🇪🇺 Punti chiave

  • La nuova strategia europea per un’Unione delle competenze [COM(2025) 90] aggiorna il quadro delle competenze chiave del 2018.
  • Sfida principale: l’Europa non forma abbastanza persone qualificate e registra cali preoccupanti nelle competenze di base (dati PISA 2022).
  • Tre ostacoli: frammentazione della governance, scarsa previsione dei fabbisogni, limiti dell’azione nazionale.
  • Obiettivi strategici: pari opportunità per tutti, competitività delle imprese, trasparenza e riconoscimento delle competenze.
  • Azioni chiave: piano per le competenze di base, strategia STEM, istruzione digitale ed EdTech, microcredenziali, conti individuali di apprendimento.
  • Mobilità e mercato unico: diploma europeo, riconoscimento automatico, alleanze universitarie e scolastiche transnazionali.
  • Attrazione talenti: Bacino UE dei talenti, obiettivo 350.000 studenti extra-UE/anno, nuova strategia sui visti e programmi train-to-hire.
  • Governance: osservatorio UE sulle competenze, comitato ad alto livello, integrazione nel semestre europeo.

⤷ Analisi completa della strategia UE sulle competenze nell’articolo che segue.

Introduzione

Nel 2018, la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea ha definito otto competenze chiave per l’apprendimento permanente, diventate il riferimento per i sistemi educativi europei: rinvio a un mio precedente articolo per approfondimenti.
A distanza di sette anni, il contesto sociale, tecnologico e ambientale è profondamente cambiato. Nel 2025, nuove iniziative e framework europei aggiornano e arricchiscono il quadro delle competenze, offrendo agli insegnanti e ai formatori strumenti più completi per accompagnare gli studenti nella cittadinanza attiva, nel lavoro e nella vita.
Questo articolo analizza in modo approfondito le fonti più recenti e propone una lettura integrata dei nuovi riferimenti europei, a partire dalla nuova strategia denominata l’Unione delle competenze, che la Commissione europea ha presentato il 5 marzo 2025, assieme al Piano d’azione sulle competenze di base e Piano strategico per l’istruzione STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics – Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica.
 

La fotografia delle competenze in Europa

L’analisi della Commissione europea mette in luce una realtà preoccupante: l’Europa non forma abbastanza persone qualificate, né offre sufficienti opportunità di aggiornamento e riqualificazione durante la vita lavorativa.
Competenze di base e scuola
I dati PISA 2022 mostrano un peggioramento delle competenze di base nei quindicenni europei, soprattutto in matematica, lettura e scienze. Quasi la metà dei giovani non possiede competenze digitali elementari, nonostante queste siano ormai indispensabili. La Commissione europea ha condotto una valutazione approfondita sui risultati dell’ultima indagine PISA che offre numerosi spunti di riflessione.
Istruzione e formazione professionale (IFP)
Tradizionalmente considerata una via di accesso a lavori stabili e qualificati, l’IFP oggi fatica a rispondere alla domanda crescente di competenze verdi e digitali, indispensabili nei settori emergenti.
Istruzione superiore
La domanda di professioni altamente qualificate è destinata a crescere: entro il 2035 oltre la metà dei nuovi posti di lavoro richiederà titoli terziari. Tuttavia, l’Europa non produce abbastanza laureati, con il rischio di rallentare la competitività globale.

Apprendimento degli adulti

Il quadro è altrettanto critico: un adulto europeo su cinque ha difficoltà di alfabetizzazione e meno del 40% partecipa a percorsi di formazione, ben lontano dall’obiettivo del 60% previsto per il 2030 dal Piano di azione del Pilastro europeo dei diritti sociali. Anche qui, le competenze digitali restano carenti per quasi metà della popolazione adulta, nonostante siano richieste in oltre il 90% dei lavori.

