Premessa: la morte del Pontefice nel giorno del compimento della Pasqua e della nascita di Roma

Il 21 aprile 2025, alle ore 07:35, si è spento Papa Francesco. La notizia della sua morte ha colpito il mondo intero, non solo per il peso spirituale e umano del Pontefice, ma anche per la straordinaria coincidenza simbolica: il giorno della sua scomparsa è al contempo il lunedì dell’Ottava di Pasqua – la Pasquetta – e il Natale di Roma, che celebra la fondazione della Città Eterna nel 753 a.C., giunta oggi al suo 2778° anniversario.

Papa Francesco, Vescovo di Roma e figura universale, si è congedato dalla storia nel giorno in cui la cristianità celebra la Risurrezione e Roma celebra la propria nascita. Un segno che pare intrecciare le radici storiche e spirituali dell’Occidente, ricordando quanto il suo pontificato abbia cercato costantemente di ricucire ciò che è stato diviso: religione e politica, oriente e occidente, giustizia e mercato, individuo e comunità.

Come cristiano e cittadino europeo, sento il dovere di riconoscere nel magistero di Papa Francesco una guida non solo morale e intellettuale, ma profondamente spirituale: una bussola per attraversare tempi incerti, senza perdere la speranza e la direzione.

Un’Europa da ricostruire: la visione profetica di Francesco

Nel pieno di un’epoca segnata da guerre in Europa e nel Vicino Oriente, da nuove tensioni Est-Ovest, dal rischio di un ripiegamento sovranista e dal riaffiorare di vecchi nazionalismi, Papa Francesco ha costantemente indirizzato il suo magistero verso una nuova visione dell’Europa: non quella dei trattati tecnocratici, ma quella dei popoli e delle coscienze.

Ha ricordato che l’unità europea è una scelta morale e storica, non un fatto acquisito. Una realtà fragile, che richiede impegno quotidiano, radici profonde, e uno sguardo solidale verso il mondo.

Un’epoca minacciata dai fantasmi del passato

L’Europa del XXI secolo, pur profondamente cambiata, non è immune dai fantasmi del proprio passato. L’ascesa di nuovi nazionalismi, lo sfilacciarsi del multilateralismo e il risorgere di visioni sovraniste – spesso alimentate dalla paura e dall’isolazionismo – riportano alla mente le dinamiche che condussero alle due guerre mondiali.

Papa Francesco ha messo in guardia contro questa deriva, ricordando che la pace non si costruisce con le armi, ma con la solidarietà tra i popoli, la memoria condivisa e il coraggio di una vera unità nella diversità.

Il progetto europeo, nato come risposta alle tragedie del Novecento, è chiamato oggi a riaffermarsi come antidoto morale e politico a ogni chiusura identitaria.

Europa: una vocazione alla solidarietà

Nella lettera al Cardinale Parolin (2020), il Pontefice ha scritto con chiarezza: “Europa, ritrova te stessa!”. Non si tratta di nostalgia identitaria, ma di riscoperta delle radici cristiane, umanistiche e giuridiche del continente. La sua visione è quella di un’Europa plasmata dall’incontro tra fede, ragione e diritto, capace di superare le logiche esclusivamente economiche per tornare a essere uno spazio di solidarietà operativa e promozione della dignità umana.

Strasburgo: l’“Europa nonna” e la speranza da ritrovare

Nel 2014, al Parlamento Europeo, Papa Francesco parlò di un’“Europa nonna, stanca e invecchiata”, ma non lo fece per condannare. Al contrario, fu un appello accorato alla rinascita morale del continente, attraverso la centralità della persona umana, dei giovani, dei poveri e degli esclusi. L’Europa potrà tornare a essere giovane — sosteneva — solo se capace di generare futuro, non solo benessere.

Unione nella diversità: il sogno dei Trattati di Roma

Nel 2017, incontrando i Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea per il 60° anniversario dei Trattati di Roma, Papa Francesco riaffermò che unità non significa uniformità, ma armonia delle differenze. Un’idea di Europa fondata sulla coesione tra popoli e culture, sulla pace come compito quotidiano e sulla corresponsabilità tra le istituzioni.

Fraternità universale: l’enciclica Fratelli tutti

Nel documento programmatico del suo pontificato, Fratelli tutti (2020), Francesco propone una visione dell’umanità come una sola famiglia, dove i popoli non si chiudono nelle identità, ma si aprono al dialogo e alla cooperazione. In questa visione, l’Europa ha un compito esemplare: essere ponte tra civiltà, laboratorio di integrazione, custode dei diritti umani universali.

È un’eco della preghiera di Cristo stesso, che domandava al Padre: “ut unum sint” — perché siano una cosa sola (Gv 17,21). Un’esortazione che oggi interpella l’Europa a vivere la fraternità non come teoria, ma come stile di vita e progetto politico.

Un’eredità che interpella il futuro dell’Europa

Il messaggio di Papa Francesco non si limita alla sfera religiosa. È una proposta politica nel senso più alto e nobile del termine: quella di un’Europa che non teme la sua storia, ma la assume come responsabilità verso le generazioni future. Che si libera della paura e costruisce ponti, non muri.

In un mondo che si polarizza, Francesco ha indicato all’Europa la via del “noi”, dell’incontro, della speranza attiva. È questo, forse, il suo dono più grande al nostro continente: la chiamata a non dimenticare la propria anima, perché senza anima non c’è futuro.

Il dono più grande di Papa Francesco all’Europa non è solo politico o culturale, ma spirituale: ci ha ricordato che l’unità non nasce dalla forza, ma dalla fede nella dignità dell’altro. Perché solo se l’Europa riscopre la sua anima, potrà tornare a essere luce per il mondo.

ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE: