Economia blu e green deal europeo

2 luglio 2021 di Mauro Varotto

 

L’economia blu comprende tutte le industrie e i settori economici connessi agli oceani, ai mari e alle coste, sia nel caso in cui le attività siano svolte direttamente nell’ambiente marino (ad es. trasporti marittimi, prodotti ittici, generazione di energia), sia che esse si svolgano sulla terraferma (ad es. porti e altre infrastrutture costiere, cantieri navali, acquacoltura terrestre e produzione di alghe, turismo costiero).

A livello globale, la produzione dell’economia blu è stimata attorno a 1.300 miliardi di euro, cifra che potrebbe più che raddoppiare entro il 2030, secondo le stime contenute in un rapporto dell’OCSE del 2016 dal titolo “The Ocean Economy in 2030”.

A livello europeo, invece, in base ai dati più recenti, relativi al 2018, contenuti nel rapporto 2020 sull’economia blu (Blue Economy Report 2020), della Commissione europea, i settori tradizionali dell’economia blu dell’Unione europea impiegano direttamente circa 4,5 milioni di persone e generano circa 650 miliardi di euro di fatturato e 176 miliardi di euro di valore aggiunto lordo. Il solo turismo marittimo e costiero rappresenta il 60% dell’occupazione nell’economia blu europea. Inoltre, più della metà delle strutture ricettive turistiche dell’Unione si trova nelle zone costiere e il 30% dei pernottamenti avviene in località balneari.

Si tratta di un segmento dell’economia europea non solo ampio ma anche in rapida evoluzione, in cui negli ultimi dieci anni sono stati compiuti passi significativi verso la modernizzazione e la diversificazione. Infatti, accanto ai settori tradizionali, settori innovativi si stanno evolvendo e crescendo, offrendo nuove prospettive e creando posti di lavoro: ad esempio, l’energia rinnovabile oceanica, la bioeconomia blu, la biotecnologia e la desalinizzazione.

Significativo, in proposito, è il ruolo e l’evoluzione delle funzioni dei porti. Oggi essi rivestono un ruolo fondamentale per la connettività e l’economia delle regioni e dei paesi; tuttavia il loro ruolo è destinato a cambiare con il mutamento del panorama industriale europeo. La Commissione europea ritiene che, al di là delle operazioni di trasbordo e logistica, il futuro dei porti risiederà nello sviluppo di un ruolo chiave di poli dell’energia (per sistemi integrati di energia elettrica, per l’idrogeno e altri combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio); nell’ambito dell’economia circolare (per la raccolta, il trasbordo e lo smaltimento dei rifiuti delle navi e di altre industrie portuali, nonché per lo smantellamento delle navi); nelle comunicazioni (per i cavi sottomarini) e nell’industria (come distretti industriali).

 

Un nuovo approccio europeo all’economia blu sostenibile

All’economia blu la Commissione europea sta rivolgendo una particolare attenzione da circa un decennio: è del 13 settembre 2012, infatti, la comunicazione intitolata “Crescita blu. Opportunità per una crescita sostenibile dei settori marino e marittimo” [doc. COM(2012) 494] e la direttiva n. 2014/89/UE del 23 luglio 2014 istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo con l’intento di promuovere la crescita sostenibile delle economie marittime, lo sviluppo sostenibile delle zone marine e l’uso sostenibile delle risorse marine: la direttiva, alla quale ho dedicato un commento all’indomani della sua adozione, è stata recepita in Italia con il decreto legislativo del 17 ottobre 2016, n. 201 ed entro il 2021 tutti gli Stati membri dovranno presentare i piani nazionali per lo spazio marittimo.

Nella roadmap del Green deal, presentata a fine 2019, e, in particolare, nel contesto delle nuove politiche per conservare e ripristinare la biodiversità in tutta Europa, la Commissione europea aveva annunciato una nuova strategia sull’economia blu.

Infatti, inquinamento, pesca eccessiva e distruzione degli habitat, associati agli effetti della crisi climatica, sono tutti fattori che minacciano la ricca biodiversità marina, da cui dipende l’economia blu e, soprattutto, la nostra stessa sopravvivenza: gli oceani sono l’ecosistema più vasto del pianeta, contengono il 97% di tutta l’acqua mondiale e l’80% di tutte le forme di vita.

Pertanto, a circa dieci anni dalla prima comunicazione, la Commissione europea propone un nuovo approccio per un’economia blu sostenibile nell’Unione europea, valido sia per le industrie che per i settori connessi agli oceani, ai mari e alle coste.

La Commissione ritiene che tutti i settori dell’economia blu – tra cui pesca, acquacoltura, turismo costiero, trasporto marittimo, attività portuali e costruzioni navali – siano tenuti a ridurre l’impatto ambientale e climatico. Infatti, scrive la Commissione, “Per affrontare la crisi climatica e la crisi relativa alla biodiversità sono necessari mari in salute e un uso sostenibile delle loro risorse, al fine di creare alternative ai combustibili fossili e alla produzione alimentare tradizionale.

Con modelli più sostenibili, l’economia blu utilizzerà le risorse degli oceani per contribuire al raggiungimento degli obiettivi del Green Deal europeo di un’economia europea più resiliente e climaticamente neutra. La comunicazione del 17 maggio è un invito rivolto a tutti gli operatori dell’economia blu ad aderire ai principi del Green Deal europeo, in particolare, al raggiungimento dei suoi obiettivi.

 

Economia blu, neutralità climatica e azzeramento dell’inquinamento

Proprio dall’economia blu, infatti, possono provenire numerose soluzioni per conseguire gli obiettivi del Green deal europeo, ad esempio:

  • per concorrere a ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 e a conseguire la neutralità climatica entro il 2050, le energie rinnovabili offshore – per il cui sviluppo la stessa Commissione, il 19 novembre 2020, ha pubblicato una specifica strategia – potrebbero contribuire a raggiungere questi obiettivi e generare un quarto dell’energia elettrica dell’Unione nel 2050, principalmente (ma non solo) attraverso l’energia eolica offshore;
  • il trasporto marittimo e le operazioni di pesca possono contribuire all’obiettivo della riduzione del 90% delle emissioni di gas a effetto serra provenienti da tutte le modalità di trasporto. La decarbonizzazione del trasporto marittimo ridurrà le emissioni di gas a effetto serra, nonché l’inquinamento atmosferico e idrico e il rumore sottomarino In proposito, la comunicazione della Commissione del 9 dicembre 2020 su una strategia per una mobilità sostenibile e intelligente mira a immettere sul mercato le prime navi a emissioni zero entro il 2030 e a decarbonizzare i trasporti marittimi attraverso una serie articolata di misure.

Per sostenere la decarbonizzazione e il disinquinamento della produzione di energia, del trasporto marittimo e dei porti, la Commissione intende:

  • creare un forum blu per gli utenti del mare (Blue Forum) per coordinare il dialogo tra operatori;
  • promuovere l’uso dei fondi unionali per rendere il trasporto marittimo più ecologico:
  • puntare a utilizzare il nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMPA) per sostenere le flotte pescherecce nell’adozione di motori e tecnologie più puliti;
  • perseguire l’obiettivo di realizzare porti a emissioni zero;
  • aiutare gli Stati membri, attraverso il meccanismo di protezione civile rafforzato dell’Unione e le misure antinquinamento dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima, a prepararsi e a reagire agli incidenti di inquinamento marino.

 

Economia blu, economia circolare e prevenzione dei rifiuti

Ogni anno circa 27 000 tonnellate di macroplastiche (per lo più plastica monouso, attrezzi da pesca perduti o abbandonati in mare e rifiuti scaricati dalle navi) finiscono nei mari europei. A seguito delle ampie azioni intraprese nell’ambito della direttiva 2008/56/CE (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino), gli Stati membri dell’Unione europea hanno concordato che una spiaggia dovrebbe presentare meno di 20 rifiuti per 100 metri di litorale.

Oltre alle azioni già in corso – ad esempio, la direttiva (UE) 2019/904 sulla plastica monouso – la Commissione intende:

  • intervenire per dimezzare i rifiuti di plastica in mare, il rilascio di sostanze nutrienti in mare nonché l’impiego di pesticidi e i rischi a essi associati entro il 2030;
  • adottare misure per limitare le microplastiche aggiunte intenzionalmente e definire misure in fatto di etichettatura, standardizzazione, certificazione e disciplina del rilascio involontario di microplastiche, comprese misure volte ad aumentare la cattura delle microplastiche in tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto;
  • garantire che i rifiuti catturati durante le operazioni di pesca siano dichiarati in porto e che gli attrezzi da pesca in plastica siano raccolti e riciclati dopo il loro utilizzo;
  • proporre di rivedere il regolamento (UE) n. 1257/2013 relativo al riciclaggio delle navi e di fissare i requisiti dell’Unione europea per lo smantellamento delle piattaforme offshore, al fine di garantire un’adeguata protezione dell’ambiente marino.

