Dal 1° dicembre 2025 il Regolamento UE 2023/2411 introduce una tutela unitaria delle indicazioni geografiche per prodotti artigianali e industriali.
Nel maggio del 2022, sulle pagine di questo blog, avevo dedicato un articolo alla proposta con cui la Commissione europea intendeva colmare una lacuna storica nel diritto dell’Unione: l’assenza di una protezione unitaria per le indicazioni geografiche dei prodotti artigianali e industriali. Il testo ricostruiva un percorso lungo e complesso, nel quale gli Stati membri avevano sviluppato regimi nazionali molto differenti, spesso privi di efficacia extraterritoriale, lasciando centinaia di produzioni europee – dalle ceramiche alla coltelleria, dal vetro artistico ai tessuti tradizionali – prive di una tutela armonizzata e riconosciuta nei mercati internazionali.
In quel contributo analizzavo la proposta COM(2022) 174 della Commissione europea, evidenziando come un regime unitario per le IG non agricole avrebbe risposto a tre esigenze di fondo: attribuire certezza giuridica a produttori e consumatori; valorizzare competenze e tradizioni radicate nei territori; rafforzare la capacità di contrastare la contraffazione, soprattutto nei canali online.
A distanza di oltre tre anni da quella proposta, e con un iter legislativo che ha confermato la centralità di questa materia nel quadro della politica industriale europea, quel progetto è diventato realtà. Con il Regolamento (UE) 2023/2411 – pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 27 ottobre 2023 e divenuto pienamente operativo a partire dal 1° dicembre 2025 – l’Unione europea dispone finalmente di un sistema unitario di protezione per le indicazioni geografiche dei prodotti artigianali e industriali, affidato alla gestione dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO).
Quello che segue è, quindi, un ritorno su quel primo articolo del 2022, ma è anche un’occasione per valutare il percorso compiuto e le potenzialità del nuovo regime, guardando non solo alla dimensione giuridica, ma anche alle implicazioni economiche, culturali e politiche che il Regolamento 2023/2411 porta con sé. In questa analisi propongo una lettura complessiva: dapprima il contesto che ha reso necessaria questa innovazione, poi una ricostruzione ragionata del contenuto del regolamento, quindi una riflessione sulle opportunità per il sistema produttivo europeo e, infine, una panoramica del nuovo registro dell’Unione, vero e proprio cuore operativo del sistema.
1. Contesto: perché l’Europa aveva bisogno di un regime unificato per le IG non agricole
La storia delle indicazioni geografiche in Europa è sempre stata profondamente legata al settore agricolo e alimentare. Dal 1992 in poi, l’Unione ha costruito uno dei sistemi di tutela più avanzati al mondo per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche dei prodotti agroalimentari, dei vini e delle bevande spiritose. Ma questo sviluppo ha lasciato fuori un universo altrettanto ricco di tradizioni, competenze e reputazioni: quello dei prodotti artigianali e industriali, che, pur non essendo alimentari, possiedono spesso una connessione altrettanto forte con i territori e con il loro patrimonio socio-culturale.
Nell’articolo del 2022 ricordavo come esistessero già esperienze nazionali, talvolta molto consolidate, di tutela delle IG non agricole – l’Italia, con gli articoli 29 e 30 del Codice della proprietà industriale, ne è un esempio – ma tali regimi erano frammentati, eterogenei e privi di un riconoscimento a livello UE. Questa frammentazione generava due conseguenze principali. Da un lato, i produttori erano costretti a chiedere tutela separatamente in ogni Stato membro in cui desiderassero difendere la denominazione, con costi elevati e scarsa efficacia nei mercati globali. Dall’altro lato, l’assenza di criteri comuni impediva all’Unione di esercitare pienamente la propria competenza in materia di proprietà intellettuale e di politica commerciale, specialmente dopo l’adesione, nel 2019, dell’UE al Geneva Act dell’Accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine e le indicazioni geografiche.
