Indice di competitività regionale 2022: la maggior parte delle regioni italiane si allontana dalla media europea

26 Maggio 2023 di Mauro Varotto

Dal 2010, ogni tre anni, la Commissione europea pubblica l’Indice di competitività regionale (RCI – Regional Competitiveness Index): la sua utilità consiste nel permettere alle regioni dell’Unione europea di monitorare e valutare il loro sviluppo nel tempo e di confrontarsi con le altre regioni rispetto a un set di ben 68 indicatori che misurano le diverse dimensioni della competitività.

L’ultima edizione dell’indice di competitività regionale, che si riferisce al 2022 ed è antecedente alla guerra in Ucraina e, per la prima volta, non comprende il Regno Unito, utilizza una metodologia completamente riveduta e ricalcola i dati delle due edizioni precedenti alla luce dei nuovi indicatori.

L’indice di competitività regionale 2.0 è composto da 3 sottoindici (“base”, “efficienza” e “innovazione”) e da 11 pilastri sui diversi aspetti della competitività: “istituzioni”, “stabilità macroeconomica”, “infrastrutture”, “salute”, “istruzione di base”, “istruzione superiore, formazione e apprendimento permanente”, “efficienza del mercato del lavoro”, “dimensione del mercato”, “preparazione tecnologica”, “sofisticazione delle imprese” e “innovazione”.

A livello europeo, tra l’edizione 2016 e quella del 2022, la competitività a livello regionale è migliorata nelle regioni meno sviluppate, mentre i risultati delle regioni in transizione sono stati più eterogenei. Le regioni più sviluppate, invece, continuano ad essere le regioni con i migliori risultati.

I valori più bassi sono tuttavia ancora concentrati nelle regioni meno sviluppate degli Stati membri dell’Unione europea orientale.

Nell’Unione europea meridionale le regioni del Portogallo, della Spagna e della maggior parte della Grecia hanno migliorato i propri risultati (anche se queste ultime partivano da un livello molto basso), ma la maggior parte delle regioni italiane (ad esclusione della Lombardia) si è allontanata dalla media dell’Unione europea, come evidenzia la seguente cartina estratta dalla mappa interattiva, dalla quale è possibile estrarre tutti i dati relativi ai singoli indicatori e al posizionamento delle singole regioni nel contesto europeo.

 

 

Ciò che fa la differenza tra le regioni più competitive dell’Europa (evidenziate in colore verde nella mappa) e quelle meno competitive (evidenziate in colore rosa fucsia) è il PIL pro-capite è più elevato. In queste regioni le donne beneficiano di condizioni quadro più vantaggiose e possono, quindi, ottenere risultati migliori; inoltre, è inferiore il numero di giovani donne che non lavorano, né seguono un percorso scolastico o formativo (NEET).

Infine, le regioni più competitive sono particolarmente attraenti per i neolaureati, perché è più facile trovare lavoro.

I risultati dell’ultima edizione dell’Indice di competitività regionale, quindi, confermano come l’Italia si trovi bloccata nella cosiddetta “trappola dello sviluppo” – aggravata dalla “trappola per lo sviluppo dei talenti”, di cui ho scritto in un precedente articolo – e dimostrano, ancora una volta di più, come le regioni dell’Unione europea, quelle italiane in particolare, abbiano ancora bisogno del sostegno dell’Unione per migliorare la loro competitività e ridurre i divari tra di esse.

La politica di coesione – i cui programmi sono ufficialmente partiti il 1° gennaio 2023 – è la principale politica di investimento dell’Unione a sostegno delle regioni per quanto riguarda la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, la crescita economica, lo sviluppo sostenibile e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini: assieme alle risorse del PNRR e alle relative riforme, rappresenta per l’Italia un’opportunità per uscire dalla situazione di stagnazione economica e declino nella quale si trova da oltre vent’anni.

 

ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:

Commissione europea, EU Regional Competitiveness Index 2.0, 2022 edition

 

 

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