Un po’ di chiarezza (e di correttezza) in tema di regole europee sul sostegno statale alle banche

23 dicembre 2015 di Mauro Varotto

Oggi qualcuno tenta di scaricare sulla Commissione europea la responsabilità del
mancato salvataggio pubblico delle quattro banche italiane fallite (Etruria, Marche, Chieti e Ferrara) e delle conseguenze sui risparmiatori. Alcuni addirittura arrivano ad accusare la Commissione europea di usare due pesi e due misure nel concedere ad alcuni Paesi deroghe che ad altri non concederebbe.

La realtà è ben diversa.

In linea generale, il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea vieta ai 28 Stati membri di utilizzare fondi pubblici per aiutare le imprese, private o pubbliche che siano.

All’inizio della crisi economica e finanziaria mondiale, la Commissione europea ha scritto a tutti i 28 Governi degli Stati membri, informandoli circa la possibilità di ottenere una deroga a questo divieto generale, per poter aiutare le imprese e anche le banche e le istituzioni finanziarie in difficoltà.

La prima comunicazione della Commissione ha la data del 13 ottobre 2008: consentiva a tutti gli Stati membri – anche all’Italia – di intervenire con fondi pubblici per salvare le proprie banche in crisi, ad esempio, ricapitalizzandole.

Questa prima deroga alle regole generali era consentita fino al 31 dicembre 2010.

Di fronte al persistere della crisi, la Commissione europea ha, quindi, prorogato due volte tale deroga: con una comunicazione del 7 dicembre 2010, ha autorizzato gli Stati membri a presentare piani di ristrutturazione delle banche fino al 31 dicembre 2011; con una seconda comunicazione del 6 dicembre 2011, fino al 30 luglio 2013.

Quindi, la Commissione europea ha concesso una finestra temporale (e temporanea) di ben cinque anni in cui ogni Stato poteva intervenire con fondi pubblici, anche in via preventiva, per salvare le banche in situazioni difficili e, di conseguenza, i risparmiatori.

Grazie a queste norme temporanee, la Commissione europea ha autorizzato aiuti di Stato alle banche per circa 800 miliardi di euro, come ho scritto in un precedente post: ad esempio, il governo tedesco ha impegnato 247,4 miliardi di euro per salvare le proprie banche; 165 miliardi il governo inglese, che ha anche “nazionalizzato” un paio di istituti di credito; 60 miliardi il governo spagnolo (che ha usato, peraltro, non risorse proprie ma un prestito del cosiddetto “Fondo salva-Stati”, prestito a suo tempo offerto anche all’Italia).

E il governo italiano? Ha chiesto un’unica deroga alla Commissione europea, per prestare, nel 2012, circa 4 miliardi di euro al Monte dei Paschi di Siena (qualcuno ricorderà i cosiddetti “Monti Bond”).

 

Dal 1° agosto 2013 questa finestra si è chiusa e le regole sono cambiate, perché nel frattempo, come è noto, sono cambiate anche le regole sul sistema bancario europeo ed è nata l’unione bancaria europea.

Infatti, con una nuova comunicazione del 30 luglio 2013, la Commissione europea ha informato tutti gli Stati membri circa i nuovi criteri di valutazione per autorizzare nuovi interventi pubblici a favore delle banche, in modo da accompagnarle nei nuovi scenari aperti dell’unione bancaria.

Questi criteri di valutazione sono quelli applicati nei mesi scorsi dalla Commissione europea alle richieste di intervento del Governo italiano sulle quattro banche italiane fallite – e su altre che non hanno avuto gli onori delle cronache -, rispetto alle quali il problema di fondo è che il Governo non ha presentato alcun piano di ristrutturazione, ma ha improvvisato interventi poco efficaci.

Quindi, i governi italiani che si sono succeduti dal 13 ottobre 2008, avevano tutte le possibilità per intervenire a favore di queste banche – alcune commissariate da oltre un paio di anni – sfruttando, come hanno fatto gli altri Governi europei, le deroghe concesse dalla Commissione europea.

 

Chi devono ringraziare i risparmiatori che oggi hanno perso gran parte dei risparmi a causa del fallimento delle quattro banche italiane?

Chi dovranno ringraziare i risparmiatori italiani per l’eventuale fallimento di eventuali altre banche italiane, in un sistema bancario nazionale che, a fine 2015, presenta crediti deteriorati (prestiti a famiglie e a imprese che non sono stati restituiti) per un ammontare di circa 250 miliardi di euro?

Devono ringraziare la politica italiana che non ha fatto nulla di nulla né per mettere in sicurezza le banche durante la crisi; né per preparare i risparmiatori sulle nuove regole dell’unione bancaria europea; in particolare, i Governi italiani in carica dal 13 ottobre 2008 al 30 luglio 2013, periodo in cui tutti gli altri Paesi europei più importanti intervenivano per salvare o, almeno, per creare una rete di sicurezza attorno al proprio sistema finanziario, utilizzando le deroghe concesse dalla Commissione europea.

Serve una commissione parlamentare di inchiesta? O è solo uno stratagemma per confondere le acque?

La lista dei nostri “lungimiranti” governanti è reperibile sul sito del Senato della Repubblica:
8 maggio 2008-15 novembre 2011:
Presidente del Consiglio: Silvio Berlusconi
Ministro dell’Economia: Giulio Tremonti
Coalizione: Popolo delle libertà, Lega Nord e altri

16 novembre 2011-27 aprile 2013:
Presidente del Consiglio: Mario Monti
Ministro dell’Economia: Mario Monti e, poi, Vittorio Grilli
Coalizione: Governo tecnico sostenuto da Partito democratico, Popolo delle libertà, Unione di centro, Futuro e libertà, Alleanza per l’Italia

28 aprile 2013-21 febbraio 2014:
Presidente del Consiglio: Enrico Letta
Ministro dell’Economia: Fabrizio Saccomanni
Coalizione: grande coalizione formata da Partito democratico, Nuovo centro destra, Scelta civica, Popolari per l’Italia, Unione di centro, Radicali italiani e appoggio esterno del Popolo delle libertà.

 

 

 

ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:

Tutte le norme citate sono reperibili nel sito internet della Commissione europea, nelle pagine dedicate agli aiuti di stato alle imprese.

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