Il programma nazionale per la ricerca per il periodo 2015-2020
2 Maggio 2016 di Mauro Varotto
In genere, un programma riguarda il futuro. In Italia, invece, un programma può anche essere mera gestione dell’esistente o, ancora più spesso, riprogrammazione del passato.
Infatti, il nuovo Programma nazionale per la ricerca per il periodo 2015-2020 (in sigla, PNR 2015-2020), approvato dal CIPE il 1° maggio, non destina nuove risorse alle ricerca e all’innovazione, né traccia nuove strategie: semplicemente, riordina in un documento unitario scelte già compiute e riprogramma risorse già stanziate negli anni passati.
Prima domanda: a che cosa serve, dunque, elaborare una strategia pluriennale nel campo della ricerca e dell’innovazione? Serve a giustificare ex-post scelte fatte anni prima, al di fuori di ogni strategia e di ogni programmazione.
Seconda domanda: che bisogno c’è di fare tutto questo? Per capire il significato e i contenuti del PNR 2015-2020 occorre fare un salto indietro nel tempo e, soprattutto, in Europa.
Era il 17 dicembre 2013 quando il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea approvarono il regolamento (UE) n. 1303/2013 contenente le nuove disposizioni relative alla programmazione dei Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE), per il periodo di programmazione dal 2014 al 2020.
La programmazione, a livello europeo, è una cosa seria e una delle novità della nuova fase programmatoria dei Fondi SIE si chiama “condizionalità ex ante”.
Tradotta in termini concreti, significa che tutti i Paesi membri dell’Unione europea, prima di iniziare ad attuare i programmi di spesa dei Fondi SIE (in Italia si tratta, in tutto, di 90 programmi, con una spesa complessiva di oltre 83 miliardi di euro, cofinanziamenti nazionali compresi), devono dimostrare di possedere alcuni “pre-requisiti”, ritenuti essenziali per l’efficace ed efficiente raggiungimento degli obiettivi fissati in sede di programmazione.
Esempio ancora più concreto: intende uno Stato membro investire parte della risorse unionali nell’obiettivo tematico n. 1 della strategia “Europa 2020” che consiste nel “Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione”? Se intende farlo, nell’elaborazione del programma operativo e, comunque, prima di iniziare a spendere le relative risorse finanziarie, quello Stato deve dimostrare alla Commissione europea:
- se vuole finanziare attività di ricerca e innovazione: l’esistenza di una strategia di specializzazione intelligente nazionale e/o regionale (condizionalità ex ante 1.1);
- se vuole finanziare le infrastrutture per la ricerca e l’innovazione: l’esistenza di un piano pluriennale per la programmazione di bilancio e la definizione delle priorità di investimento (condizionalità ex ante 1.2).
In altri termini: stop agli interventi “spot”, privi di logica strategica. Ogni intervento programmato deve corrispondere a una precisa strategia di politica economica.
Come dimostrano gli Stati membri il rispetto delle due “condizionalità ex ante” appena indicate?
Il regolamento dell’Unione non lascia nessuno spazio alla fantasia degli Stati membri e dei loro governi e stabilisce i criteri in base ai quali la Commissione europea considera adempiuta la “condizionalità ex ante” e, quindi, il programma operativo può iniziare ad essere attuato e le risorse possono essere spese:
- nel caso del sostegno alle attività di ricerca e innovazione:
- disponibilità di una strategia di specializzazione intelligente nazionale e/o regionale;
- adozione di un quadro che definisce le risorse di bilancio disponibili per la ricerca e l’innovazione;
- nel caso del sostegno alle infrastrutture per la ricerca e l’innovazione:
- adozione di un piano indicativo pluriennale per la programmazione di bilancio e la definizione delle priorità di investimento in rapporto alle priorità dell’Unione europea e al Forum strategico europeo sulle infrastrutture di ricerca (ESFRI).
Il PNR 2015-2020, quindi, costituisce il formale adempimento delle “condizionalità ex ante” fissate dal citato regolamento dell’Unione europea.