È proprio la dimensione internazionale a rappresentare uno snodo cruciale. Con l’adesione all’Atto di Ginevra, l’UE ha assunto l’obbligo – e la possibilità – di gestire centralmente la protezione delle IG non agricole, comprese quelle artigianali e industriali. Tuttavia, non disponendo di un proprio sistema armonizzato, l’Unione non era ancora in grado di sfruttare appieno i vantaggi della registrazione internazionale né di offrire ai produttori europei una tutela equivalente a quella garantita ai prodotti agricoli. La necessità di un regime unitario diventava quindi non solo una questione interna, ma anche una condizione per la credibilità dell’UE nei consessi multilaterali dedicati alla proprietà intellettuale.
La Commissione, nel suo piano d’azione sulla proprietà intellettuale del novembre 2020, aveva indicato con chiarezza questa priorità. L’idea di estendere il sistema delle IG al di fuori del settore agricolo rispondeva a un’esigenza strategica: riconoscere che il patrimonio manifatturiero europeo, fatto di saperi tramandati nei secoli e di tecniche produttive spesso uniche al mondo, costituisce non solo un’eredità culturale, ma anche un vantaggio competitivo nel mercato globale. Come dimostrano nomi già celebri – dal vetro di Murano al cuoio della Toscana, dalle porcellane di Limoges al tweed del Donegal – la forza di questi prodotti risiede proprio nel legame tra qualità e territorio, un legame che le attuali dinamiche di mercato rischiano di erodere se non adeguatamente protetto.
Il Regolamento (UE) 2023/2411 nasce, dunque, in risposta a un’esigenza matura, discussa per anni da giuristi, associazioni di produttori, regioni e istituzioni europee. La sua adozione rappresenta la conclusione di un percorso politico complesso, ma soprattutto l’avvio di una fase in cui gli operatori del settore hanno finalmente a disposizione uno strumento adeguato a valorizzare il proprio lavoro. L’ingresso in vigore del sistema il 1° dicembre 2025 segna un momento simbolico: l’inclusione piena delle produzioni artigianali e industriali nella grande architettura europea delle indicazioni geografiche.
2. Analisi del Regolamento (UE) 2023/2411: principi, architettura e innovazioni
L’adozione del Regolamento (UE) 2023/2411 rappresenta, sotto il profilo giuridico, un passo decisivo nel processo di estensione del sistema delle indicazioni geografiche ai prodotti artigianali e industriali. È un testo lungo, complesso, intriso di rimandi e sovrapposizioni con la legislazione già esistente in materia di proprietà intellettuale, ma, al tempo stesso, sorprendentemente coerente nella logica di fondo: costruire un regime uniforme, efficiente, trasparente e tecnicamente rigoroso, capace di tutelare produzioni che, fino ad oggi, non disponevano di uno strumento analogo a quello sviluppato dal settore agroalimentare.
Per comprendere appieno la portata normativa di questo regolamento è necessario articolare l’analisi lungo alcune direttrici fondamentali: l’ambito di applicazione e la definizione dei requisiti dell’indicazione geografica; la procedura di registrazione; l’architettura dei controlli e della verifica della conformità; la relazione tra IG e altri diritti di proprietà intellettuale; il nuovo registro dell’Unione; e, infine, il complesso sistema di protezione, inclusa la dimensione digitale. Seguendo questi percorsi, emerge chiaramente come il legislatore europeo abbia scelto un modello che non solo replica l’esperienza del settore agroalimentare, ma la rielabora, adattandola alle peculiarità dei prodotti artigianali e industriali.