Criticità trasversali

  • divario di genere: persistono squilibri nelle discipline STEM, con una netta sottorappresentanza femminile;
  • competenze imprenditoriali e finanziarie: deboli, limitano la capacità europea di creare start-up e stimolare innovazione;
  • attrattività globale dei talenti: l’UE attrae meno rispetto a Canada, USA o Australia e rischia la fuga dei cervelli verso Paesi più competitivi;
  • carenze settoriali e rischio di manodopera: i settori strategici, specie in tempi di crisi, soffrono di carenze di competenze difficili da colmare.

L’Europa si trova dunque davanti a un nodo cruciale: i suoi sistemi di istruzione e formazione non tengono il passo con le trasformazioni tecnologiche e con le nuove esigenze legate alla transizione verde e digitale. Questa consapevolezza è alla base della nuova iniziativa sull’Unione delle competenze.

Tre ostacoli da superare

La Commissione europea individua tre grandi nodi che frenano la costruzione di un vero sistema europeo delle competenze:
1. frammentazione della governance
Le politiche sulle competenze sono trasversali (istruzione, lavoro, economia, inclusione sociale), ma vengono gestite da ministeri e dipartimenti diversi, con priorità spesso divergenti. Anche i portatori di interesse – scuole, imprese, servizi per l’impiego, parti sociali, società civile – intervengono con approcci poco coordinati;
2. analisi insufficiente del fabbisogno di competenze
Mancano strumenti solidi e condivisi di previsione: senza dati attendibili e senza collaborazione tra agenzie specializzate è difficile allineare domanda e offerta future di competenze;
3. limiti dell’azione nazionale
Nonostante gli sforzi degli Stati membri, le sfide sono troppo grandi e urgenti per essere affrontate a livello nazionale. Serve un’accelerazione comune: solo l’UE può guidare la trasformazione necessaria per colmare carenze e disomogeneità.
Questi ostacoli spiegano perché l’Europa abbia bisogno di una strategia radicalmente nuova e ambiziosa. L’Unione delle competenze risponde a questa sfida proponendo:
un nuovo modello di cooperazione europea, con obiettivi chiari e condivisi;
azioni chiave mirate e misurabili;
risorse finanziarie dedicate, per sostenere concretamente i cambiamenti;
una governance più efficace, capace di superare frammentazioni e lentezze decisionali.

Gli obiettivi dell’Unione delle competenze

La nuova strategia europea si fonda su tre grandi obiettivi, che collegano direttamente le politiche educative con la coesione sociale e la competitività economica:
1. garantire pari opportunità per tutti
L’Unione delle competenze punta a rendere i sistemi di istruzione e formazione più inclusivi, assicurando che ogni cittadino europeo – a prescindere dal contesto sociale o territoriale – abbia accesso a un’istruzione di qualità, all’apprendimento permanente e a percorsi lavorativi stabili. Questo obiettivo comprende anche la capacità di affrontare transizioni (digitale, verde) e crisi future;
2. rafforzare la competitività delle imprese
In un mercato globale in rapida evoluzione, le imprese – soprattutto le piccole e medie – hanno bisogno di persone con competenze aggiornate. La strategia sostiene i datori di lavoro nel reperire e valorizzare i talenti necessari a garantire una crescita sostenibile, resiliente e generatrice di lavoro di qualità;
3. favorire la trasparenza e il riconoscimento delle competenze
L’Europa mira a creare un sistema in cui qualifiche e competenze siano trasparenti, affidabili e riconosciute ovunque nel mercato unico. In questo modo, le persone potranno esercitare pienamente il diritto alla mobilità, cogliendo opportunità di studio e lavoro in tutta l’Unione.

