Alla fine del 2014 l’Italia è riuscita a evitare uno dei rischi più temuti nella gestione dei Fondi strutturali europei relativi al periodo di programmazione 2007-2013: il disimpegno automatico di una quota rilevante delle risorse assegnate dall’Unione europea e non spese entro i termini previsti.
Il risultato, conseguito in extremis, merita di essere registrato con attenzione. Ma, proprio per questo, va letto non come una smentita delle criticità strutturali, bensì come una loro conferma, sotto forma di successo formale ottenuto a costo di forti distorsioni operative.
Il risultato: disimpegno evitato, perdite contenute
Grazie a uno sforzo straordinario concentrato soprattutto negli ultimi mesi del 2014, il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, in coordinamento con le Regioni che presentavano i maggiori ritardi – in particolare Calabria, Campania e Sicilia – ha consentito all’Italia di raggiungere e in molti casi superare i target di spesa fissati a livello unionale per l’annualità 2014.
Alla scadenza del 31 dicembre 2014:
- l’Italia ha certificato oltre 33 miliardi di euro di spesa sui 46,7 miliardi complessivamente disponibili nel ciclo 2007-2013;
- circa 7,9 miliardi di euro sono stati certificati nel solo 2014;
- le risorse certificate hanno superato di 1,9 miliardi di euro l’ammontare soggetto a rischio di disimpegno.
Solo tre programmi non hanno evitato il disimpegno automatico:
- il Programma operativo interregionale “Attrattori” (turismo);
- il Programma operativo nazionale sulle grandi infrastrutture di rete;
- il Programma operativo FSE della Provincia autonoma di Bolzano.
La perdita complessiva per l’Italia ammonta a 51,4 milioni di euro, pari a circa lo 0,11% delle risorse programmate. Un dato che, in termini quantitativi, può essere considerato contenuto.
Il costo sistemico: la rincorsa finale e le sue conseguenze
Questo risultato, tuttavia, non può essere valutato isolatamente. Esso è il prodotto di una rincorsa finale alla spesa, concentrata negli ultimi anni del ciclo di programmazione e culminata nel 2014.
La dinamica è ben nota e si ripete ciclicamente nella gestione italiana dei fondi europei:
- accumulo di ritardi nella fase iniziale della programmazione;
- accelerazione forzata nella fase finale;
- priorità assoluta alla certificazione della spesa, spesso a scapito della qualità e della programmazione strategica.
Nel 2015, ultimo anno utile per la chiusura del ciclo 2007-2013, l’Italia era chiamata a certificare ulteriori 13,6 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Ciò ha comportato che gran parte delle amministrazioni nazionali e regionali fosse assorbita dalla chiusura dei programmi del vecchio ciclo, riducendo drasticamente la capacità di concentrare risorse amministrative, tecniche e politiche sull’avvio del nuovo periodo di programmazione 2014-2020.
L’effetto collaterale: il ritardo del ciclo successivo
Il successo formale nel evitare il disimpegno ha avuto quindi un effetto collaterale rilevante: il rallentamento dell’avvio della nuova programmazione.
Al momento in cui si chiudeva il ciclo 2007-2013:
- l’Accordo di partenariato 2014-2020 dell’Italia era stato presentato in ritardo;
- molti programmi operativi nazionali e regionali risultavano ancora in fase di negoziato;
- i primi bandi del nuovo periodo di programmazione erano destinati a slittare alla fine del 2015 o al 2016.
In termini sostanziali, ciò ha significato perdere circa due anni nella fase iniziale del ciclo 2014-2020, con una compressione temporale che avrebbe nuovamente alimentato, negli anni successivi, dinamiche emergenziali analoghe a quelle appena superate.
Una lezione che va oltre il 2007-2013
Letto in una prospettiva più ampia, questo episodio offre una chiave di interpretazione utile per comprendere un problema strutturale della governance dei fondi UE in Italia.
L’Italia dimostra di essere in grado di evitare il disimpegno, ma solo mobilitando energie straordinarie, in condizioni di urgenza e con un approccio prevalentemente difensivo. Il problema non è dunque la capacità di spendere in assoluto, ma la difficoltà a:
- programmare per tempo;
- distribuire la spesa in modo regolare lungo l’intero ciclo;
- utilizzare i fondi come leva strategica di sviluppo e non come adempimento contabile.
Questa dinamica – successo formale, ritardo strutturale – costituisce un tratto ricorrente dell’esperienza italiana e anticipa criticità che riemergeranno, in forme diverse ma con logiche analoghe, anche nei cicli successivi.
Conclusione
L’evitato disimpegno dei Fondi strutturali 2007-2013 rappresenta senza dubbio un risultato positivo sul piano formale. Ma esso non smentisce, anzi conferma, le fragilità strutturali del sistema italiano di gestione dei fondi europei.
La vera sfida non è dimostrare, all’ultimo momento, di saper spendere. È costruire una capacità amministrativa e strategica che consenta di spendere bene, per tempo e con continuità, evitando che ogni ciclo di programmazione si trasformi in una corsa contro il tempo.
È questa la lezione di fondo che questo episodio consegna alla riflessione sulla governance economica e sulla politica di coesione dell’Italia nell’Unione europea.
ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:
Dati e tabelle sulla certificazione delle spese dei Fondi strutturali europei 2007-2013 sono pubblicate sul sito dell’ex Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, suddivise per programma operativo e per regione.
Aggiornamenti successivi e articoli collegati
Per seguire l’evoluzione del monitoraggio delle spese par la politica di coesione dell’Italia nei diversi cicli di programmazione, si possono consultare i seguenti articoli pubblicati su Fare l’Europa:
6 maggio 2022. KOHESIO: dal 2022 il data-base della politica di coesione dell’UE
25 febbraio 2022. L’ottava relazione 2022 sulla coesione economica, sociale e territoriale
18 gennaio 2019. Dove vanno i soldi dell’Unione europea destinati ai territori: “accountability” della Commissione europea
20 ottobre 2017. La settima relazione 2017 sulla coesione economica, sociale e territoriale
5 gennaio 2017. Fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020: quanto è stato speso?
19 settembre 2014. L’Italia e i finanziamenti dell’Unione europea: molte risorse, poco utilizzate
