L’orario di lavoro, nell’ambito del diritto dell’Unione europea, è qualsiasi periodo in cui il lavoratore: a) sia sul luogo di lavoro; b) sia a disposizione del datore di lavoro per fornire immediatamente le opportune prestazioni in caso di bisogno; c) sia nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, indipendentemente dall’intensità del lavoro svolto o dal suo rendimento.

Qualsiasi periodo, che non rientra in questa nozione di orario di lavoro, è un periodo di riposo.

Da trent’anni, l’Unione europea ha fissato, con apposite direttive, le prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, le quali devono essere rispettate in tutti gli Stati membri, per tutti i lavoratori e in tutti i settori di attività: in particolare, ha precisato i periodi di riposo giornaliero (almeno 11 ore consecutive), le pause, il riposo settimanale (almeno 35 ore di riposo ininterrotto), la durata massima settimanale del lavoro (48 ore medie, comprese le ore di straordinario), le ferie annuali retribuite (almeno 4 settimane l’anno) e protezioni aggiuntive per il lavoro notturno, il lavoro a turni e circa i ritmi di lavoro.

Le direttive sull’orario di lavoro – quella in vigore è la direttiva 2003/88/CE, che ha sostituito le due precedenti del 1993 e del 2000 ed è stata recepita in Italia con il decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 – sono un elemento fondamentale dell’acquis dell’Unione europea e rappresentano una delle pietre miliari del modello sociale europeo.

Esse stabiliscono i diritti individuali di ogni lavoratore nell’Unione europea, dando così espressione concreta all’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che sancisce, come parte integrante del diritto primario dell’Unione, il diritto di ogni lavoratore “a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose” e a “una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite”.

Le disposizioni minime fissate dalla direttiva sull’orario di lavoro nell’Unione europea hanno, quindi, lo scopo di creare una rete di sicurezza, per la salute e la sicurezza dei lavoratori interessati e sono vincolanti per gli Stati membri, che sono tenuti a garantire il recepimento di tali norme minime nell’ordinamento giuridico nazionale. Il fatto che tali disposizioni abbiano carattere minimo significa, anche, che esse non impediscono agli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni nazionali più favorevoli per la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori.

La direttiva sull’orario di lavoro è uno strumento complesso.

Dal 1993, più di 80 sentenze e ordinanze della Corte di Giustizia dell’Unione europea hanno riguardato la direttiva sull’orario di lavoro e fornito un’interpretazione delle relative disposizioni, del campo di applicazione e dei limiti della flessibilità che essa offre.

La direttiva del 1993, come si è scritto, è entrata in vigore quasi trent’anni fa, in una società in cui i rapporti di lavoro erano più omogenei e l’organizzazione del lavoro più standardizzata nella comune giornata lavorativa “dalle 9 alle 5”.

Negli ultimi decenni, tuttavia, la regolamentazione dell’orario di lavoro si è dovuta confrontare in misura crescente con nuove forme di occupazione e nuove modalità di organizzazione del lavoro, con l’aumento, a esempio, del lavoro a distanza, mobile, a chiamata o su piattaforma digitale, o della pluriattività.

Questi cambiamenti sono stati determinati e/o accelerati dall’impatto della digitalizzazione sulle economie e società dell’Unione europea. Di fatto, la trasformazione digitale ha reso possibili modalità di lavoro più flessibili, rispondendo alle aspirazioni dei lavoratori in termini di equilibrio tra vita professionale e vita privata e benessere sul lavoro e all’obiettivo delle imprese di una maggiore produttività e agilità, in un’economia globalizzata.

La direttiva sull’orario di lavoro è, pertanto, attuata in un contesto caratterizzato da una nuova serie di opportunità e rischi. L’occupazione flessibile può comportare un maggiore ricorso alle deroghe previste dalla direttiva. La digitalizzazione rende meno netta la distinzione tra lavoro e riposo e consente una crescente frammentazione del lavoro, sia in termini di ubicazione che di tempo. Nel contempo, la tecnologia offre nuove possibilità di monitorare l’orario di lavoro.

Per questi motivi, al fine di assistere le autorità nazionali, i cittadini, le imprese e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’applicazione della direttiva 2003/88/CE nei nuovi contesti lavorativi, la Commissione europea ha pubblicato una nuova comunicazione interpretativa, che aggiorna e sostituisce l’analoga comunicazione del 2017, per rispecchiare le oltre 30 sentenze e ordinanze emesse negli ulti anni dalla Corte di giustizia dell’Unione europea e che hanno fornito un’interpretazione evolutiva della direttiva stessa.

La comunicazione interpretativa segue, a pochi giorni di distanza, una relazione della medesima Commissione sullo stato dell’attuazione, da parte degli Stati membri, della direttiva 2003/88/CE, di cui, in appendice all’articolo, riporto i riferimenti.

Un esempio di ciò che contiene questa comunicazione interpretativa aggiornata è relativo alla nozione di “lavoratore” che non è definita nella direttiva in vigore.

