A seguito della pandemia di COVID-19, il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF) è stato istituito dall’Unione europea con l’obiettivo di finanziare riforme e investimenti necessari per rafforzare le economie europee, attraverso i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR). Ho già dedicato al tema diversi articoli del blog, ai quali rinvio.

Tuttavia, a metà del percorso di attuazione, emergono preoccupazioni significative sui ritardi nell’assorbimento dei fondi, come evidenzia la Corte dei Conti europea in una recente relazione speciale e le risposte fornite dalla Commissione europea.

L’assorbimento dei fondi dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta, quindi, una delle principali sfide per gli Stati membri dell’Unione europea nei prossimi due anni.

La recente Relazione speciale 13/2024, presentata il 2 settembre scorso dalla Corte dei Conti europea, analizza questi problemi, mentre le risposte della Commissione europea ne offrono una visione complementare.

 

Il quadro delineato dalla Corte dei Conti europea

La Relazione speciale evidenzia che l’assorbimento dei fondi del RRF sta procedendo con ritardi preoccupanti, mettendo a rischio il completamento delle misure previste entro il 31 agosto 2026.

La Corte dei Conti ha sottolineato che l’erogazione dei fondi, sebbene inizialmente facilitata dai prefinanziamenti, ha subito ritardi rilevanti. A fine 2023, la Commissione europea aveva erogato circa 213 miliardi di euro, di cui 56,5 miliardi sotto forma di prefinanziamenti. Tuttavia, solo 228 miliardi erano stati richiesti dagli Stati membri, rispetto ai 273 miliardi previsti secondo i rispettivi accordi operativi.

Questo divario evidenzia il fatto che, nonostante il prefinanziamento, una parte significativa dei fondi non è ancora stata utilizzata pienamente. Sette Stati membri, infatti, non hanno ancora ricevuto fondi per il conseguimento soddisfacente dei traguardi e degli obiettivi del RRF.

Tra le cause principali di questi ritardi, la Corte individua vari fattori esterni, come l’inflazione e le difficoltà nelle catene di approvvigionamento, che hanno influenzato negativamente la capacità degli Stati membri di attuare le misure necessari.

Inoltre, la capacità amministrativa inadeguata e le incertezze riguardanti norme specifiche, come il principio del “non arrecare un danno significativo” (DNSH), hanno ulteriormente ostacolato il processo.

Un aspetto cruciale sollevato dalla Corte è che, nonostante l’erogazione iniziale dei fondi attraverso il prefinanziamento, molti Stati membri non hanno ancora trasferito questi fondi ai destinatari finali (a ottobre 2023 solo il 50% dei fondi RRF risultavano erogati ai destinatari finali). La stessa definizione di “destinatario finale” varia tra i Paesi, creando incertezze sull’effettivo utilizzo dei fondi.

Inoltre, il rapporto della Corte sottolinea che un numero significativo di traguardi (Milestone) e obiettivi (Target) da raggiungere è ancora in sospeso.

Il rischio maggiore, secondo la Corte, è che il carico di lavoro legato all’attuazione degli investimenti si concentri verso la fine del periodo di attuazione, rendendo più difficile il completamento delle misure entro la scadenza del 31 agosto 2026.

 

La situazione dell’Italia

Dalla relazione della Corte dei Conti europea emerge che l’Italia ha fatto progressi, ma presenta ancora delle criticità nell’assorbimento dei fondi del PNRR.

Alla fine del 2023, l’Italia aveva richiesto e ricevuto una parte significativa dei fondi RRF, con una percentuale di traguardi e obiettivi conseguiti intorno al 34% rispetto alla somma totale. Tuttavia, come per altri Stati membri, l’assorbimento è stato ostacolato da ritardi e difficoltà amministrative, tra cui:

  • inflazione e carenze di approvvigionamento, che hanno rallentato l’esecuzione dei progetti;
  • incertezze normative, specialmente relative all’applicazione del principio “DNSH – non arrecare un danno significativo”;
  • sottovalutazione del tempo necessario per la realizzazione di progetti infrastrutturali complessi.

La Corte segnala che, come per altri paesi, il completamento delle misure in Italia entro la scadenza del 2026 è a rischio. Il paese dovrà gestire una parte significativa delle sue misure verso la fine del periodo di attuazione, il che rende il rispetto delle scadenze particolarmente sfidante.

In conclusione, secondo la Corte, l’Italia sta avanzando, ma resta ancora molto da fare per garantire che i fondi siano assorbiti e utilizzati in modo efficace entro i termini previsti.

Le risposte della Commissione europea

In risposta alle osservazioni della Corte, la Commissione europea riconosce la lentezza dei progressi, ma sottolinea, innanzitutto, che il suo ruolo si limita alla supervisione dell’attuazione. La responsabilità finale per l’attuazione delle misure, infatti, spetta agli Stati membri.

La Commissione ha intrapreso azioni per agevolare l’assorbimento dei fondi, come la pubblicazione di orientamenti tecnici e il mantenimento di un dialogo costante con gli Stati membri.

La Commissione osserva, infatti, che molte delle difficoltà derivano dall’innovativa natura del RRF, che ha richiesto la creazione di nuovi modelli e processi amministrativi.

Al 31 dicembre 2023, comunque, la Commissione aveva già ridotto l’importo definitivo del sostegno finanziario non rimborsabile e dei prestiti a favore degli Stati membri a 648 miliardi di euro, rispetto ai 723 miliardi inizialmente previsti. Questo cambiamento ha riflesso una revisione della disponibilità dei fondi in base agli effettivi impegni degli Stati membri.

Tuttavia, resta ancora da vedere se tali misure avranno l’impatto sperato.

