Gli indirizzi dell’Unione europea per le riforme e la crescita economica in Italia
5 luglio 2019 di Mauro Varotto
Il 3 luglio scorso la Commissione europea ha ufficialmente deciso di non avviare la procedura per i disavanzi eccessivi nei confronti dell’Italia dovuta al mancato rispetto del parametro del debito pubblico, il quale invece di scendere continuava a crescere.
Ciò è stato possibile poiché il Governo italiano, due giorni prima, aveva adottato un assestamento di bilancio per il 2019 riducendo le spese e aumentando le entrate per un importo di circa 8 miliardi di euro; prevedendo l’eventuale attivazione di una clausola di blocco per un ulteriore valore di 1,5 miliardi di euro entro il 15 settembre prossimo; impegnandosi ad attuare una revisione della legislazione di attuazione dei regimi del reddito di cittadinanza e del pensionamento anticipato, che abroga la possibilità di trasferire tra i due regimi e tra gli esercizi fiscali le risorse non utilizzate loro destinate.
Inoltre, come si legge nella comunicazione della Commissione europea che ha chiuso la procedura, è stato determinante l’impegno del Governo italiano “a far sì che il risanamento fiscale vada di pari passo con le riforme strutturali miranti a migliorare il potenziale di crescita dell’economia italiana, in linea con le raccomandazioni specifiche per paese formulate dalla Commissione nel contesto del semestre europeo il 5 giugno 2019”.
Poiché sia l’attuazione delle misure di risanamento fiscale, sia i progressi verso l’attuazione delle riforme strutturali contenute nelle raccomandazioni della Commissione europea, saranno da quest’ultima monitorate periodicamente, già a partire dall’autunno prossimo – come avviene, del resto, per le politiche economiche di tutti i Paesi dell’Unione europea, destinatari pure essi di specifiche “raccomandazioni” – è interessante conoscere quali siano le riforme strutturali che vedranno impegnati il Governo e il Parlamento italiano nei prossimi mesi, tanto più che lo stesso Governo ha indicato alla Commissione che tali riforme dovrebbero puntare specificatamente ad aumentare l’efficienza del settore pubblico e del sistema giudiziario e ad accrescere il capitale umano e la produttività.
In aggiunta a questo aspetto, per così dire, di carattere fiscale, ulteriore elemento di interesse delle “Raccomandazioni specifiche per Paese 2019” adottate il 5 giugno scorso dalla Commissione europea consiste nel fatto che esse “si concentrano maggiormente sull’individuazione e sulla classificazione, secondo le priorità, delle esigenze di investimento a livello nazionale e prestano particolare attenzione alle disparità regionali e territoriali”.
Si tratta di una scelta – come scrive la stessa Commissione – che “dovrebbe servire a stabilire le priorità nell’uso dei fondi dell’UE nel prossimo bilancio UE a lungo termine o quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027”.
Una fotografia dei problemi strutturali dell’Italia
Le raccomandazioni della Commissione europea offrono agli Stati membri orientamenti per reagire in modo adeguato alle sfide economiche e sociali persistenti e a quelle nuove, e per conseguire obiettivi comuni fondamentali.
Per ciascun Paese la Commissione individua, innanzitutto, i nodi strutturali che ne frenano la crescita economica.
Per l’Italia sono principalmente i seguenti:
- il sistema tributario italiano continua a gravare pesantemente sui fattori di produzione, a scapito della crescita economica. L’elevato carico fiscale sul lavoro e sul capitale scoraggia l’occupazione e gli investimenti. Il bilancio 2019 ha leggermente ridotto la pressione fiscale sui lavoratori autonomi ma, nel complesso, l’ha temporaneamente aumentata sulle imprese;
- la spesa dell’Italia per le pensioni di vecchiaia, pari a circa il 15 % del PIL nel 2017, è tra le più elevate dell’Unione ed è destinata a crescere nel medio periodo a causa del peggioramento dell’indice di dipendenza degli anziani. Le leggi varate nel 2019 non hanno fatto che peggiorare la situazione;
- nel 2018 il tasso di occupazione (20-64 anni) è salito al 63%, ma è ancora molto al di sotto della media UE (73,2 %). Inoltre, i divari tra le regioni italiane sono considerevoli e il mercato del lavoro rimane segmentato, con un ulteriore aumento della quota di contratti a tempo determinato nel 2018;
- le disparità di reddito e il rischio di povertà sono elevati, con ampie differenze regionali e territoriali. Nel 2017 il 28,9% della popolazione italiana era a rischio di povertà o di esclusione sociale, una percentuale superiore ai livelli pre-crisi e ben al di sopra della media UE del 2017 (22,4 %);
- il lavoro sommerso è diffuso in Italia, in particolare nelle regioni meridionali. Secondo le stime dell’Istituto nazionale di statistica, l’economia “non osservata” rappresentava circa 210 miliardi di EUR (12,4 % del PIL) nel 2016;
- l’efficienza complessiva dei servizi pubblici per l’impiego e la loro capacità di trovare posti di lavoro per i disoccupati restano modeste, le prestazioni variano notevolmente tra le regioni e l’integrazione con le politiche sociali ed educative è limitata. Anche la cooperazione con i datori di lavoro è di modesta entità.;
- il divario di genere nei livelli di occupazione in Italia rimane uno dei più elevati dell’UE e il tasso di occupazione delle donne, sebbene in lieve aumento, è di gran lunga inferiore alla media dell’UE (53,1 % contro il 67,4 % nel 2018). Gli investimenti nei servizi di assistenza e nella partecipazione delle donne al mercato del lavoro rimangono insufficienti;
- il tasso di abbandono scolastico (abbandono scolastico precoce) rimane ben al di sopra della media UE (14,5 % contro 10,6 % nel 2018) e vi sono ampie differenze regionali e territoriali in termini di risultati scolastici;
- la percentuale di laureati rimane modesta (27,9% della popolazione di età compresa tra i 30 e i 34 anni nel 2018) e si associa a una disponibilità relativamente bassa di diplomati in possesso di un titolo di studio post-secondario, in particolare nei settori scientifici e tecnici;
- resta limitata, in particolare nell’Italia meridionale, l’adozione da parte delle imprese più piccole di strategie volte ad aumentare la produttività, quali l’innovazione dei prodotti, dei processi e dell’organizzazione. Dai primi anni 2000 gli investimenti in attività immateriali sono notevolmente inferiori alla media dell’Unione. La spesa delle imprese per la ricerca e lo sviluppo è pari a quasi la metà del livello medio di spesa della zona euro;
- sono necessari investimenti per migliorare la qualità e la sostenibilità delle infrastrutture del paese. Per fare un esempio, nel settore dei trasporti l’Italia non ha conseguito gli obiettivi della sua strategia di investimento nelle infrastrutture (“Connettere l’Italia”). I progressi nella realizzazione degli investimenti previsti nel trasporto ferroviario e stradale e nella mobilità urbana sostenibile sono stati molto limitati. Le cause vanno ravvisate nei ritardi amministrativi, nelle inefficienze a livello di spesa e nell’attuazione incompleta del codice sugli appalti e le concessioni e sul contenzioso;
- la scarsa capacità del settore pubblico, soprattutto a livello locale, di amministrare i finanziamenti rappresenta una barriera agli investimenti in tutti i settori, a causa della complessità delle procedure, della sovrapposizione delle responsabilità e della gestione carente del pubblico impiego. L’inadeguatezza delle competenze nel settore pubblico limita la capacità di valutare, selezionare e gestire i progetti di investimento. Ciò incide negativamente anche sull’utilizzo dei fondi dell’UE, ambito in cui l’Italia è indietro rispetto alla media dell’Unione;
- permangono ostacoli rilevanti alla concorrenza tra imprese in alcuni settori, tra cui i servizi alle imprese e il commercio al dettaglio. Migliorare la qualità del quadro normativo garantirebbe condizioni di parità sia per le piattaforme innovative che per gli operatori tradizionali, liberando tutto il potenziale dell’economia collaborativa e una concorrenza più equa in tutti i settori. Un aumento delle procedure competitive per l’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico e delle concessioni per l’accesso ai beni pubblici avrebbe un impatto positivo sulla qualità dei servizi;
- la scarsa efficienza del sistema giudiziario civile italiano continua a destare preoccupazione. Nel 2017 il tempo necessario per definire i contenziosi civili e commerciali in Italia era ancora il più lungo dell’UE in tutti i gradi di giudizio.
Le raccomandazioni rivolte all’Italia
Di fronte a questo quadro che lascia pochi margini alla fantasia, che cosa fare? Dove concentrare gli sforzi per attuare le riforme necessarie a sbloccare la situazione di stallo economico in cui versa l’Italia almeno dal 2000?
Le scelte da compiere sono chiare e sono una risposta al lungo elenco di problemi strutturali che attanagliano il nostro Paese.
La lista delle cose da fare per il nostro Governo e per il nostro Parlamento è lunga e si articola in quattro livelli: la Commissione europea si limita a indicare gli obiettivi; spetta al legislatore nazionale decidere quale sia la strada migliore per raggiungerli, in base alle specificità della situazione italiana.
Al primo livello vi è la riduzione del debito pubblico il quale soffoca la crescita e pregiudica il futuro del nostro Paese; lo spostamento della pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati; il contrasto all’evasione fiscale, in particolare nella forma dell’omessa fatturazione, potenziando i pagamenti elettronici obbligatori anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti; la piena attuazione delle passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita.
Al secondo livello: leggi efficaci per contrastare il lavoro sommerso; garantire che le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali siano efficacemente integrate e coinvolgano soprattutto i giovani e i gruppi vulnerabili; sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, in particolare garantendo l’accesso a servizi di assistenza all’infanzia e a lungo termine di qualità; migliorare i risultati scolastici, anche mediante adeguati investimenti mirati, e promuovere il miglioramento delle competenze, in particolare rafforzando le competenze digitali.
Al terzo livello: orientare gli investimenti pubblici verso la ricerca e l’innovazione e la qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali; migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali; affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza.
Infine, al quarto livello, ma non ultimo per importanza, restano le seguenti riforme: ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio; migliorare l’efficacia della lotta contro la corruzione riformando le norme procedurali al fine di ridurre la durata dei processi penali; favorire la ristrutturazione dei bilanci delle banche, in particolare per le banche di piccole e medie dimensioni; migliorare il finanziamento non bancario per le piccole imprese innovative.
ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:
Comunicazione della Commissione europea sulla tornata di primavera 2019 della sorveglianza fiscale dell’Italia, doc. COM(2019) 351 del 3 luglio 2019
Commissione europea, Raccomandazione di RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO sul programma nazionale di riforma 2019 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2019 dell’Italia, doc. COM(2019) 512 del 5 giugno 2019
Relazione della Commissione, Italia – Relazione preparata a norma dell’articolo 126, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, doc. COM(2019) 532 del 5 giugno 2019