Il mancato adempimento di tali “condizionalità ex ante” è il motivo per cui il Programma operativo nazionale (PON) “Ricerca e innovazione (2014-2020)” dell’Italia, approvato dalla Commissione europea il 14 luglio 2015, è fermo al palo da dieci mesi, nonostante i primi bandi fossero stati annunciati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) per l’autunno scorso, come da comunicato stampa ufficiale.
Per credere a quanto sin qui scritto, si vedano le tabelle n. 24 e 25, da pagina 118 a pagina 139 del PON: ben 21 pagine di “condizionalità ex ante” poco o niente soddisfatte dall’Italia all’epoca della approvazione del PON “Ricerca e innovazione (2014-2020)”.
Quindi, immagino sia con un sospiro di sollievo che imprese, enti di ricerca, università e ricercatori hanno accolto l’approvazione in via definitiva del PNR 2015-2020, dopo diversi documenti e annunci caduti nel vuoto, a partire della sfortunata vicenda dell’analogo documento “Horizon 2020 Italia”, presentato il 19 marzo 2013 dall’allora ministro dell’istruzione Francesco Profumo (Governo Monti), il quale, davanti agli attoniti alti rappresentanti della Commissione europea, asserì che l’Italia era il “primo Paese a dotarsi di una programmazione settennale su ricerca e innovazione”, fino alla proposta di Programma nazionale per la ricerca 2014-2020, presentato dalla ministra Maria Chiara Carrozza (Governo Letta) il giorno prima delle dimissioni, il 21 febbraio 2014.
Il nuovo documento di programmazione dovrebbe, in un colpo solo, soddisfare tutte le “condizionalità ex ante” alle quali l’Italia è stata chiamata ad ottemperare.
I contenuti del PNR 2015-2020
Passando ai contenuti, il PNR 2015-2020 è un programma senz’altro più sobrio dei precedenti, soprattutto perché prende le mosse da una visione molto realistica della situazione italiana nel campo della ricerca e dell’innovazione.
I limiti del nostro sistema nazionale della ricerca e dell’innovazione non sono nascosti:
- investiamo in ricerca ancora molto meno dei nostri partner e dei paesi con cui competiamo in campo economico, in termini sia di risorse pubbliche, sia soprattutto di risorse private. Nel 2013 la spesa in ricerca e sviluppo dell’Italia è stata di circa 21 miliardi di euro, pari all’1,31% del PIL: un dato ancora lontano dall’obiettivo italiano del 1,53% e dall’obiettivo unionale del 3% entro il 2020. Risulta particolarmente bassa la spesa delle imprese, e in particolare è in calo quella delle grandi imprese;
- abbiamo pochi ricercatori, soprattutto nel settore privato, rispetto a quanti ne servono a un’economia avanzata. In Italia, nel 2011, c’erano 4 addetti alla ricerca e sviluppo ogni mille abitanti (nel 2010 erano 3,7) rispetto ad una media europea di 5,3. Inoltre, quasi il 60% dei ricercatori è nel settore pubblico, solo il 37% è impiegato in imprese. Infine, la quota di laureati sulla popolazione di età compresa tra i 30 e i 34 anni (21,7%) rivela un forte ritardo nazionale rispetto alla media europea (35,8%);
- bassa attrattività internazionale di studenti, ricercatori e investimenti privati in ricerca e sviluppo. In Italia è presente solo il 2% degli studenti stranieri che decidono di studiare all’estero; il 24,2% della spesa italiana in ricerca e sviluppo delle imprese proviene da multinazionali straniere, e il dato ha subito un calo significativo negli ultimi cinque anni (-3,8% dal 2007 al 2012).
- siamo ancora poco capaci di assegnare priorità alle iniziative di ricerca, mentre abbiamo alcune vocazioni su cui occorre puntare, con la consapevolezza che non specializzarsi in un’economia globale di 7 miliardi di persone significa rischiare di rimanere ai margini della competizione disperdendo energie e risorse.
