La gestione delle risorse finanziarie dell’Unione europea costituisce da sempre un terreno delicato, che diviene ancora più rilevante e controverso con l’attuazione del Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF), che finanzia i Programmi nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) per rispondere agli effetti devastanti della pandemia di COVID-19 e rilanciare l’economia europea.

È opportuno ricordare che il RRF, istituito con il Regolamento UE 2021/241, rappresenta un finanziamento basato sulle performance, cioè subordinato al conseguimento di precisi traguardi e obiettivi e non direttamente legato alle singole spese sostenute dagli Stati membri.

La Corte dei conti  europea ha recentemente pubblicato una nuova Relazione speciale (n. 09/2025) che pone sotto esame i sistemi di controllo predisposti dalla Commissione europea e dagli Stati membri per garantire che le spese effettuate nell’ambito del PNRR siano pienamente conformi alle rigide normative europee sugli appalti pubblici e sugli aiuti di Stato.

Le critiche precedenti della Corte dei conti europea

Questa Relazione speciale si inserisce in un quadro più ampio di critiche che la Corte ha mosso in diverse occasioni alla gestione dei fondi RRF da parte della Commissione europea. Ad esempio, nella Relazione speciale 22/2024, la Corte aveva già rilevato il rischio significativo di doppio finanziamento, cioè il possibile sovrapporsi di interventi finanziati con risorse UE e risorse nazionali, con conseguenti inefficienze e sprechi. Un’altra critica forte è contenuta nella Relazione speciale 13/2024, dove la Corte sottolineava come l’assorbimento dei fondi stesse procedendo lentamente, mettendo a serio rischio la realizzazione tempestiva degli obiettivi del Dispositivo. La Relazione speciale 26/2023, inoltre, aveva evidenziato gravi lacune nel monitoraggio della performance, mettendo in dubbio la capacità di valutare con precisione e trasparenza l’efficacia degli interventi realizzati.

Questi continui richiami della Corte dei conti europea non sono casuali: evidenziano una fragilità strutturale che riguarda l’intera governance finanziaria dell’UE, ben al di là dello specifico strumento del PNRR.

Significativo, ad esempio, è il riferimento alla Relazione speciale 28/2023 sulla concorrenza negli appalti pubblici, in cui la Corte evidenziava criticità ormai endemiche e una generale riduzione della concorrenza negli appalti europei nell’ultimo decennio.

La valutazione della Corte sui sistemi di controllo

Nel documento appena pubblicato, la Corte dei conti europea riconosce alcuni progressi nella strategia di controllo della Commissione europea, ma li definisce insufficienti. Nella fase iniziale, in particolare, secondo la Corte, la Commissione non ha fornito linee guida chiare e dettagliate agli Stati membri circa i controlli necessari sugli appalti pubblici e sugli aiuti di Stato. Di conseguenza, i sistemi di controllo nazionali sono risultati molto eterogenei e, in alcuni casi, chiaramente carenti. La Corte evidenzia inoltre che la Commissione ha tardato troppo nell’intensificare le proprie attività di verifica diretta, lasciando così spazio a potenziali irregolarità e inefficienze.

I sistemi di controllo negli Stati membri: frammentazione e criticità

Entrando nel dettaglio, la Corte ha analizzato approfonditamente cinque Stati membri campione (Croazia, Repubblica Ceca, Francia, Italia e Spagna), rilevando significative differenze nelle modalità di attuazione dei controlli. Alcuni Stati, come Francia e Spagna, si sono affidati principalmente a sistemi nazionali preesistenti, mentre altri come Italia e Repubblica Ceca hanno adottato approcci ibridi, combinando metodi nazionali con meccanismi specifici per il PNRR. Tale frammentazione ha portato inevitabilmente a una mancanza di uniformità e, spesso, di efficacia nei controlli.

In particolare, la Corte rileva che l’Italia e la Repubblica Ceca, pur adottando approcci ibridi, non sempre hanno garantito una documentazione adeguata dei controlli svolti, mentre la Francia, affidandosi quasi esclusivamente ai propri sistemi nazionali preesistenti, ha talvolta trascurato la verifica puntuale degli aspetti legati agli aiuti di Stato.

Il caso specifico italiano: limiti e correttivi

Un approfondimento specifico merita la situazione italiana: la Corte dei conti europea evidenzia come l’Italia abbia optato per un sistema di controllo “ibrido”, combinando procedure nazionali preesistenti con nuovi strumenti creati appositamente per il PNRR. Tuttavia, tale approccio ha comportato problemi di frammentazione e una documentazione iniziale insufficiente, con il rischio concreto di ridurre la trasparenza e l’efficacia dei controlli effettuati. D’altra parte, occorre rilevare che l’Italia ha manifestato la capacità di reagire tempestivamente, adottando dal 2023 misure correttive significative e rafforzando il coordinamento tra i diversi livelli amministrativi coinvolti.