La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha sempre sostenuto che tale nozione non può essere interpretata in vari modi secondo gli ordinamenti giuridici nazionali, ma ha un significato autonomo, proprio del diritto dell’Unione e indipendente dalle normative nazionali.

La Corte ha ritenuto che la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro sia “la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione”, collegando l’interpretazione della nozione di “lavoratore”, ai fini della direttiva sull’orario di lavoro, a quella stabilita dalla giurisprudenza nel contesto della libera circolazione dei lavoratori, di cui all’articolo 45 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Non è, quindi, lo status della persona, secondo la normativa nazionale, a essere determinante ai fini dell’applicabilità della direttiva sull’orario di lavoro. A titolo di esempio, in una famosa sentenza (causa: Matzak), la Corte ha qualificato un vigile del fuoco volontario, a norma del diritto belga, come “lavoratore” ai sensi della direttiva; ha affermato che gli impiegati di un ente di diritto pubblico sono da considerarsi “lavoratori” a prescindere dal loro status di pubblico dipendente; ha argomentato che il personale occasionale e stagionale titolare di un contratto a tempo determinato, pur non essendo soggetto a talune disposizioni del codice del lavoro, rientra nella nozione di “lavoratori” (causa: Union syndicale Solidaires Isère); infine, per fare un ultimo esempio, ha stabilito che la nozione di lavoratore poteva includere una persona ammessa in un centro di riabilitazione mediante il lavoro, indipendentemente dalla produttività della persona, dall’origine delle risorse per la retribuzione e dal modesto livello di quest’ultima (causa: Gérard Fenoll/Centre d’aide par le travail «La Jouvene» e Association de parents et d’amis de personnes handicapées mentales (APEI) d’Avignon).

Una giurisprudenza di tale portata rende difficile per gli Stati membri, i datori di lavoro, i lavoratori e le altre parti interessate, come le parti sociali o gli ispettorati del lavoro e i cittadini, cogliere il contenuto e l’ambito preciso delle disposizioni della direttiva, anche se tale giurisprudenza è fondamentale per garantire una sua corretta attuazione, poiché dai fraintendimenti o dall’ignoranza dei più recenti sviluppi giurisprudenziali possono scaturire problemi di conformità e denunce o controversie evitabili.

La Commissione, pertanto, vuole contribuire all’applicazione, all’attuazione e al rispetto effettivi del diritto dell’Unione europea in vigore e aiutare gli Stati membri e i cittadini a garantire che il diritto unionale sia effettivamente applicato, dato il suo ruolo di custode dei Trattati, grazie al quale essa può controllare l’applicazione della normativa dell’Unione e, qualora necessario, avviare o portare a termine procedure d’infrazione in rapporto alle disposizioni della direttiva, anche per materie sulle quali la Corte di Giustizia non si è ancora pronunciata. Informare tutti gli Stati membri nella massima trasparenza di quale sia il punto di vista della Commissione su alcuni aspetti controversi della direttiva, permetterà ai paesi di tenere presente la posizione della Commissione al momento di elaborare la propria normativa nazionale.

D’altro canto, la comunicazione interpretativa della Commissione non è vincolante e non intende introdurre disposizioni nuove: infatti, l’interpretazione della legislazione dell’Unione spetta alla Corte di Giustizia, che nell’interpretare e nell’applicare i Trattati assicura il rispetto della legge.

Gli obiettivi specifici perseguiti dalla Commissione sono, quindi:

  • fornire maggiore certezza e chiarezza del diritto alle autorità nazionali sugli obblighi e le tipologie di flessibilità previsti dalla direttiva, in modo da contribuire a ridurre gli oneri e le violazioni. A tale scopo essa riunisce in un unico documento le disposizioni della direttiva e la giurisprudenza della Corte che ne ha dato interpretazione.
  • aiutare ad applicare meglio le disposizioni della direttiva nel contesto delle forme di lavoro nuove e flessibili;
  • garantire un’esecuzione efficace delle norme minime dell’Unione esistenti nella direttiva e favorire di conseguenza una migliore protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori dai rischi associati a orari di lavoro eccessivi o a periodi di riposo inadeguati, a beneficio di tutte le parti;
  • garantire la pertinenza costante della panoramica completa della giurisprudenza della Corte sulle direttive sull’orario di lavoro, fornita nella comunicazione interpretativa del 2017, aggiornandola con la giurisprudenza recente.

 

ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:

Commissione europea, Comunicazione interpretativa sulla direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, in GU UE C 109 del 24.03.2023

Relazione della Commissione sull’attuazione da parte degli Stati membri della direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, doc. COM(2023) 72 del 15.03.2023

Commission Staff Working Document, Detailed report on the implementation by Member States of Directive 2003/88/EC concerning certain aspects of the organisation of working time Accompanying the document Report from the Commission to the European Parliament, the Council and the European Economic and Social Committee Report on the implementation by Member States of Directive 2003/88/EC concerning certain aspects of the organisation of working time, doc. SWD(2023) 40 del 15 marzo 2023