2.1. Ambito di applicazione e nozione di “prodotto artigianale e industriale”
Uno degli elementi più innovativi del regolamento riguarda la definizione stessa dei prodotti ammissibili. L’articolo 3 delimita l’ambito di applicazione ai prodotti artigianali e industriali, cioè a beni che non rientrano nei regimi già coperti dal regolamento (UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari o da quelli relativi a vini e bevande spiritose. La definizione, contenuta all’articolo 4, abbraccia una vasta gamma di prodotti, accomunati non tanto dalla tecnologia impiegata, quanto dal metodo di produzione e dal ruolo delle competenze tradizionali. Il regolamento riconosce infatti come artigianali i prodotti realizzati interamente a mano, con l’ausilio di strumenti manuali o digitali, oppure mediante mezzi meccanici, purché il contributo manuale costituisca una parte significativa dell’opera finita. All’opposto – ma con pari dignità nel sistema – i prodotti industriali sono definiti come beni realizzati in modo standardizzato, su larga scala o tramite macchine.
Questa scelta terminologica è tutt’altro che marginale. Da un lato, evita conflitti con il concetto, più tradizionale e meno tecnico, di “artigianato artistico”, riconoscendo che molte produzioni tipiche europee, come la coltelleria di Solingen o certe lavorazioni tessili, sono frutto di processi industriali complessi ma non per questo privi di radicamento territoriale. Dall’altro lato, impedisce che il sistema venga riservato a produzioni di nicchia, aprendolo, invece, a un insieme eterogeneo di operatori, dalle botteghe artigiane alle aziende industriali consolidate.
La condizione determinante resta però un’altra: per essere protetto, il prodotto deve soddisfare i tre requisiti cumulativi dell’articolo 6, che rappresentano il fulcro del sistema. Il primo è l’origine geografica: il bene deve provenire da un luogo, una regione o un paese specifici. Il secondo è la qualità, la reputazione o un’altra caratteristica essenzialmente attribuibile all’origine geografica: non basta che il prodotto venga realizzato in un luogo; è necessario che vi sia un legame intrinseco tra le sue caratteristiche e il territorio. Il terzo è la localizzazione di almeno una fase della produzione nella zona geografica delimitata. Quest’ultimo criterio è particolarmente importante: se, nel regime alimentare, si distingue tra DOP (tutte le fasi nella zona) e IGP (almeno una fase nella zona), qui il legislatore opta per un modello unico, sostanzialmente assimilabile a quello dell’IGP, ritenendo sufficiente che almeno una fase significativa si svolga nel territorio di riferimento, purché ciò sia coerente con il legame tra prodotto e zona.
Questi requisiti sono strettamente allineati con gli standard internazionali dell’Atto di Ginevra e, in modo più ampio, con la tradizione europea in materia di proprietà intellettuale. Ma soprattutto, garantiscono che il sistema non diventi un contenitore vuoto o un mero strumento di marketing territoriale: la protezione è permessa solo quando il legame con il territorio è autentico, giustificabile e documentabile.
2.2. Il disciplinare di produzione: l’anima tecnica del sistema
Il cuore operativo di ogni indicazione geografica è il disciplinare di produzione, regolato dall’articolo 9. È qui che vengono descritte le caratteristiche del prodotto, il metodo di lavorazione, i materiali impiegati, l’area geografica di riferimento, il legame tra qualità e territorio, le caratteristiche tradizionali, le regole di etichettatura, eventuali obblighi di imballaggio nella zona geografica, e così via. Nel settore agroalimentare, la qualità del disciplinare determina spesso la capacità di un’IG di resistere a sfide legali o di garantire standard coerenti tra produttori; nel nuovo regime per i prodotti artigianali e industriali, questo ruolo è ancora più evidente, perché la varietà dei processi produttivi è molto ampia e richiede una descrizione accurata per evitare incertezze interpretative.
Un elemento innovativo introdotto dal regolamento è la possibilità per i produttori – soprattutto micro, piccole e medie imprese – di ricevere supporto nella redazione del documento unico (articolo 10). Le autorità nazionali sono, infatti, chiamate ad assistere, su richiesta, i richiedenti nella predisposizione della documentazione tecnica, e la stessa previsione vale per l’EUIPO nelle procedure di registrazione diretta. Questa scelta è coerente con l’obiettivo del legislatore di ridurre gli oneri amministrativi e assicurare che il sistema sia accessibile anche alle realtà produttive di piccole dimensioni, che spesso rappresentano il cuore delle produzioni tradizionali europee.
