Lotta alla povertà in Italia: i ritardi nella spesa delle risorse europee

15 luglio 2016 di Mauro Varotto

In questi giorni l’Istat ha diffuso il report con le stime relative a due distinte misure della povertà in Italia:

  • la soglia di povertà assoluta, che rappresenta la spesa minima necessaria per acquisire i beni e servizi inseriti nel paniere di povertà assoluta e che varia in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza;
  • la soglia di povertà relativa, calcolata per una famiglia di due componenti e pari alla spesa media per persona nel Paese che, nel 2015, è risultata pari a 1.050,95 euro mensili.

Nel 2015 si stima che le famiglie residenti in Italia in condizione di povertà assoluta siano pari a 1.582.000 e gli individui siano 4.598.000: sono dati che risultano stabili negli ultimi tre anni, ma che rappresentano anche il numero più elevato dal 2005 a oggi.

L’andamento del 2015 è dovuto principalmente all’aumento della condizione di povertà assoluta tra le famiglie con 4 componenti (da 6,7 del 2014 a 9,5%), soprattutto coppie con 2 figli (da 5,9 a 8,6%) e tra le famiglie di soli stranieri (da 23,4 a 28,3%), in media più numerose.

Anche la povertà relativa risulta stabile, nel 2015, in termini di famiglie (2.678.000, pari al 10,4% delle famiglie residenti rispetto al 10,3% del 2014), mentre aumenta in termini di persone (8.307.000, pari al 13,7% delle persone residenti rispetto al 12,9% del 2014).

Analogamente al dato sulla povertà assoluta, nel 2015 la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie numerose, in particolare tra quelle con 4 componenti (da 14,9 del 2014 a 16,6%,) o 5 e più (da 28,0 a 31,1%).

Si tratta di indicatori molto diversi da quelli utilizzati dall’Unione europea, che ho presentato nei mesi scorsi in due precedenti articoli: tuttavia, anche questi dati nazionali confermano la situazione di disagio sociale che vive il nostro Paese nel quale faticano a prendere avvio nuove e più incisive politiche di lotta alla povertà.

Infatti, la Camera dei deputati ha approvato solo oggi il disegno di legge delega per il contrasto alla povertà, il riordino delle prestazioni e del sistema degli interventi e dei servizi sociali, il quale prevede una nuova misura denominata “reddito di inclusione”. Ora il provvedimento, di cui ho scritto mesi fa in un articolo, torna al Senato.

Gli stessi programmi cofinanziati dall’Unione europea, già approvati da anni – il Programma operativo nazionale “Inclusione” e il programma operativo del “Fondo di aiuti Europei Agli Indigenti (FEAD)” sono stati approvati dalla Commissione europea nel mese di dicembre 2014 – risultano incagliati nelle procedure di gestione, per le quali sono in corso le gare d’appalto per l’affidamento a soggetti terzi della relativa gestione: si tratta di 2 miliardi di euro destinati specificatamente alla lotta contro la povertà.

 

Il programma operativo nazionale “Inclusione”

Il Programma Operativo Nazionale (PON) “Inclusione”, per il periodo 2014-2020, è un’assoluta novità per le politiche di coesione economica, sociale e territoriale condotte dall’Unione europea: per la prima volta, il Fondo sociale europeo interviene a sostegno delle politiche di inclusione sociale, concorrendo all’obiettivo di riduzione della povertà fissato dalla strategia “Europa 2020”.

Il PON “Inclusione” interessa l’intero territorio nazionale.

Ha una dotazione complessiva di 1.185 milioni di euro, di cui ed è articolato in 5 assi prioritari di intervento:

  • i primi due assi, entrambi intitolati “Sostegno a persone in povertà e marginalità estrema”, sono dedicati a supportare, rispettivamente, nelle regioni più sviluppate (asse 1) e nelle regioni meno sviluppate e in quelle in transizione (asse 2, riservato alle 8 regioni del Mezzogiorno), la sperimentazione di una misura nazionale di contrasto alla povertà assoluta, basata sull’integrazione di un sostegno economico (sostenuto con fondi nazionali) con servizi di accompagnamento e misure di attivazione di tipo condizionale, rivolti ai soggetti che percepiscono il trattamento finanziario; inoltre, gli assi 1 e 2 intervengono nella riduzione della marginalità estrema nelle aree urbane attraverso il potenziamento della rete dei servizi rivolti alle persone senza dimora;
  • l’asse 3, intitolato “Sistemi e modelli di intervento sociale”, prevede azioni di sistema volte a supportare le amministrazioni responsabili, ai diversi livelli di governo, della attuazione di misure sociali e di integrazione delle comunità e delle persone a rischio di emarginazione. La finalità è quella di ridurre l’eterogeneità territoriale nelle risposte ai bisogni dei cittadini e favorire l’affermazione dei modelli più efficaci e appropriati di intervento, anche attraverso la promozione dell’innovazione sociale e della complementarietà delle risorse private e del terzo settore rispetto all’azione pubblica. L’identificazione di modelli appropriati di intervento sociale riguarda in particolare: l’integrazione delle comunità Rom, Sinti e Caminanti, e l’inclusione attiva di specifici gruppi di persone a rischio di discriminazione (ad esempio, servizi di sostegno per le vittime di violenza, di tratta e grave sfruttamento; interventi di inclusione attiva per i minori stranieri non accompagnati e i beneficiari di protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria, interventi di inserimenti lavorativo per carcerati ed ex carcerati). Sono inoltre previste azioni di sistema inerenti la promozione delle attività economiche a contenuto sociale, delle imprese sociali di inserimento lavorativo e di un’azione amministrativa socialmente responsabile; l’implementazione del sistema informativo dei servizi e delle prestazioni sociali; la definizione della denominazione dei contenuti delle professioni sociali e il loro riconoscimento uniforme sul territorio nazionale; la diffusione e scambio di best practices relative ai servizi per la famiglia.
  • l’Asse 4 “Capacità amministrativa” è finalizzato ad accrescere l’efficacia degli interventi in materia di inclusione sociale mediante il rafforzamento della capacità istituzionale e amministrativa delle pubbliche amministrazioni. E’ diretto a sostenere la capacità di programmazione e gestione delle politiche sociali e, in particolare, a rafforzare gli strumenti di governance che possono accompagnare il processo definitorio dei livelli essenziali delle prestazioni proprie della politica ordinaria ovvero l’integrazione dei servizi sociali in rete con le altre filiere amministrative (sanità, scuola, servizi per l’impiego) e la costruzione di meccanismi di confronto nazionale al fine di assicurare un coordinamento tra i responsabili regionali della programmazione sociale, a partire dall’utilizzo dei fondi unionali. L’Asse inoltre finanzierà azioni formative volte a rafforzare la capacità di lavorare dei diversi soggetti pubblici e privati chiamati a concorrere alla programmazione, realizzazione e valutazione degli interventi cofinanziati dal Fondo Sociale Europeo;
  • infine, l’asse 5 “Assistenza Tecnica” è di sopporto alla programmazione, gestione, sorveglianza, controllo e valutazione del programma operativo.

 

Il Fondo di aiuti Europei Agli Indigenti (FEAD)

Il Programma operativo 1 del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD), approvato dalla Commissione europea e gestito in Italia dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, stanzia per il periodo 2014-2020 circa 789 milioni di euro per attuare sull’intero territorio nazionale una serie di interventi a favore di persone in condizioni di grave deprivazione materiale.

Le forme di povertà alle quali il programma intende far fronte sono le seguenti quattro:

  1. Povertà alimentare;
  2. Deprivazione materiale di bambini e ragazzi in ambito scolastico;
  3. Deprivazione alimentare ed educativa di bambini e ragazzi in zone deprivate;
  4. Deprivazione materiale dei senza dimora e altre persone fragili.

Il FEAD, quindi, finanzia principalmente l’acquisto e la distribuzione di beni alimentari agli indigenti.

Ulteriori interventi riguardano anche la fornitura di materiale scolastico a ragazzi appartenenti a famiglie disagiate; l’attivazione di mense scolastiche in aree territoriali con forte disagio socio-economico, allo scopo di favorire la partecipazione degli studenti ad attività pomeridiane extracurriculari; aiuti a favore delle persone senza dimora e in condizioni di marginalità estrema.

Questi diversi interventi prevedono attività di accompagnamento sociale (ad es. orientamento ai servizi, prima accoglienza e assistenza, ecc.) che possano sostenere e orientare la persona o la famiglia in stato di bisogno nella rete integrata dei servizi locali.

I vari interventi sono attuati attraverso una rete di organizzazioni partner costituite da amministrazioni pubbliche e associazioni non profit.

 

ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:

Istat, La povertà in Italia, anno 2015

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