La Commissione europea stima che, nei 27 Stati membri dell’Unione europea, siano attive 3,8 milioni di associazioni senza scopo di lucro (non-profit associations), che forniscono servizi e beni in settori con impatto sociale (servizi sanitari, assistenziali e sociali, servizi sociali, inclusione, cultura, sport, ricerca e sviluppo, istruzione e formazione, ecc.).

La grande maggioranza delle attività di tali associazioni è condotta a livello nazionale, ma un numero sempre più significativo di esse opera oltre i confini, rafforzando in questo modo la coesione sociale tra gli Stati membri a livello sociale, in particolare nelle regioni di frontiera, che rappresentano circa il 40% del territorio dell’Unione.

Almeno 310.000 associazioni non-profit sono già presenti e operano in più di uno Stato membro; almeno altre 185.000 potrebbero impegnarsi nello sviluppo di attività transfrontaliere e transnazionali all’interno dell’Unione europea, soprattutto se alcuni ostacoli giuridici e amministrativi, attualmente esistenti, venissero rimossi: secondo una stima della Commissione tale ampliamento delle attività potrebbe generare fino a 4,2 miliardi di euro di valore aggiunto in un periodo di 15 anni.

Sono queste le ipotesi di lavoro alla base della recente proposta legislativa della Commissione europea, che mira ad agevolare le attività transfrontaliere e transnazionali nell’Unione anche delle associazioni senza scopo di lucro: infatti, fino ad oggi questa tipologia di soggetti giuridici è rimasta esclusa dalla legislazione dell’Unione che, come è noto, ha già creato tale opportunità per le imprese commerciali, che possono utilizzare l’istituto del Gruppo europeo di interesse economico (GEIE), e per gli enti pubblici, che possono collaborare attraverso il Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT).

Anche perché le vigenti discipline unionali relative agli statuti europei delle società europee, delle società cooperative europee o dei partiti europei, non sono idonee a consentire alle organizzazioni senza scopo di lucro di cooperare a livello transfrontaliero e transnazionale a livello di Unione europea.

 

Gli ostacoli alle attività transfrontaliere delle associazioni non-profit

Oggi, le associazioni senza scopo di lucro e le loro attività sono disciplinate da una legislazione specifica in 24 Stati membri; in Irlanda, Danimarca e Svezia, invece, esse sono regolate da principi sviluppati attraverso la dottrina e la giurisprudenza. In proposito, la Commissione europea ha promosso e pubblicato un aggiornato studio giuridico comparato, di cui riporto il link alla fine dell’articolo.

Quindi, quando svolgono attività in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabilite, le associazioni senza scopo di lucro non ricevono un riconoscimento uniforme delle loro personalità e capacità giuridica e, spesso, devono registrarsi una seconda volta o, addirittura, costituire una nuova entità giuridica in tale Stato.

Ciò crea incertezza giuridica, dando luogo a procedure e requisiti amministrativi diversi: le norme sulla formazione, l’adesione e la governance impongono requisiti diversi in ciascuno Stato.

A esempio, come evidenzia lo studio comparato citato, il numero di persone fisiche o giuridiche necessarie per costituire un’associazione senza scopo di lucro varia da 3 a 20, a seconda dello Stato membro. Inoltre, un’ampia maggioranza di Stati membri non riconosce le associazioni di altri Stati membri. Le regole differiscono anche per quel che riguarda l’accesso al capitale ed esistono difficoltà quando si tratta di accedere a prestiti finanziari, crediti e garanzie all’interno degli istituti di credito.

Eppure, proprio le associazioni senza scopo di lucro rappresentano la forma giuridica predominante tra le organizzazioni presenti nell’economia sociale, cioè cooperative, società di mutuo soccorso e fondazioni, alle quali l’Unione europea ha dedicato, nel 2021, uno specifico piano di azione.