2.3. La procedura di registrazione: un impianto bifasico fondato sulla cooperazione
Uno degli elementi più significativi del nuovo regime è la procedura di registrazione, strutturata in due fasi distinte: una fase nazionale e una fase europea, con possibilità di deroga per alcuni Stati membri.
La fase nazionale – quando prevista – è affidata alle autorità competenti degli Stati membri. Queste esaminano la domanda, verificano la completezza della documentazione, conducono una fase di opposizione nazionale e, se tutto è conforme, trasmettono la domanda all’EUIPO. Questa scelta incorpora diversi vantaggi: permette di sfruttare le competenze tecniche locali, garantisce che le autorità nazionali abbiano un ruolo attivo nel processo e facilita il dialogo tra produttori e oppositori in un contesto giuridico e culturale condiviso.
La fase europea è, invece, affidata interamente all’EUIPO, che valuta la domanda, gestisce l’opposizione a livello UE e decide sulla registrazione. L’Ufficio può consultare un comitato consultivo e deve pubblicare il documento unico in tutte le lingue ufficiali dell’Unione. La decisione finale, che può includere condizioni particolari, è pubblicata nel registro dell’Unione ed è soggetta a ricorso interno presso le commissioni di ricorso dell’EUIPO e, successivamente, al Tribunale dell’Unione.
La procedura prevede anche alcune eccezioni. Sette Stati membri – Danimarca, Finlandia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi e Svezia – hanno ottenuto una deroga che consente ai produttori di presentare la domanda direttamente all’EUIPO, saltando la fase nazionale. Questa opzione riflette il fatto che tali Stati non dispongono di un sistema nazionale specifico di protezione delle IG non agricole, e che l’onere di creare un’infrastruttura amministrativa ex novo sarebbe stato sproporzionato rispetto al numero atteso di domande. Il regolamento consente, quindi, ai produttori di accedere direttamente al livello europeo, ma prevede al contempo l’obbligo per lo Stato membro di fornire un punto di contatto unico per facilitare i rapporti tecnici con l’EUIPO.
Questa architettura procedurale rispecchia bene il modello cooperativo tipico del diritto dell’Unione: gli Stati membri restano coinvolti nella prima fase, ma la registrazione e la gestione complessiva sono affidate a un’autorità centralizzata, in grado di garantire omogeneità, trasparenza e tutela uniforme nel mercato interno.
2.4. La protezione dell’indicazione geografica: tra tradizione europea e nuove sfide digitali
La parte più ampia e articolata del regolamento riguarda il sistema di protezione dell’IG, che riprende i principi consolidati nel settore agroalimentare ma li estende e adatta ai prodotti artigianali e industriali. Il divieto di usurpazione, imitazione, evocazione e sfruttamento indebito della reputazione è formulato in modo analogo a quanto accade per i prodotti agricoli; allo stesso modo, è vietato l’uso di indicazioni geografiche per prodotti comparabili che non rispettino il disciplinare o che possano indurre in errore il consumatore.
Una delle innovazioni più rilevanti riguarda la dimensione digitale. Il regolamento estende la protezione ai nomi di dominio, prevedendo che i registri nazionali dei domini di primo livello debbano garantire procedure alternative di risoluzione delle controversie che includano anche le IG. Questa scelta risponde alla crescente importanza del commercio elettronico e alla frequenza con cui la reputazione dei prodotti tradizionali viene sfruttata online da operatori che non hanno alcun legame con il territorio.
Ancora più significativo è il riferimento esplicito al Regolamento sui servizi digitali (DSA – Digital Services Act): le informazioni relative alla vendita di prodotti che violano una IG sono considerate contenuti illegali ai sensi del DSA. Ciò implica obblighi specifici per le piattaforme online, che dovranno rimuovere annunci e contenuti che utilizzano impropriamente nomi protetti. È un passaggio importante, perché rende il sistema delle IG per i prodotti artigianali e industriali pienamente integrato in uno degli strumenti più avanzati del diritto digitale europeo.
