Nel Piano di azione per l’economia sociale del 9 dicembre 2021 [doc. COM(2021) 778 del 9 dicembre 2021] la Commissione europea si è impegnata a fornire indicazioni agli Stati membri (e, quindi, anche alle loro articolazioni interne: regioni, province, comuni, aziende sanitarie, ecc.) in relazione a politiche specifiche rivolte all’economia sociale, in materia, tra le altre, di finanziamenti, aiuti di Stato e appalti pubblici. Agli appalti pubblici ho dedicato il precedente articolo del blog: in questo articolo, invece, approfondirò il tema delle regole sugli aiuti di Stato all’economia sociale, a proposito dei quali la stessa Commissione, nel Piano di azione citato, osserva che:

“Le autorità pubbliche non utilizzano appieno le possibilità esistenti per facilitare l’accesso delle imprese sociali agli appalti pubblici o ai finanziamenti, né la flessibilità offerta dalle attuali norme UE in materia di aiuti di Stato. (…) I portatori di interessi segnalano che spesso le autorità pubbliche limitano inutilmente l’importo degli aiuti concessi alle imprese sociali alla soglia generale de minimis (200.000 euro per un periodo di 3 anni) e non considerano altre possibilità che potrebbero essere in linea con le norme sugli aiuti di Stato, quali gli aiuti regionali, le misure per il finanziamento del rischio o gli aiuti all’assunzione di lavoratori svantaggiati, possibilità per le quali gli importi massimi degli aiuti sono generalmente più elevati.”

In particolare, il punto 18 della recente Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea sullo sviluppo delle condizioni quadro dell’economia sociale, che ho presentato in un precedente articolo del blog, è dedicato a spiegare agli Stati membri le modalità per “sfruttare al meglio l’ambito di applicazione delle norme sugli aiuti di Stato per sostenere l’economia sociale”, in tutti i casi in cui – e solo nei casi in cui – una misura di sostegno all’economia sociale costituisca aiuto di Stato in base alla normativa europea.

In quali casi un’autorità pubblica – un ministero, un comune, una azienda sanitaria locale, ecc. – può concedere un contributo oppure un’altra forma di vantaggio economico a un soggetto dell’economia sociale, senza violare le norme dell’Unione europea?

 

Nozione di impresa e soggetti dell’economia sociale

Per inquadrare sinteticamente il tema, è necessario chiarire alcuni concetti di base.

Innanzitutto, il concetto di aiuto di Stato alle imprese è definito dall’articolo 107, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE): si tratta di aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsano o minacciano di falsare la concorrenza, nella misura in cui incidono sugli scambi tra gli Stati membri.

In secondo luogo, le norme europee in materia di aiuti di Stato, si applicano solo se il beneficiario di una misura è qualificabile come impresa. A tal fine, l’articolo 1 dell’allegato 1 al Regolamento (UE) 651/2014, considera impresa:

“(…) qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, indipendentemente dalla sua forma giuridica. In particolare, sono considerate tali le entità che esercitano un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitano regolarmente un’attività economica.”

E’ un concetto che si è formato sulla base di una costante giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e che abbraccia qualsiasi ente che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento. La qualificazione di un determinato ente come impresa dipende, pertanto, interamente dalla natura delle sue attività.

Questo principio generale ha tre importanti implicazioni:

  • la qualificazione giuridica dell’ente in questione da parte del diritto nazionale è ininfluente. Per esempio, un ente che, in base alla normativa nazionale, sia qualificato come associazione o società sportiva può essere considerato un’impresa ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE. Le stesse considerazioni valgono per gli enti che fanno formalmente parte della pubblica amministrazione. L’unico criterio pertinente è l’esercizio di un’attività economica;
  • l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato non dipende dal fatto che l’ente venga costituito per conseguire degli utili. Anche gli enti senza scopo di lucro possono offrire beni e servizi su un mercato. Solo qualora ciò non avvenga, essi non sono soggetti al controllo sugli aiuti di Stato;
  • un ente viene qualificato come impresa sempre in relazione a un’attività specifica. Un ente che svolga sia attività economiche sia attività non economiche è considerato come un’impresa solo per quel che riguarda le prime.

Infine, aiuto di Stato è un concetto che non comprende solo la concessione di contributi finanziari, ma qualsiasi tipo di vantaggio economico che un ente pubblico concede a un’impresa, dalle agevolazioni fiscali, alle garanzie su prestiti, alla concessione di spazi e/o attrezzature a titolo gratuito oppure a prezzo non di mercato, solo per fare alcuni esempi.