Sistema di controllo ibrido e frammentato

La Corte dei conti europea sottolinea che l’Italia ha adottato un approccio definito “ibrido”, combinando i sistemi nazionali già esistenti con nuove procedure specifiche create ad hoc per il PNRR. Questo approccio, pur avendo teoricamente il vantaggio della flessibilità, ha determinato nella pratica una certa frammentazione dei controlli, con conseguente rischio di inefficienze operative e mancanza di omogeneità nelle procedure di verifica.

Debolezze nella documentazione e nella tracciabilità dei controlli

Viene rilevato in particolare che, nella fase iniziale di implementazione, la documentazione fornita dai sistemi italiani di controllo è apparsa insufficiente o incompleta per garantire una piena tracciabilità e trasparenza delle verifiche effettuate. Questo punto costituisce una criticità significativa, soprattutto se si considera l’importanza che la Corte attribuisce proprio alla documentazione accurata e completa per prevenire irregolarità.

Ritardi nelle verifiche su appalti pubblici e aiuti di Stato

La relazione evidenzia inoltre come l’Italia abbia mostrato ritardi nell’effettuare le necessarie verifiche preventive, soprattutto in relazione agli aiuti di Stato, effettuando controlli solo successivamente all’erogazione dei fondi o in prossimità delle richieste di pagamento alla Commissione. Questa modalità è considerata rischiosa, poiché aumenta le possibilità di irregolarità e riduce le possibilità di intervento correttivo tempestivo.

Elementi positivi emersi dalla gestione italiana

Tuttavia, è importante evidenziare anche alcuni elementi positivi riscontrati dalla relazione della Corte:

  • sforzi di coordinamento istituzionale: nonostante le difficoltà iniziali, la Corte riconosce che l’Italia ha avviato un serio impegno di coordinamento tra istituzioni centrali e amministrazioni locali, nel tentativo di armonizzare le procedure e migliorare l’efficacia dei controlli;
  • introduzione di misure correttive: a partire dal 2023, sono state implementate misure correttive volte a migliorare progressivamente la qualità e la tempestività dei controlli, dimostrando una certa capacità di apprendimento e reazione alle criticità rilevate.

La posizione della Commissione europea e le sue giustificazioni

La Commissione europea, dal canto suo, nel rispondere a tali critiche, ribadisce il modello specifico su cui è basato il PNRR: un sistema “performance-based”, in cui le risorse finanziarie vengono erogate agli Stati membri solo al raggiungimento di determinati traguardi e obiettivi prefissati, e non sulla base della rendicontazione puntuale delle singole spese. In altre parole, sostiene la Commissione, la responsabilità principale di verificare la regolarità e la conformità delle spese rimane in capo agli Stati membri, che possono utilizzare legittimamente i propri sistemi nazionali di controllo. La Commissione europea interviene direttamente solo in presenza di “gravi irregolarità” non sanate o “gravi violazioni” degli accordi di finanziamento.

La Commissione europea sottolinea, inoltre, che a partire dal 2023 ha aggiornato significativamente le proprie strategie di audit, adottando checklist più dettagliate e incrementando sistematicamente la portata delle verifiche, nel tentativo di rispondere alle osservazioni critiche avanzate dalla Corte.

Questa giustificazione, tuttavia, non dissipa completamente le preoccupazioni della Corte, che continua a interrogarsi sulla reale adeguatezza di un simile sistema di controlli in un contesto di gestione finanziaria così complesso e rilevante. Inoltre, la Corte sottolinea che la Commissione non avrebbe sufficientemente preso in considerazione le specificità dei controlli relativi agli appalti pubblici e agli aiuti di Stato già nella fase iniziale del processo di approvazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza.

La posta in gioco: credibilità e fiducia nell’Unione europea

La posta in gioco, infatti, è altissima: non si tratta soltanto di rispettare formalmente le norme tecniche, ma soprattutto di salvaguardare la credibilità complessiva del dispositivo di ripresa europeo e, più in generale, la fiducia dei cittadini nell’Unione europea. Un insuccesso in questo senso potrebbe tradursi in un pericoloso indebolimento della solidarietà europea e della fiducia nelle istituzioni comuni.