Azioni chiave dell’Unione delle competenze

Sono quattro i filoni di intervento della strategia europea:

a) Sviluppo delle competenze per la vita attraverso una solida base educativa
Il deterioramento delle competenze di base tra i giovani europei, confermato dai dati PISA 2022, rappresenta una minaccia per il futuro dell’Europa. Circa un terzo dei quindicenni non raggiunge il livello minimo in matematica, un quarto in lettura e scienze, mentre quasi la metà fatica con l’alfabetizzazione digitale. Permangono divari socioeconomici, territoriali e di genere, con maggiori rischi di abbandono scolastico tra ragazzi, studenti con disabilità e giovani con background migratorio.
Questa situazione rischia di lasciare l’Europa indietro nella corsa globale alle tecnologie avanzate, proprio mentre settori strategici – dall’IA alla cybersicurezza, dall’aerospaziale alla fusione – richiedono competenze STEM di alto livello. Eppure, il numero di dottorandi in scienze e ICT è in calo.
Per rispondere a queste sfide, la strategia propone un ampio pacchetto di azioni:
– un Piano d’azione per le competenze di base, per ridurre entro il 2030 al di sotto del 15% gli studenti con risultati insufficienti e aumentare almeno al 15% quelli con i risultati migliori;
– una tabella di marcia per l’istruzione digitale, che includa un’iniziativa sull’intelligenza artificiale a scuola e un ecosistema europeo EdTech indipendente;
– un piano strategico per le STEM, con obiettivi chiari di iscrizione, soprattutto per attrarre più ragazze e donne;
– una nuova agenda per insegnanti e formatori, per affrontare la carenza di docenti, migliorare la preparazione digitale e valorizzare l’innovazione didattica;
– una strategia europea per l’IFP, volta a rafforzarne l’eccellenza, combattere stereotipi e renderla competitiva quanto l’università;
– iniziative per un’istruzione superiore inclusiva, più accessibile a diverse fasce di età, e più legata all’imprenditorialità e agli ecosistemi innovativi.
In prospettiva, lo sviluppo delle competenze per la vita non riguarda solo alfabetizzazione e STEM, ma anche pensiero critico, cittadinanza, media literacy e resilienza democratica, valorizzando anche l’apprendimento non formale, la cultura, lo sport e il volontariato.

b) Riqualificazione e miglioramento del livello delle competenze per garantire competenze orientate al futuro
La rapidità delle trasformazioni economiche e tecnologiche impone di investire con decisione nella riqualificazione e nell’aggiornamento delle competenze. L’Europa deve affrontare gravi carenze di personale in settori chiave – dall’edilizia ai trasporti, dalla sanità alle professioni legate alla transizione verde e digitale – che rischiano di ampliarsi con l’IA, la robotica e i processi data-driven.
La partecipazione degli adulti all’apprendimento rimane troppo bassa: meno del 40% si forma ogni anno, ben lontano dall’obiettivo del 60% fissato per il 2030. I più svantaggiati, le donne e i gruppi vulnerabili partecipano ancora meno, mentre gli anziani e i luoghi di lavoro multigenerazionali restano una risorsa sottoutilizzata.
La Commissione propone un pacchetto di strumenti per cambiare passo:
conti individuali di apprendimento, per permettere a ciascun cittadino di accedere alla formazione necessaria in ogni fase della carriera;
– diffusione delle microcredenziali, flessibili e digitali, riconosciute a livello europeo e spendibili sul mercato del lavoro;
– sperimentazione della Garanzia per le competenze, che sostenga i lavoratori a rischio di disoccupazione o di riconversione;
– sostegno all’apprendimento comunitario e intergenerazionale, per motivare soprattutto gli adulti scarsamente qualificati;
– revisione delle regole sugli aiuti di Stato, così da incentivare le imprese a investire nella formazione.
Sul fronte dei partenariati, l’UE intende rafforzare il Patto per le competenze, con l’obiettivo di migliorare le capacità di almeno 25 milioni di lavoratori entro il 2030, creando sinergie tra università, centri di eccellenza, imprese e accademie europee. Particolare attenzione sarà rivolta ai settori strategici come IA, quantistica, semiconduttori e cibersicurezza, anche attraverso iniziative come i Cyber Campus.
Infine, sarà potenziata l’Alleanza europea per l’apprendistato, per ampliare le opportunità non solo ai giovani, ma anche agli adulti in fase di riqualificazione.