2.5. Controlli, autodichiarazione e certificazione
Un altro pilastro del regolamento riguarda il regime dei controlli, che si basa su un modello “ibrido”. Da un lato, il produttore che utilizza l’IG deve presentare una autodichiarazione che attesti la conformità al disciplinare; dall’altro lato, le autorità nazionali possono effettuare controlli basati su analisi del rischio e, se necessario, delegare verifiche a organismi di certificazione accreditati. Questa soluzione nasce dall’esigenza di garantire un sistema accessibile anche ai piccoli produttori, senza però rinunciare a standard elevati di protezione.
L’autodichiarazione non è una mera formalità: deve essere presentata periodicamente, di norma ogni tre anni, o ogni volta che il disciplinare viene modificato, e comporta la responsabilità diretta del produttore, che deve essere in grado di fornire prove documentali, pur nel rispetto dei segreti commerciali. In caso di non conformità, le autorità competenti devono adottare misure adeguate, che possono includere il divieto di utilizzo dell’IG.
2.6. Il rapporto con i marchi e con altri diritti di proprietà intellettuale
Come accade per le IG agroalimentari, anche qui sorge il tema del confronto tra indicazione geografica e marchi. Il regolamento chiarisce che un marchio che confligge con un’IG registrata deve essere rifiutato o annullato, salvo eccezioni legate alla buona fede e all’uso preesistente. Al tempo stesso, riconosce la necessità di bilanciare la protezione dell’IG con la tutela di marchi dotati di reputazione o notoriamente conosciuti.
L’attenzione del legislatore a questo equilibrio è evidente: le IG non possono essere usate per appropriarsi indebitamente del valore creato da marchi storici, ma allo stesso tempo i marchi non possono vanificare la funzione delle IG. Il principio guida resta quello di evitare la confusione e di proteggere i consumatori da pratiche ingannevoli.
3. Opportunità per le imprese: tra tutela, mercato e identità territoriale
Uno degli aspetti più interessanti del nuovo Regolamento (UE) 2023/2411 è la sua capacità di generare effetti che vanno ben oltre la dimensione giuridica. La protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali non costituisce solo un nuovo strumento di proprietà intellettuale, ma diventa una leva di sviluppo economico, territoriale e culturale. In un momento in cui le regioni europee cercano strumenti per differenziarsi in mercati saturi e globalizzati, il sistema delle IG può rappresentare un fattore di competitività basato non sulla quantità, ma sulla qualità, sull’autenticità e sulla reputazione.
Se si osserva ciò che è accaduto nel settore agroalimentare negli ultimi trent’anni – un processo ben documentato da studi della Commissione e da analisi indipendenti – emerge chiaramente che le IG non sono solo strumenti di tutela, ma anche catalizzatori di filiere, reti di imprese, marketing territoriale e investimenti collettivi. Il regolamento appena divenuto operativo mira a riprodurre, con gli adattamenti necessari, questo stesso meccanismo in un universo produttivo che fino ad oggi ne era privo. Le opportunità per le imprese vanno quindi comprese in questa prospettiva più ampia.
3.1. Una protezione solida e uniforme in tutto il mercato interno
La prima e più evidente opportunità riguarda la certezza giuridica. In assenza di un sistema unitario, i produttori che volevano tutelare un nome legato al territorio erano spesso costretti a muoversi in una sorta di mosaico normativo: alcuni Stati membri offrivano protezioni forti, altri deboli o inesistenti; alcuni riconoscevano esplicitamente le IG non agricole, altri solo attraverso strumenti indiretti come i marchi collettivi o di certificazione. La conseguenza era un onere significativo per le imprese, che, per assicurarsi una tutela credibile, dovevano avviare procedure parallele in ogni Paese di interesse.