Il documento si sforza di evidenziare anche alcuni punti di forza del sistema Italia:
- la ricerca italiana è quantitativamente significativa e apprezzata a livello internazionale: siamo ottavi al mondo per numero di pubblicazioni scientifiche (più di 1.200.000 pubblicazioni complessive nel periodo 1996-2014); òa media di citazioni ottenute da questi lavori è comparabile a quella di Germania e Francia, ed è particolarmente elevata nelle aree dell’ingegneria e della medicina;
- i ricercatori italiani sono un asset di grande valore: le persone impiegate in attività di ricerca e sviluppo sono più di 246.000, un numero troppo basso rispetto al fabbisogno e al confronto europeo, ma in crescita del 2,7% (2013 su 2012, dati ISTAT 2015). I ricercatori, e gli investimenti pubblici in ricerca in generale, si distinguono per una produttività molto superiore alla media degli altri Paesi, espressa sia in termini di quantità di pubblicazioni scientifiche che di citazioni ricevute;
- le piccole e medie imprese (PMI) italiane sono tra le più innovative d’Europa: la percentuale delle PMI che hanno introdotto innovazioni di prodotto e di processo, o innovazioni strategiche e organizzative è superiore alle media dell’Unione europea e il contributo alla bilancia commerciale delle esportazioni di prodotti a media e ad alta tecnologia è superiore alla media sempre dell’Unione.
Sempre a differenza del passato, in cui i documenti di programmazione rappresentavano un “libro dei sogni” utile per una conferenza stampa e poi dimenticato, il PNR 2015-2020 è stato costruito come documento immediatamente eseguibile: dopo un’analisi del contesto della ricerca in Italia, il documento identifica delle aree di specializzazione, per dare priorità alle iniziative di ricerca applicata più promettenti.
Su questa base, il PNR definisce sei Programmi nazionali, per ciascuno dei quali identifica le azioni correlate e le risorse finanziarie disponibili in sede nazionale.
Le dodici aree di specializzazione della ricerca applicata italiana
Per valorizzare le competenze distintive del sistema della ricerca e innovazione italiana, il PNR individua dodici Aree di specializzazione delle competenze, coerenti con il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) dell’Unione europea denominato “Orizzonte 2020”, e con la Strategia nazionale di specializzazione intelligente (SNSI).
Le dodici Aree di specializzazione del sistema della ricerca applicata italiana, in cui investirà il PNR 2015-2020 e che costituiscono il punto di riferimento imprescindibile anche per la programmazione delle Regioni, sono quelle che, in base alle analisi svolte, presentano l’impatto più significativo sullo sviluppo sociale ed economico del Paese, ma non sono tutte uguali. Alcune sono prioritarie altre sono oggi obsolete, come si può evincere dal seguente schema:
Aree tecnologiche prioritarie:
- Aerospazio
- Fabbrica intelligente
- Agrifood
- Salute
Aree tecnologiche ad alto potenziale:
- Design, creatività e Made in Italy
- Chimica verde
- Cultural Heritage
- Blue growth
Aree tecnologiche emergenti:
- Smart, Secure and Inclusive Communities
- Tecnologie per gli Ambienti di Vita
Aree tecnologiche consolidate:
- Energia
- Mobilità sostenibile
I sei programmi di intervento
Il lavoro di programmazione del PNR 2015-2020 si articola in sei programmi di intervento. Ogni programma ha obiettivi precisi e per raggiungerli sono definite, per ciascuno, alcune azioni finanziate attraverso specifici fondi già a disposizione del MIUR.
I sei programmi e le relative dotazioni per il primo triennio 2015-2017 sono:
- INTERNAZIONALIZZAZIONE. Il programma ha l’obiettivo di allineare la programmazione nazionale nel campo della ricerca e dell’innovazione a quella europea e di attirare le risorse del programma quadro dell’Unione europea “Horizon 2020” ed altre risorse internazionali.
Budget triennio 2015-2017: 107,4 milioni di euro.
- CAPITALE UMANO. Il programma intende formare, potenziare, e attrarre i migliori ricercatori, e renderli protagonisti del trasferimento di conoscenza dal sistema della ricerca alla società nel suo complesso.
Budget triennio 2015-2017: 1.020,4 milioni di euro.
- PROGRAMMA NAZIONALE INFRASTRUTTURE DI RICERCA. Il programma si propone di recensire le infrastrutture di ricerca italiane, di valutarle e di sostenerne alcune in maniera selettiva, in particolare quelle dedicate alla ricerca di base.