c) Garantire la circolazione e la distribuzione delle competenze per sfruttare appieno il potenziale del mercato unico
Il mercato unico europeo si fonda sulla libera circolazione delle persone e delle loro competenze. Esistono già strumenti importanti – dal Quadro europeo delle qualifiche a Europass, ESCO, EURES e il sistema di crediti del processo di Bologna – ma persistono barriere che ostacolano il riconoscimento automatico e la trasferibilità delle competenze tra Paesi e settori.
L’Unione delle competenze punta a rimuovere questi ostacoli, promuovendo mobilità equilibrata, riducendo la fuga dei cervelli e sostenendo le regioni più vulnerabili al declino demografico. Tra le azioni principali:
– una nuova iniziativa sulla trasferibilità delle competenze, che valuterà anche interventi legislativi per facilitare mobilità e riconoscimento nelle professioni regolamentate e non;
– lo sviluppo di formati digitali interoperabili per le credenziali, così da favorire fiducia e comparabilità;
– un quadro comune europeo per il riconoscimento automatico dei titoli e dei periodi di studio in tutti i settori educativi;
– la prospettiva di un diploma europeo (anche in versione IFP), capace di rafforzare i programmi congiunti e innovativi in ambiti strategici come IA, semiconduttori, quantistica e cibersicurezza.

Parallelamente, la Commissione intende promuovere una cooperazione transnazionale più strutturata:
status giuridico europeo per le alleanze universitarie e rafforzamento dei centri di eccellenza IFP;
– sperimentazione di alleanze tra scuole europee (dal 2026) per aumentare mobilità, innovazione didattica e insegnamento delle competenze di base;
– un Erasmus+ più inclusivo, esteso anche all’IFP e ai discenti con minori opportunità, così da garantire mobilità e crescita delle competenze a tutti i cittadini.


d) Attrarre e trattenere lavoratori qualificati provenienti da paesi terzi per far fronte alle carenze di competenze e sviluppare i migliori talenti in Europa
Il calo demografico ridurrà la popolazione europea in età lavorativa di circa un milione di persone l’anno fino al 2050. Anche con maggior inclusione e partecipazione interna, l’Europa non potrà colmare da sola le carenze di manodopera e di talenti nei settori strategici. Per questo l’Unione delle competenze mira a fare dell’UE un polo di attrazione globale per studenti, ricercatori e lavoratori altamente qualificati.
Gli obiettivi principali includono:
– l’istituzione di un Bacino dei talenti dell’UE, piattaforma per facilitare l’assunzione internazionale di professionisti da paesi terzi in settori a forte carenza;
– il rafforzamento delle opportunità per ricercatori, con il progetto MSCA “Choose Europe” e l’attuazione del nuovo quadro per le carriere della ricerca, per contrastare la fuga di cervelli e favorire il ritorno dei talenti europei all’estero;
– un target ambizioso: 350.000 studenti da paesi terzi ogni anno entro il 2030, sostenuti da Erasmus Mundus, Europa digitale e campagne come Study in Europe;
– una nuova strategia sui visti, che renda più semplice e rapido l’ingresso di studenti, ricercatori e lavoratori qualificati, accompagnata da misure di integrazione e ricongiungimento familiare;
– lo sviluppo di programmi “train to hire” e uffici comuni UE-Stati membri per formare e inserire lavoratori in settori critici (edilizia, assistenza, TIC, bioeconomia, agricoltura, turismo).

L’UE intende inoltre rafforzare la cooperazione internazionale in materia di istruzione e formazione, promuovendo partenariati vantaggiosi con i paesi partner e sostenendo la mobilità attraverso la strategia Global Gateway.
Attrarre e trattenere talenti non significa solo competitività economica: è anche una questione di inclusione, condizioni di lavoro e rispetto delle norme, per costruire un mercato unico equo e resiliente.