Il nuovo regolamento risolve radicalmente questo problema. Con un’unica registrazione, ottenuta attraverso la procedura a due livelli, il produttore acquisisce un titolo unitario pienamente efficace in tutti gli Stati membri. Nella prassi quotidiana, ciò significa poter agire contro usi impropri o evocativi in qualsiasi parte del mercato interno, senza dover dimostrare caso per caso la sussistenza della protezione a livello nazionale. Questo aumenta la prevedibilità degli investimenti, riduce drasticamente i costi di difesa e crea un terreno uniforme per imprese che operano su scala europea o che intendono farlo in futuro.
3.2. Un salto di qualità nella tutela internazionale
Il secondo vantaggio, meno immediato ma forse ancora più strategico, riguarda la dimensione internazionale. Con il nuovo regime, l’UE può iscrivere le indicazioni geografiche dei prodotti artigianali e industriali nel sistema dell’Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona. Questo consente a un’IG registrata a livello europeo di ottenere protezione in numerosi Paesi con una sola domanda, secondo un modello simile a quello già utilizzato per le IG agroalimentari.
In concreto, ciò significa inserire nel mercato globale marchi territoriali europei di grande valore – basti pensare al vetro di Murano, alla porcellana di Limoges, alle coltellerie di Albacete o di Solingen – con una forza giuridica fino a oggi impossibile. La contraffazione dei prodotti artigianali europei è un fenomeno crescente, spesso con ramificazioni transcontinentali, e il nuovo regime offre finalmente uno strumento credibile per tutelare la reputazione delle regioni esportatrici.
La Commissione, nel comunicato stampa del 1° dicembre 2025, sottolinea proprio questa dimensione internazionale, parlando di rafforzamento della posizione globale dei prodotti europei e di una maggiore capacità di contrastare le imitazioni e la concorrenza sleale. Per molti distretti produttivi, questo può significare aprire mercati nuovi senza il timore che la reputazione costruita in decenni venga rapidamente sfruttata da soggetti estranei.
3.3. La difesa dalle contraffazioni, anche online: un vantaggio competitivo crescente
Uno dei temi ricorrenti nelle analisi sulla proprietà intellettuale è il ruolo della contraffazione nel danneggiare non solo i produttori, ma l’intero sistema economico dei territori. Prodotti tradizionali imitati o spacciati per autentici erodono fiducia, abbassano il valore percepito e compromettono la sostenibilità economica delle filiere locali. Il regolamento, per la prima volta, estende in modo esplicito la protezione delle IG anche agli ambienti digitali. Le piattaforme online, in virtù del collegamento con il Digital Services Act, devono rimuovere contenuti in violazione delle IG.
Per le imprese, questo si traduce in un contesto competitivo molto più equilibrato: la reputazione territoriale diventa un bene difendibile, non un vantaggio fragile destinato a essere facilmente replicato da operatori senza legame con la tradizione locale. E in molti settori – dalla moda all’oggettistica, dalle manifatture in vetro alle ceramiche – la reputazione è spesso l’asset principale.
3.4. Un incentivo alla cooperazione tra imprese e alla costruzione di filiere territoriali
Le esperienze delle IG agroalimentari mostrano come la registrazione non sia solo un atto giuridico, ma anche un processo sociale e organizzativo. La definizione del disciplinare, il confronto tra produttori, l’individuazione dei confini geografici e la descrizione delle tecniche tradizionali sono attività che spesso portano le imprese a collaborare più strettamente, a costituire consorzi o associazioni, a investire in forme di governance collettiva.
Il Regolamento 2411/2023 favorisce questo tipo di dinamiche. L’opzione di presentare la domanda tramite un’associazione di produttori, la possibilità di creare organismi di gestione collettivi e la necessità di condividere prassi e metodi stimolano la cooperazione in territori che spesso contengono competenze preziose ma disperse. La costruzione di un’IG può diventare l’occasione per rafforzare un distretto esistente o addirittura per far emergere un’identità produttiva che non aveva ancora trovato un riconoscimento formale.