Le opzioni politiche per le attività transfrontaliere delle associazioni non-profit

Già nel 1992 la Commissione europea aveva presentato una proposta di regolamento del Consiglio recante lo statuto dell’associazione europea [doc. COM(91) 273 del 6 marzo 1992], che non fu approvata.

L’approccio della nuova proposta di direttiva è molto diverso rispetto a quello ampio seguito dalla proposta della Commissione del 1992, poiché essa non intende creare uno statuto europeo per le associazioni, ma creare, invece, una nuova forma giuridica nazionale che faciliti le attività transfrontaliere e transnazionali delle associazioni senza scopo di lucro e la loro mobilità, nel rispetto delle tradizioni nazionali.

In proposito, la Commissione europea ha esaminato tre diverse opzioni politiche:

  1. l’introduzione di una forma giuridica europea denominata “Associazione europea”, che regolerebbe tutti gli aspetti del funzionamento di questa nuova forma giuridica e coesisterebbe con le forme giuridiche nazionali senza sostituirle o, in subordine, l’istituzione di una forma giuridica a livello unionale denominata “Associazione transfrontaliera europea”, che si occupasse specificatamente degli aspetti transfrontalieri delle attività di tali associazioni;
  2. l’armonizzazione di standard minimi comuni per le attività transfrontaliere e la mobilità delle associazioni senza scopo di lucro negli Stati membri;
  3. infine, creare, a livello nazionale, un’ulteriore forma giuridica di associazione senza scopo di lucro, concepita per scopi transfrontalieri e transnazionali nell’ambito dell’Unione europea riconosciuta dagli Stati membri. Questa opzione richiederebbe a ciascuno Stato membro di introdurre nel proprio ordinamento giuridico nazionale una forma giuridica di associazione senza scopo di lucro adattata per scopi transfrontalieri che coesisterebbe insieme alle forme giuridiche esistenti per le associazioni senza scopo di lucro nel diritto nazionale, rispettando al contempo le diverse tradizioni nazionali nel diritto associativo.

La terza opzione strategica è stata quella prescelta dalla Commissione europea, dopo ampie consultazioni con gli stakeholders, ed è alla base della proposta di direttiva: essa offre una combinazione di aspetti della prima e della seconda opzione, poiché crea un’ulteriore nuova forma giuridica di associazioni senza scopo di lucro (simile alla prima opzione), ma solo con disposizioni limitate agli aspetti transfrontalieri e transnazionali delle attività associative, che gli Stati membri possono adattare al rispettivo contesto nazionale attraverso il recepimento (simile all’opzione strategica due), evitando, nel contempo, la necessità di modificare le norme sulle forme giuridiche esistenti a livello nazionale.

 

La proposta di direttiva

La proposta di direttiva della Commissione nasce dalla risoluzione del Parlamento europeo del 17 febbraio 2022, volta a promuovere il ruolo delle associazioni e delle altre organizzazioni senza scopo di lucro nell’Unione nel completamento del mercato interno, tutelando i loro diritti fondamentali e promuovendo uno spazio democratico europeo. L’obiettivo politico perseguito dal Parlamento è di riconoscere le associazioni, le organizzazioni senza scopo di lucro e la loro pubblica utilità in tutta l’Unione, aspetto oggi non assicurato in tutti gli Stati membri.

In coerenza con tale obiettivo, la proposta di direttiva della Commissione mira a facilitare l’esercizio del diritto di stabilimento delle associazioni senza scopo di lucro e l’esercizio effettivo dei diritti di libera circolazione, prevedendo misure che coordinino le condizioni per la creazione e il funzionamento delle associazioni transfrontaliere europee, tra cui l’automatico riconoscimento della loro personalità giuridica da parte degli Stati membri, l’obbligo di registrazione unica e norme armonizzate in materia di mobilità (ossia, di trasferimento della sede legale).