 

Economia blu, biodiversità e investimenti nella natura

La strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030, e, in particolare, l’estensione della protezione al 30% della superficie marina dell’Unione europea e la creazione di corridoi ecologici permetteranno di invertire la perdita di biodiversità e contribuiranno alla mitigazione dei cambiamenti climatici e alla resilienza, generando nel contempo notevoli benefici finanziari e sociali.

Al fine di preservare e ripristinare la biodiversità marina, la Commissione intende:

  • presentare una proposta relativa a obiettivi giuridicamente vincolanti dell’Unione per ripristinare gli ecosistemi degradati, in particolare le zone importanti di riproduzione e crescita del novellame e le zone con il maggiore potenziale di cattura e stoccaggio del carbonio e di prevenzione e riduzione delle catastrofi naturali;
  • proporre un nuovo piano d’azione per la conservazione delle risorse alieutiche e la protezione degli ecosistemi marini entro la fine del 2021, che esamini in particolare le azioni necessarie per proteggere le specie e gli habitat sensibili;
  • collaborare con gli Stati membri, le regioni e l’Agenzia europea dell’ambiente per individuare e designare nuove aree marine protette e delineare una protezione rigorosa entro la fine del 2021;
  • promuovere e sostenere iniziative partecipative locali (come i gruppi di sviluppo locale di tipo partecipativo, i gruppi di azione locale nel settore della pesca, ecc.), volte a combinare tra loro la rigenerazione delle risorse marine e la salvaguardia dei mezzi di sussistenza locali.

 

Economia blu, zone costiere, produzione alimentare, ricerca e innovazione

La nuova strategia per l’economia blu è molto articolata e prevede obiettivi e iniziative in molti altri ambiti. Solo per citarne alcuni, e rinviando alla lettura della comunicazione, di cui in calce all’articolo riporto il link, sono da evidenziare:

  • il sostegno all’adattamento ai cambiamenti climatici e alla resilienza delle zone costiere, poiché attività di adattamento quali lo sviluppo di infrastrutture verdi nelle zone costiere e la protezione dei litorali dal rischio di erosione e allagamento aiuteranno a preservare la biodiversità e i paesaggi, apportando al contempo benefici al turismo e all’economia costiera;
  • la promozione di una produzione alimentare sostenibile dei prodotti ittici e di nuove norme per la loro commercializzazione. L’uso di alghe e piante marine, un controllo più rigido della pesca, oltre a ricerca e innovazione basate su cellule relative ai prodotti ittici, aiuteranno a preservare i mari europei;
  • migliorare la gestione dello spazio marittimo: una relazione sull’attuazione della citata direttiva n. 2014/89/UE sulla pianificazione dello spazio marittimo sarà pubblicata nel 2022, a seguito dell’adozione di piani nazionali per lo spazio marittimo prevista, come ho anticipato, nel 2021;
  • continuare a creare le condizioni per un’economia blu sostenibile a livello internazionale, seguendo l’agenda della governance internazionale degli oceani.

 

Finanziamento dell’economia blu sostenibile

La Commissione europea e il Gruppo Banca europea per gli investimenti, composto dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) e dal Fondo europeo per gli investimenti (FEI), aumenteranno la loro cooperazione per finanziare un’economia blu sostenibile. Le istituzioni collaboreranno con gli Stati membri per soddisfare le attuali esigenze di finanziamento, al fine di ridurre l’inquinamento nei mari europei e di sostenere gli investimenti per l’innovazione dell’economia blu e della bioeconomia blu.

Il nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMPA) sosterrà la transizione verso catene del valore più sostenibili, basate sulle attività relative a oceani, mari e zone costiere. Al suo interno, in particolare, la piattaforma BlueInvest della Commissione fornirà alle imprese, soprattutto alle PMI, supporto personalizzato, visibilità, accesso agli investitori e consulenza sulla preparazione agli investimenti. Il fondo azionario BlueInvest combinerà i contributi finanziari del bilancio dell’Unione europea con il capitale di rischio privato per finanziare le start-up di tecnologia blu.

 

ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:

Commissione europea, Comunicazione su un nuovo approccio per un’economia blu sostenibile nell’UE Trasformare l’economia blu dell’UE per un futuro sostenibile, doc. COM(2021) 240 del 17.5.2021

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