Questa dinamica è particolarmente importante nelle regioni che stanno affrontando transizioni industriali, dove la valorizzazione di tecniche tradizionali può offrire nuove opportunità occupazionali, in particolare per giovani e artigiani altamente qualificati.
3.5. Le micro e piccole imprese come principali beneficiarie
Nel citato comunicato stampa del 1° dicembre 2025, la Commissione insiste sull’idea che questo nuovo sistema non è pensato per proteggere grandi marchi industriali, ma per sostenere artigiani, botteghe, laboratori, microimprese e piccole imprese altamente specializzate. Queste realtà costituiscono una parte significativa del patrimonio culturale e produttivo dell’Europa, ma sono anche tra le più esposte al rischio di imitazioni e concorrenza sleale.
Il regolamento offre loro un sistema di protezione accessibile, con oneri amministrativi contenuti grazie alla possibilità di utilizzare l’autodichiarazione di conformità e al supporto tecnico delle autorità nazionali e dell’EUIPO. È un cambio di paradigma: la proprietà intellettuale non resta più un campo riservato ai grandi operatori dotati di uffici legali interni, ma diventa un terreno percorribile anche per chi ha risorse limitate ma competenze eccellenti.
In molti contesti territoriali, questa accessibilità rappresenta la differenza tra un patrimonio destinato a sopravvivere e uno destinato a estinguersi. Le tecniche tradizionali non vivono di norme, ma di persone: il regolamento offre uno strumento per far sì che quelle persone – gli artigiani, i maestri vetrai, i tessitori, i ceramisti – possano continuare a trasmettere le loro competenze senza essere travolti da prodotti che imitano superficialmente le loro creazioni.
3.6. Marketing territoriale, turismo culturale e narrazione identitaria
C’è infine una dimensione che, pur meno citata nei documenti ufficiali, è stata centrale nelle strategie di molti territori europei: quella del marketing territoriale. Le indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali possono diventare strumenti di narrazione identitaria, capaci di arricchire l’offerta turistica e culturale di una regione. Molti distretti artigianali vivono, infatti, di un intreccio tra produzione, patrimonio storico, turismo e cultura: pensiamo alle botteghe del vetro a Murano, alle ceramiche di Faenza, alle coltellerie di Maniago, alle filature tradizionali scozzesi.
La protezione giuridica dell’IG rafforza questo intreccio, aggiungendo un elemento di autenticità certificata che può diventare un potente fattore distintivo. Non è un caso che, nel comunicato della Commissione più volte richiamato, si parli di “trasformare l’eredità culturale in opportunità economica”, un’espressione che ben sintetizza la filosofia di fondo del nuovo regime. L’Unione europea, in questo caso, non tutela solo un bene economico, ma anche un patrimonio immateriale fatto di gesti, tecniche e materiali che costituiscono la memoria produttiva dei territori europei.
4. Il Registro dell’Unione: trasparenza, certezza giuridica e infrastruttura del nuovo sistema
Tra tutte le innovazioni introdotte dal Regolamento (UE) 2023/2411, il Registro dell’Unione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali rappresenta forse l’elemento più importante dal punto di vista operativo. Non si tratta di un semplice elenco amministrativo, ma del cuore informatico, giuridico e simbolico del nuovo sistema. È qui che prende forma visibile la nuova architettura europea delle IG non agricole, ed è qui che si concretizza la promessa di trasparenza, certezza del diritto e accessibilità che il legislatore ha più volte richiamato nel corso del processo decisionale.
Per comprendere questa funzione, bisogna considerare il registro non come un archivio statico, ma come un’infrastruttura dinamica, progettata per sostenere un regime giuridico complesso e per accompagnarne l’evoluzione nei prossimi anni, in dialogo con le autorità nazionali, con i produttori e con i mercati internazionali.
4.1. Un registro unico, pubblico e aggiornato: la scelta della centralizzazione
L’articolo 41 del regolamento affida all’EUIPO l’istituzione e la gestione del Registro dell’Unione. La scelta è coerente con la struttura complessiva del sistema: se la procedura di esame, opposizione e registrazione è centralizzata presso l’Ufficio, è naturale che lo stesso Ufficio gestisca la pubblicazione e l’aggiornamento delle informazioni essenziali.