Mezzi finanziari dell’Unione delle competenze

L’Unione europea considera l’istruzione e le competenze un vero investimento strategico, non un costo. Investire nel capitale umano significa rafforzare l’occupabilità dei cittadini, la competitività delle imprese e la resilienza sociale ed economica dell’Europa.
Nel bilancio 2021-2027, l’UE destina risorse ingenti:

FSE+: 42 miliardi di euro per competenze e occupabilità;
Dispositivo per la ripresa e la resilienza: 67,7 miliardi di euro;
– Fondo europeo di sviluppo regionale: 8,7 miliardi di euro;
– Erasmus+: 26,1 miliardi di euro;
– Fondo per una transizione giusta: 2,3 miliardi di euro;
– InvestEU: oltre 1 miliardo di euro mobilitato.
 
Il livello di spesa di queste risorse sarà assicurato anche nel futuro quadro finanziario pluriennale 2028-2034.
Tuttavia, la Commissione sottolinea che il bilancio UE non basta: servono maggiori investimenti da parte degli Stati membri e del settore privato. Oggi, la spesa pubblica per l’istruzione rappresenta in media il 4,7% del PIL, mentre solo lo 0,1% è destinato all’apprendimento degli adulti: un livello insufficiente rispetto alle sfide.
Per potenziare le risorse, la strategia propone di:
– inaugurare la piattaforma EU Invest in Talent, in collaborazione con la BEI e banche nazionali, per combinare fondi UE e capitali privati;
– incoraggiare i governi a usare la nuova governance economica per includere investimenti in competenze nei piani di crescita;
– rafforzare il lavoro sugli investimenti sociali, migliorando la capacità di misurarne i benefici;
– promuovere la riqualificazione della forza lavoro anche tramite appalti pubblici mirati;
– valutare la qualità degli investimenti grazie a un laboratorio europeo per l’istruzione e la formazione di qualità.

In sintesi, l’UE vuole moltiplicare l’impatto delle risorse disponibili, mobilitando insieme fondi europei, bilanci nazionali e capitale privato, per trasformare le competenze in un motore di competitività, coesione e democrazia.

Nuova governance dell’Unione delle competenze

Per realizzare l’Unione delle competenze serve una governance solida, capace di coniugare ambizione comune e responsabilità condivisa tra UE, Stati membri e portatori di interesse. In un settore – l’istruzione e la formazione – dove le competenze restano in gran parte nazionali, l’UE opera secondo il metodo del coordinamento aperto, basato su orientamenti comuni e apprendimento reciproco.
La novità è che la strategia collegherà la dimensione delle competenze al nuovo meccanismo di orientamento sulla competitività, previsto dalla Bussola per la competitività. In questo modo, il capitale umano diventa un fattore strutturale della crescita europea, al pari di innovazione, energia o infrastrutture.
Tre i pilastri della nuova governance:

  • Osservatorio europeo sul fabbisogno di competenze: un punto unico per dati comparabili e aggiornati quasi in tempo reale, con allerte precoci su carenze settoriali e analisi coordinate con Eurostat, Cedefop, Eurofound e altri organismi;
  • Comitato europeo ad alto livello per le competenze: guidato dalla Commissione, riunirà imprese, parti sociali e istituzioni educative per fornire orientamenti rapidi e integrati alle politiche UE e nazionali;
  • Raccomandazione UE-27 su capitale umano e competenze: integrata nel semestre europeo, guiderà riforme e investimenti pubblici e privati, con particolare attenzione alla convergenza sociale e alla competitività.


L’obiettivo è costruire un processo decisionale più agile, basato su dati solidi, con una cooperazione più stretta tra i ministeri di istruzione, lavoro ed economia, e con il coinvolgimento diretto degli attori del mercato e della società civile.
In prospettiva, la governance dell’Unione delle competenze si intreccerà con quella dello spazio europeo dell’istruzione, per massimizzare sinergie e impatto.


 
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