Specialisti ICT e scenari futuri in Europa
5 febbraio 2016 di Mauro Varotto
All’ultimo “World Economic Forum” di Davos, in Svizzera, capi di Stato e di governo, ministri, economisti, banchieri centrali e imprenditori di tutto il mondo, si sono confrontati sugli scenari futuri dell’economia e, più in generale, della società.
L’incontro è stato aperto da un importante intervento del presidente esecutivo del Forum, Klaus Schwab, sul tema della quarta rivoluzione industriale e dei rapidissimi cambiamenti in atto nel nostro ambiente non solo tecnologico ed economico, ma anche in quello sociale e nel nostro stesso modo di vivere e di lavorare.
L’intervento che ha messo in evidenza, soprattutto, i rischi di nuove disuguaglianze, in particolare nel mondo del lavoro: la quarta rivoluzione industriale, infatti, richiederà alle persone conoscenze e competenze sempre più elevate.
Si va, quindi, verso una sempre maggiore differenziazione del lavoro in segmenti “low-skill/low-pay” e segmenti “high-skill/high-pay”, in cui ad elevate competenze corrisponderanno elevati redditi e a basse competenze redditi sempre più bassi.
Più che il capitale, nella nuova economia conterà il talento.
Quanti sono, oggi, i lavoratori in Europa con le competenze richieste dalle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, cioè i cosiddetti “specialisti ICT”?
Lo rivela una recente indagine Eurostat, relativa ai 28 Paesi dell’Unione europea, chiusa a fine 2015 e relativa a dati del 2014.
Innanzitutto, nonostante la crisi economica e finanziaria, il tasso di crescita dell’occupazione per gli specialisti ICT è sempre rimasto elevato nel corso degli anni, con un incremento medio annuo del 4% dal 2006, più di dodici volte superiore al tasso medio di crescita dell’occupazione totale nello stesso periodo, come evidenzia il grafico seguente.
L’indagine Eurostat mette in luce anche che quasi la metà degli specialisti ICT (44%) non ha alcuna laurea o istruzione terziaria.
Segnalo la situazione dell’Italia, il paese con specialisti ICT con il più basso livello di istruzione nell’intera Europa. Il che significa che la gestione ICT nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni e lo stesso sviluppo scientifico e tecnologico del settore, in Italia, è affidato, spesso, ad autodidatti.
Inoltre, il 63% degli specialisti ICT nei 28 Paesi dell’Unione europea ha un’età superiore ai 35.
E’ sempre l’Italia il paese con meno giovani impiegati nel settore.
La maggior parte dei posti di lavoro per specialisti ICT è detenuto da uomini. La percentuale di donne che lavorano in questo segmento del mercato del lavoro nell’Unione europea è costantemente diminuito dal 2005, al 18% nel 2014.
Infine, un ultimo dato.
Quanti specialisti ICT ci sono in Italia rispetto agli altri paesi dell’Unione europea?
Meno di 3 ogni 100 lavoratori. Tra gli ultimi in Europa.
Segnalo che uno studio della società di consulenza più rinomata al mondo, la Boston Consulting, stima che, se continueranno le tendenze appena registrate da Eurostat, entro il 2020, in Europa, mancheranno almeno 800.000 (ottocentomila) profili specializzati nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Un elemento su cui riflettere.
ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:
L’indagine dell’ufficio della Commissione europea denominato Eurostat si intitola: “ICT specialists in employment” ed è stata pubblicata a fine 2015.
Klaus Schwab is Founder and Executive Chairman of the World Economic Forum: The Fourth Industrial Revolution: what it means, how to respond, 2016