Budget triennio 2015-2017: 342,9 milioni di euro.
- COOPERAZIONE PUBBLICO-PRIVATO E RICERCA INDUSTRIALE. Il programma mira a rafforzare la collaborazione pubblico-privato per rafforzare la ricerca applicata, la capacità di innovazione e il legame tra ricerca e sfide della società, ad esempio attraverso i Cluster Tecnologici Nazionali e progetti di ricerca cooperativa nelle dodici aree di specializzazione individuate dal PNR.
Budget triennio 2015-2017: 487,1 milioni di euro.
- PROGRAMMA PER IL MEZZOGIORNO. L’obiettivo del programma è il riposizionamento competitivo dei territori meridionali, aumentandone la capacità di produrre e utilizzare la ricerca e lo sviluppo, evitando sprechi e sovrapposizioni.
Budget triennio 2015-2017: 436 milioni di euro.
- EFFICACIA E QUALITÀ DELLA SPESA. Si tratta di un programma concepito per rafforzare monitoraggio e trasparenza degli investimenti, semplificare le procedure, rafforzare la gestione amministrativa del PNR nel suo complesso.
Budget triennio 2015-2017: 34,8 milioni di euro.
Le risorse in gioco per il primo triennio del PNR 2015-2020
Il CIPE ha approvato un piano finanziario di quasi 2,5 miliardi di euro nei primi tre anni (2015-2017), che si aggiungono ai finanziamenti ordinari che il MIUR già destina a Università ed Enti Pubblici di Ricerca, pari a circa 8 miliardi all’anno.
Da dove provengono le risorse finanziarie per attuare il PNR?
Qui il documento si fa un po’ criptico e distingue due grandi “segmenti”:
- finanziamenti strutturali distribuiti nei diversi capitoli di competenza del MIUR, fra i quali il Fondo Ordinario degli Enti (FOE) e il Fondo di Finanziamento Ordinario delle Università (FFO), nonché una serie di altri strumenti specifici. Questo significa, come si legge nel documento, “ricondurre tutti gli interventi di competenza del Ministero in materia di ricerca sotto l’egida del PNR”. A queste risorse sono sa aggiungere la quota di risorse di competenza del MIUR assegnate al PON “Ricerca e Innovazione” (2014-2020), destinato alle otto regioni del Mezzogiorno, cofinanziato da risorse comunitarie (FESR e FSE) e risorse nazionali (Fondo di Rotazione). In secondo luogo, il PNR prevede di finanziare parte delle sue azioni attraverso il Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC). La seguente tabella illustra le dotazioni di questo primo “segmento” di finanziamento.
- finanziamenti strutturali aggiuntivi e coniugabili con tutti gli strumenti disponibili della strategia nazionale di sviluppo, ai quali si aggiungono le risorse concorrenti delle Amministrazioni regionali, nazionali e comunitarie che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi del PNR. Si tratta, innanzitutto, delle risorse dei Programmi operativi regionali (POR) 2014-2020 con Fondi SIE e cofinanziamento nazionale (Fondo di Rotazione), destinate alla realizzazione di azioni di ricerca e innovazione e, quindi, al raggiungimento degli obiettivi del PNR. In secondo luogo, delle risorse stanziate dall’Unione europea nel programma quadro “Horizon 2020”. Le risorse previste sono una stima calcolata sull’aspettativa che il sistema italiano della ricerca riuscirà ad aggiudicarsi circa il 10% delle risorse stanziate. Questo secondo “segmento” di risorse “concorrenti” è articolato nella tabella seguente.
L’allocazione delle risorse del MIUR
Il PNR prevede la distribuzione delle risorse nella piena disponibilità del MIUR, pari, come si è scritto, a circa 2,5 miliardi di euro nel triennio 2015-2017: le risorse “concorrenti” sono eventuali e, quindi, non sono programmabili.
Le risorse sono assegnate ai sei programmi fondamentali e, all’interno di ogni programma, alle diverse linee di azione previste. Il quadro di sintesi è riportato nella tabella seguente.
ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:
Il PNR 2015-2020 è pubblicato sul sito del MIUR nelle pagine dedicate alla RICERCA.