Divergenze tra Corte dei Conti e Commissione sul recupero dei fondi

La Corte dei Conti europea, nella sua relazione, ha evidenziato un rischio significativo legato alla modalità di erogazione dei fondi del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF). La Corte ha sottolineato che, sebbene l’erogazione dei fondi sia vincolata al conseguimento di traguardi e obiettivi, non vi è un meccanismo che garantisca il recupero dei fondi nel caso in cui le misure pianificate non siano effettivamente completate.

In sostanza, la Corte dei Conti teme che gli Stati membri possano ricevere fondi per misure iniziate ma non necessariamente portate a termine. Di conseguenza, esiste il rischio che i fondi europei vengano erogati senza un’adeguata garanzia che gli obiettivi finali (spesso i più complessi) vengano effettivamente raggiunti. A tal fine, la Corte ha raccomandato di implementare un meccanismo di recupero dei fondi per le misure non completate, al fine di tutelare le risorse finanziarie dell’Unione.

La Commissione europea, tuttavia, non ha accolto questa raccomandazione della Corte.

La ragione principale è che il Regolamento RRF è già strutturato in modo tale che i fondi siano erogati sulla base dei progressi compiuti, piuttosto che sul completamento totale delle misure.

Ciò significa che ogni Stato membro riceve i pagamenti gradualmente, in funzione del raggiungimento di traguardi specifici e intermedi, senza aspettare il completamento definitivo dell’intera misura o progetto.

Secondo la Commissione, questo approccio basato sui progressi (progress-based approach) offre già sufficienti garanzie.

Se uno Stato membro non raggiunge un traguardo o obiettivo, la Commissione ha il potere di sospendere i pagamenti o ridurre il finanziamento.

Tuttavia, una volta che un traguardo è stato considerato “raggiunto”, i fondi associati a quel traguardo vengono erogati in via definitiva, senza possibilità di essere recuperati in seguito, anche se le misure correlate non vengono completate. Questo approccio è stato progettato per premiare i progressi misurabili, anche parziali, incentivando così una realizzazione progressiva delle riforme.

Questa scelta di non introdurre un sistema di recupero dei fondi per le misure non completate solleva alcune preoccupazioni. La Corte dei Conti, ad esempio, ha osservato che esiste un rischio intrinseco in questa impostazione: se uno Stato membro raggiunge alcuni traguardi intermedi ma non porta a termine la misura complessiva, potrebbe comunque ricevere la maggior parte dei fondi, lasciando incompiuti progetti chiave e senza la possibilità di recuperare i fondi già erogati.

La Commissione, invece, ritiene che l’approccio basato sui traguardi e obiettivi consenta una maggiore flessibilità, permettendo agli Stati membri di ricevere finanziamenti per misure parzialmente realizzate. La Commissione ha anche osservato che alcuni investimenti o riforme potrebbero richiedere tempi più lunghi del previsto, a causa di fattori esterni come inflazione, crisi economiche o cambiamenti legislativi, e non vuole penalizzare gli Stati membri per ritardi che potrebbero non dipendere esclusivamente dalla loro gestione.

Questa divergenza di vedute tra la Corte e la Commissione riflette una tensione intrinseca tra la necessità di garantire il completamento delle misure e quella di evitare di penalizzare eccessivamente gli Stati membri per eventuali difficoltà operative, creando così un sistema che può rispondere meglio alle mutevoli circostanze economiche e sociali.

Sfide e prospettive per il futuro

Guardando al futuro, emergono numerose sfide per gli Stati membri e la Commissione. La concentrazione dei traguardi e degli obiettivi verso la fine del periodo di attuazione rischia di creare un collo di bottiglia. La Corte dei Conti segnala che il passaggio dalle riforme iniziali agli investimenti potrebbe accentuare ulteriormente i ritardi.

La Commissione, da parte sua, si è impegnata a fornire un supporto costante agli Stati membri, sia attraverso orientamenti scritti, sia mediante il dialogo bilaterale, per affrontare le incertezze rimanenti. Tuttavia, la sfida principale rimane quella di garantire che i fondi arrivino effettivamente ai destinatari finali e che gli investimenti siano attuati in tempo utile.

Un altro aspetto cruciale riguarda la capacità degli Stati membri di monitorare sistematicamente i progressi e di correggere eventuali ritardi. Alcuni Stati membri hanno già adottato misure per migliorare la propria capacità amministrativa, ma le carenze di personale e l’inefficacia di alcuni sistemi informatici di monitoraggio rappresentano ulteriori ostacoli da superare.

Conclusioni

Il confronto tra la relazione della Corte dei Conti europea e le risposte della Commissione europea offre una visione chiara delle difficoltà che stanno ostacolando l’assorbimento dei fondi del RRF. Sebbene entrambe le Istituzioni riconoscano le sfide, il successo del PNRR dipenderà in gran parte dalla capacità degli Stati membri di affrontare le difficoltà amministrative e implementare le riforme e gli investimenti necessari.

Guardando avanti, è essenziale che la Commissione e gli Stati membri lavorino in stretta collaborazione per superare questi ostacoli, garantendo che i fondi vengano utilizzati in modo efficace per stimolare una ripresa economica sostenibile e inclusiva.

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ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:

Corte dei Conti dell’Unione europea, Relazione speciale 13/2024: Assorbimento dei fondi del dispositivo per la ripresa e la resilienza – Progressi a rilento: rimangono a rischio il completamento delle misure e, quindi, il conseguimento degli obiettivi del dispositivo stesso, 2 settembre 2024

Commissione europea, Risposte della Commissione europea alla Relazione speciale 13/2024, 2 settembre 2024