 A parte il caso della creazione di regimi di aiuto da notificare preventivamente alla Commissione europea per farne verificare la compatibilità con le regola sugli aiuti di Stato, vi sono tre strade che consentono a un’autorità pubblica, nazionale, regionale o locale, di fornire vantaggi economici ai soggetti dell’economia sociale senza correre il rischio di violare le regole europee e di subirne le relative conseguenze: gli aiuti in regime de minimis; gli aiuti che rientrano in specifici regimi che la Commissione europea considera compatibili con le regole europee; infine, gli aiuti volti a compensare gli obblighi di servizio pubblico imposti per la prestazione di servizi di interesse economico generale (SIEG), tema, quest’ultimo, che sarà oggetto di uno specifico articolo del blog.

 Aiuti in regime de minimis

Una prima possibilità – la più facile e quella, di fatto, più praticata dagli enti pubblici – è di adottare sistemi di sostegno e incentivazione (ad esempio, la concessione di contributi e altre agevolazioni, anche “in natura”) di piccola entità (cosiddetti aiuti de minimis), in modo da non rientrare nel campo di applicazione delle regole europee sugli aiuti di Stato: si tratta di aiuti che non possono superare la soglia di 300.000 euro in tre esercizi finanziari e che possono essere concessi a qualsiasi impresa, per qualsiasi finalità e con qualsiasi intensità (anche fino al 100% dei costi ritenuti ammissibili), senza alcun obbligo di notifica preventiva alla Commissione europea.

La predetta soglia riguarda la singola impresa che riceve l’aiuto e, quindi, va calcolata cumulando tutti gli aiuti ricevuti dall’impresa in regime de minimis nel triennio di riferimento.

E’ un importo esiguo che la Commissione ritiene che non abbia alcuna incidenza sugli scambi transfrontalieri e sulla concorrenza e, pertanto, non costituisce aiuto di Stato.

Le condizioni per concedere aiuti in regime de minimis sono disciplinate da appositi regolamenti della Commissione, di cui uno generale (che riporto in appendice all’articolo) e alcuni settoriali (uno di questi riguarda i SIEG e ne parlerò in un prossimo articolo).

Aiuti in regime di esenzione per categoria

Una seconda possibilità è quella di sfruttare i cosiddetti “regimi di esenzione per categoria”, che la Commissione europea ha predisposto sulla base delle precedenti esperienze di valutazione degli aiuti di Stato alle imprese: si tratta di schemi, standardizzati a livello europeo, che, se seguiti pedissequamente negli atti con cui un’autorità pubblica istituisce e concede aiuti alle imprese, la esonerano dall’obbligo di notifica preventiva alla Commissione, poiché sono considerati, di fatto, compatibili con le regole europee.

Dal 2021 il regolamento di esenzione generale n. 651/2014 (GBER) è stato via via modificato per rispondere anche alle caratteristiche peculiari dei soggetti dell’economia sociale: in calce al presente articolo riporto il link alla versione “consolidata” di tale regolamento, per agevolare la lettura di quanto scriverò qui di seguito, dove illustro quali strumenti di aiuto gli enti pubblici potrebbero utilizzare per sostenere gli enti dell’economia sociale.

Aiuti agli investimenti

Aiuti agli investimenti a favore di soggetti dell’economia sociale con le dimensioni di una piccola e media impresa (PMI, cioè imprese che occupano meno di 250 persone e hanno un fatturato annuo che non supera i 50 milioni di euro), a esempio, per l’acquisto di beni nell’infrastruttura sociale, possono essere istituiti e concessi in conformità all’articolo 17 del regolamento (UE) n. 651/2014, in qualsiasi area geografica: l’intensità di aiuto non può superare il 20% dei costi ammissibili per le piccole imprese e il 10% per le medie imprese.

Inoltre, alle PMI e alle imprese di grandi dimensioni di determinate aree geografiche meno sviluppate possono essere concessi aiuti a finalità regionale per gli investimenti iniziali ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (UE) n. 651/2014: l’elenco di tali aree è stabilito periodicamente dalla Commissione europea e, in Italia, interessa la maggior parte delle Regioni del Mezzogiorno (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) e una serie circoscritta di comuni delle altre Regioni italiane. La Carta degli aiuti a finalità regionale per il periodo dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2027 è stata modificata il 18 marzo 2022 e definisce anche le intensità di aiuto massime in relazione ai territori e alle dimensioni delle imprese.

Aiuti al finanziamento del capitale di rischio

Aiuti al finanziamento del rischio a favore anche delle PMI dell’economia sociale possono essere istituiti e concessi in conformità agli articoli 21 e 21 bis, del regolamento (UE) n. 651/2014, a esempio, istituendo fondi di investimento con la partecipazione di investitori privati per sostenere in modo specifico le imprese sociali, anche prendendo in esame la possibilità di incentivi fiscali agli investitori privati indipendenti costituiti da persone fisiche che finanziano direttamente o indirettamente i rischi delle imprese ammissibili. Le intensità di aiuto variano, a seconda dei casi, dal 20 al 50% dell’investimento ammissibile.

Aiuti alle imprese in fase di avviamento

Sono aiuti che consentono anche alle piccole imprese dell’economia sociale (cioè imprese che occupano meno di 50 persone e hanno un fatturato annuo che non supera i 10 milioni di euro), iscritte al registro delle imprese da meno di cinque anni e non quotate, di ricevere diversi strumenti di aiuto, quali prestiti a tasso agevolato, garanzie agevolate o sovvenzioni, in conformità all’articolo 22 del regolamento (UE) n. 651/2014. Le intensità di aiuto variano a seconda della forma di aiuto (prestiti a tasso agevolato; garanzie; sovvenzioni).

Aiuti per l’assistenza ai lavoratori svantaggiati

Regimi di aiuto per il reinserimento nel mercato del lavoro di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati, possono essere concessi ai soggetti dell’economia sociale di qualsiasi dimensione, seguendo le regole fissate dagli articoli 32 (Aiuti all’assunzione di lavoratori svantaggiati sotto forma di integrazioni salariali) e 35 (Aiuti intesi a compensare i costi dell’assistenza fornita ai lavoratori svantaggiati) del regolamento (UE) n. 651/2014. In entrambi i casi, le intensità di aiuto non supera il 50% dei costi ammissibili.

Aiuti per l’assistenza ai lavoratori con disabilità

Aiuti all’occupazione per la piena inclusione dei lavoratori con disabilità possono essere istituiti e concessi a favore di qualsiasi tipo di impresa, attraverso il sostegno di sovvenzioni specifiche, comprendenti integrazioni salariali, in conformità agli articoli 33 (Aiuti all’occupazione di lavoratori con disabilità sotto forma di integrazioni salariali) e 34 (Aiuti intesi a compensare i sovraccosti connessi all’occupazione di lavoratori con disabilità) del regolamento (UE) n. 651/2014. Nel primo caso l’intensità di aiuto non può superare il 75% dei costi ammissibili; nel secondo, può arrivare fino al 100% dei costi ammissibili.

Aiuti agli investimenti per le infrastrutture locali

Un’autorità pubblica può finanziare la costruzione o l’ammodernamento di infrastrutture locali, che possono comprendere infrastrutture sociali locali, concedendo aiuti per coprire la differenza tra i costi dell’investimento e il risultato operativo, in conformità all’articolo 56 del regolamento (UE) n. 651/2014. L’importo dell’aiuto concedibile è del 100%, calcolato sulla differenza tra i costi ammissibili e il risultato operativo dell’investimento (differenza tra entrate e costi di esercizio), calcolato ex ante e dedotto dai costi ammissibili.

Aiuti per l’innovazione dei processi e dell’organizzazione

Aiuti per l’innovazione dei processi e dell’organizzazione per tutti i tipi di imprese, compresi i soggetti dell’economia sociale e le start-up, al fine di sviluppare tecnologie, nonché gli aiuti a imprese innovative di grandi dimensioni, affinché collaborino con i soggetti dell’economia sociale, se sono PMI, possono essere istituiti e concessi in base all’articolo 29 del regolamento (UE) n. 651/2014 e agli articoli da 25 a 28.

L’intensità di aiuto non supera il 15% dei costi ammissibili per le grandi imprese e il 5 % dei costi ammissibili per le PMI.

Aiuti per la transizione verde

Infine, per favorire la transizione verde delle imprese dell’economia sociale, un ente pubblico può istituire e concedere aiuti agli investimenti per la tutela dell’ambiente, compresa la decarbonizzazione, utilizzando gli schemi dell’articolo 36 del regolamento (UE) n. 651/2014. L’intensità di aiuto non supera il 40% dei costi ammissibili ma può essere aumentata del 20% per le piccole imprese e del 10% per le medie imprese. Si tratta di un tema particolarmente rilevante in questo periodo, anche per i soggetti dell’economia sociale, considerata anche la transizione del sistema finanziario europeo verso la finanza sostenibile, per la quale rinvio a un mio precedente articolo: nel 2022, assieme ai portatori di interesse, la Commissione europea ha elaborato specifiche linee guida intitolate “Percorso di transizione per la prossimità e l’economia sociale“, che è uno degli ecosistemi industriali riconosciuti dall’Unione europea.

 

ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:

Aiuti in regime de minimis (regolamento generale):

 Aiuti in regime di esenzione per categoria (regolamento generale):

  • Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato, pubblicato in GU UE L 187 del 26.6.2014 – Testo consolidato

Aggiornamenti successivi e articoli collegati

Per approfondire o seguire l’evoluzione della politica dell’Unione europea per l’economia sociale, si possono consultare i seguenti articoli collegati pubblicati su Fare l’Europa:
29 dicembre 2023Economia sociale e norme UE sui servizi di interesse economico generale
15 dicembre 2023Economia sociale e accesso al mercato degli appalti pubblici
8 dicembre 2023Raccomandazione UE 2023 sullo sviluppo dell’economia sociale
13 ottobre 2023ECBA: la proposta 2023 di una struttura giuridica per le associazioni Non Profit in Europa