Conclusioni e raccomandazioni per il futuro

L’importanza delle risorse messe in gioco dal PNRR, unitamente alle sfide economiche e sociali che l’Europa si trova ad affrontare, impone necessariamente una riflessione approfondita sulle modalità con cui tali risorse vengono gestite, controllate e rendicontate. La Corte dei conti europea ha svolto il suo ruolo di “guardiano” finanziario, mettendo in luce criticità che non possono essere ignorate.

Per il futuro, dunque, appare imprescindibile un intervento deciso da parte della Commissione europea e degli Stati membri per rafforzare concretamente i sistemi di controllo, aumentarne la trasparenza, e assicurare che ogni singolo euro stanziato dal PNRR contribuisca effettivamente e senza ambiguità alla ripresa e alla resilienza del continente europeo. La lezione da apprendere, ancora una volta, è che l’efficacia delle politiche pubbliche europee passa necessariamente attraverso la solidità e la credibilità del loro sistema di governance finanziaria.

L’analisi delle diverse relazioni della Corte dei conti europea evidenzia un tema ricorrente: la necessità di trovare un equilibrio efficace tra flessibilità operativa degli Stati membri e rigore nei controlli dell’Unione europea. È evidente che per affrontare con successo questa sfida è fondamentale potenziare le capacità amministrative e tecniche degli Stati, affinché possano adempiere pienamente alle loro responsabilità di controllo.

Infatti, un aspetto cruciale evidenziato indirettamente dalla Relazione speciale n. 09/2025 riguarda proprio la capacità amministrativa degli Stati membri dell’UE, un fattore determinante per il successo o il fallimento dei programmi finanziati dall’Unione. La diversità riscontrata nei sistemi di controllo adottati dai vari paesi, se da un lato indica una problematica frammentazione, dall’altro mette in luce la necessità urgente di rafforzare e armonizzare le competenze tecniche e amministrative delle istituzioni nazionali.

In sostanza, una buona gestione dei fondi europei dipende in larga misura dalla solidità delle amministrazioni pubbliche nazionali, dalla loro capacità di pianificare, monitorare e valutare gli interventi, e dalla loro capacità di applicare in modo efficace e tempestivo le normative europee, soprattutto in settori complessi come gli appalti pubblici e gli aiuti di Stato.

Anche se la Relazione speciale n. 09/2025 ha evidenziato prevalentemente criticità, emergono implicitamente alcune best practices e casi di gestione virtuosa:

  • approccio preventivo e trasparente (esempio della Croazia): la Croazia ha introdotto misure preventive specifiche già nelle prime fasi di implementazione del PNRR, realizzando attività di audit preventivo e predisponendo documentazioni dettagliate per ogni intervento finanziato, facilitando così le attività di verifica successive. Questo approccio preventivo si configura come buona prassi in grado di ridurre significativamente i rischi di irregolarità successive;
  • Audit sistematici e sostanziali (esempio della Repubblica Ceca): nonostante alcuni limiti rilevati dalla Corte, la Repubblica Ceca ha adottato un modello di audit sistematico e combinato (sistemi e controlli sostanziali), che permette un monitoraggio continuo e accurato delle operazioni finanziate dal PNRR. Tale approccio rappresenta un esempio di buona pratica, utile soprattutto per interventi di ampia scala e complessità.
  • Uso efficace di sistemi nazionali consolidati (esempio della Francia): la Francia, pur avendo avuto lacune specifiche nella verifica degli aiuti di Stato, dimostra come l’utilizzo efficace di sistemi nazionali consolidati e già ben rodati possa rappresentare un vantaggio competitivo. La best practice, in questo caso, consiste nel rafforzamento mirato di tali sistemi attraverso una integrazione più puntuale delle normative europee.

Queste buone pratiche, se diffuse e applicate in modo più uniforme e sistematico, potrebbero rappresentare un punto di partenza per una strategia europea di potenziamento della capacità amministrativa nazionale. Un piano mirato dell’Unione europea, volto a migliorare le competenze tecniche, amministrative e giuridiche dei funzionari nazionali, potrebbe risultare determinante per assicurare una gestione più efficiente, trasparente e credibile dei fondi europei, non solo del PNRR, ma di tutte le politiche di finanziamento comunitario.

La sfida, dunque, non riguarda solo la corretta allocazione delle risorse finanziarie, ma anche e soprattutto la creazione di sistemi amministrativi nazionali robusti e capaci di sostenere nel tempo la realizzazione concreta degli obiettivi strategici dell’Unione europea.

In definitiva, il successo del PNRR dipende da una sinergia virtuosa tra livello europeo e nazionale. Un dialogo costante, una governance chiara e una collaborazione attiva tra Commissione europea e Stati membri sono condizioni imprescindibili per raggiungere gli obiettivi ambiziosi di questo storico piano di ripresa.

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