Le nuove regole andranno a beneficio solo delle associazioni non-profit che vogliono operare a livello transfrontaliero e transnazionale nell’ambito dell’Unione europea. Infatti, le leggi nazionali sulle associazioni senza scopo di lucro rimarranno invariate. Per i settori non coperti dalla direttiva si continueranno, quindi, ad applicare le norme nazionali, nel rispetto delle tradizioni degli Stati membri.

La proposta della Commissione introduce, quindi, negli ordinamenti giuridici nazionali degli Stati membri un’ulteriore forma giuridica di associazione transfrontaliera europea (European cross-border association – ECBA), che è specificamente concepita per finalità transfrontaliere e transnazionali e ridurrà gli oneri giuridici e amministrativi per quanto riguarda il riconoscimento e lo stabilimento di associazioni senza scopo di lucro che svolgono attività in un altro Stato membro: la nuova associazione, quindi, accanto al nome recherà l’acronimo “ECBA”, per essere distinta rispetto alle altre associazioni di carattere non transfrontaliero.

I requisiti di base della nuova forma giuridica associativa sono i seguenti:

  • avere sede legale in seno all’Unione europea;
  • essere costituita mediante accordo volontario da persone fisiche che sono cittadini dell’Unione o legalmente residenti nell’Unione o da soggetti giuridici senza scopo di lucro legalmente stabiliti nell’Unione, con l’esclusione di sindacati, partiti politici, organizzazioni religiose e associazioni di tali enti;
  • indipendentemente dal fatto che le attività dell’associazione siano di natura economica o meno, non avere scopo di lucro e i suoi eventuali profitti dovranno essere utilizzati esclusivamente per il perseguimento dei suoi obiettivi , come descritto nel suo statuto , senza alcuna distribuzione tra i suoi membri;
  • svolgere o avere nel suo statuto l’obiettivo di svolgere attività in almeno due Stati membri e avere membri fondatori con legami con almeno due Stati membri, in base alla cittadinanza o alla residenza legale nel paese nel caso di persone fisiche, ovvero in base all’ubicazione della sede legale nel caso di persone giuridiche.

Una volta stabilita in uno Stato membro, un’associazione transfrontaliera europea sarà riconosciuta automaticamente, grazie al “certificato ECBA” rilasciato dallo Stato membro di origine e valido in ogni Stato membro dell’Unione, e potrà svolgere attività in tutti gli Stati membri, comprese le attività economiche, il che consentirà alle associazioni senza scopo di lucro di liberare tutto il loro potenziale sociale ed economico nell’Unione. Per le questioni che non sono contemplate dalla proposta di direttiva, come a esempio il trattamento fiscale, gli Stati membri tratteranno le ECBA allo stesso modo delle analoghe associazioni nazionali senza scopo di lucro.

L’ECBA acquisisce personalità giuridica e capacità giuridica al momento della registrazione: gli Stati membri dovranno, infatti, assicurare che un’ECBA abbia il diritto di concludere contratti e compiere atti giuridici, essere parte in procedimenti giudiziari, possedere beni mobili e immobili, svolgere attività economiche, assumere personale, ricevere , sollecitare e disporre di donazioni e altri fondi di qualsiasi tipo provenienti da qualsiasi fonte lecita, partecipano a gare pubbliche e richiedono finanziamenti pubblici.

La proposta di direttiva contiene altre norme specifiche sugli organi dell’ECBA, i diritti di voto, la responsabilità dei soci: qui di seguito riporto, quindi, il link alla proposta per ogni approfondimento.

 

ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:


Aggiornamenti successivi e articoli collegati

Per approfondire o seguire l’evoluzione della politica dell’Unione europea per l’economia sociale, si possono consultare i seguenti articoli collegati pubblicati su Fare l’Europa:
29 dicembre 2023Economia sociale e norme UE sui servizi di interesse economico generale
22 dicembre 2023Economia sociale e regole UE sugli aiuti di Stato alle imprese
15 dicembre 2023Economia sociale e accesso al mercato degli appalti pubblici
8 dicembre 2023Raccomandazione UE 2023 sullo sviluppo dell’economia sociale