati utilizzati provengono dai risultati di statistiche pubbliche, di sondaggi condotti tra i pazienti e da ricerche indipendenti realizzate dalla stessa società svedese che lo elabora.
Nel corso degli anni, l’indice è divenuto uno standard di settore e, oggi, è il punto di riferimento, a livello europeo, per misurare le performance della sanità in Europa, tanto che l’edizione 2014 è stata presentata assieme al Commissario europeo per la salute.
In vetta alla graduatoria 2014 si trovano, stabili, i Paesi Bassi, con un punteggio di 898 su 1.000 punti, seguiti da Svizzera, Norvegia, Finlandia e Danimarca.
Nonostante in molti dei 36 Paesi esaminati si sia registrato un calo della spesa sanitaria, tuttavia, in generale, il rapporto evidenzia che le prestazioni complessive nell’ambito della sanità pubblica europea continuano a migliorare: nel 2006, anno della prima rilevazione, l’indice EHCI assegnava un punteggio superiore a 800 punti a un solo Paese, mentre, nel 2014, la stessa soglia è stata superata da ben nove sistemi sanitari nazionali, tutti caratterizzati da ottime prestazioni.
L’Italia si colloca al 21° posto dell’EHCI, con 648 punti su 1.000: una posizione in meno rispetto al 2013. Posizionata fra la Slovacchia e l’Irlanda, l’Italia è uno dei pochi paesi europei a non avere migliorato il suo punteggio in base all’indice. Non è una novità, poiché, sin da quando l’indice ha iniziato ad essere calcolato, il nostro paese scivola, di anno in anno, verso il basso della graduatoria.
La ricerca non si limita a spiegare che, non diversamente da altri settori del Paese, anche la sanità pubblica italiana, in generale, e pur con le dovute eccezioni, offre scarsi risultati a causa della mancanza di riforme che sarebbero “disperatamente” necessarie, ma che sono impedite dalla paralisi politica in cui ha versato il paese negli ultimi decenni.
La ricerca si spinge oltre e indica nell’attuale “regionalizzazione” della sanità pubblica italiana il vero problema: sia delle scarse prestazioni complessive del sistema sanitario nazionale; sia, soprattutto, del pesantissimo divario fra le regioni del nord e quelle del centro sud, divario che rende talvolta problematico stabilire persino la media italiana dei diversi indicatori oggetto di valutazione.
Uno spunto di riflessione importante, soprattutto nell’attuale fase di riforma della Costituzione italiana che prevede anche una nuova ripartizione delle competenze tra stato centrale e regioni.
ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:
Alle politiche dell’Unione europea sulla sanità pubblica, ho dedicato un precedente articolo, al quale rinvio.