Il registro è concepito come pubblico e consultabile online senza restrizioni, in formato leggibile meccanicamente, secondo gli standard europei di open data. Questa impostazione risponde a un duplice obiettivo. Da un lato, consente ai produttori e alle autorità nazionali di accedere rapidamente alle informazioni ufficiali, evitando la proliferazione di documenti non aggiornati o versioni divergenti degli stessi disciplinari. Dall’altro lato, garantisce ai consumatori e alle piattaforme digitali un punto di riferimento chiaro e verificabile per l’identificazione dei prodotti autentici.
Nell’era del commercio elettronico, questo elemento è particolarmente significativo: una piattaforma che deve verificare se un termine è protetto non ha più bisogno di consultare normative nazionali o banche dati frammentarie; può semplicemente interfacciarsi con il registro dell’Unione, che conserva l’elenco completo delle IG riconosciute a livello europeo.
4.2. Le informazioni contenute nel registro: trasparenza e tracciabilità del sistema
Il registro non si limita a indicare il nome dell’indicazione geografica. Contiene un insieme molto più articolato di informazioni, che definiscono in modo puntuale lo status giuridico di ciascun prodotto. Tra gli elementi pubblicati figurano la denominazione registrata e le sue eventuali varianti linguistiche; la classe di prodotto, secondo una classificazione armonizzata elaborata dall’EUIPO; la zona geografica delimitata, con eventuali mappe e riferimenti cartografici; il documento unico, cioè la sintesi ufficiale del disciplinare di produzione; le specifiche tecniche complete, salvo gli elementi coperti da segreto commerciale; le eventuali modifiche approvate nel corso del tempo; la lista dei produttori autorizzati, ove prevista dal disciplinare; il riferimento alle decisioni dell’EUIPO, comprese quelle relative alle opposizioni e ai ricorsi; la data di registrazione e il numero identificativo dell’IG.
Si tratta di una quantità di informazioni che supera ampiamente quanto previsto in molti sistemi nazionali preesistenti e che consente un livello elevato di tracciabilità giuridica. Ogni IG diventa, per così dire, un oggetto amministrativo dotato di un’identità digitale completa, consultabile e verificabile. Questo rafforza la certezza del diritto per tutti gli attori coinvolti: produttori, autorità di controllo, concorrenti, consumatori, piattaforme online e operatori economici di Paesi terzi.
4.3. Il registro come strumento di governance: il ruolo dell’EUIPO
Il registro non è solo un archivio, ma un vero strumento di governance. Attraverso di esso l’EUIPO esercita funzioni essenziali: registra le nuove IG, pubblica le domande soggette a opposizione, aggiorna le modifiche ai disciplinari, annota le decisioni relative a ricorsi e cancellazioni, gestisce le comunicazioni con i titolari e con le autorità nazionali.
Questa centralizzazione permette di garantire un livello di uniformità difficilmente raggiungibile in un modello puramente decentrato. Inoltre, l’EUIPO ha sviluppato – come ricordato dalla Commissione nel comunicato del 1° dicembre 2025 – un CIGI Hub (acronimo di: Craft and Industrial Geographical Indications Hub) che funge da punto di contatto operativo per produttori, autorità e consulenti, offrendo linee guida, modelli di domanda, materiale informativo e supporto tecnico. È la prima volta che l’Ufficio crea un’infrastruttura dedicata esclusivamente alle IG non agricole, segno della centralità che questo nuovo sistema riveste nel quadro delle politiche europee per la proprietà intellettuale.
La gestione del registro consente, inoltre, all’Ufficio di monitorare l’evoluzione del sistema, individuare potenziali criticità, elaborare statistiche e fornire alla Commissione informazioni utili per eventuali revisioni future del regolamento.
4.4. Il registro come strumento di enforcement: piattaforme, autorità di controllo e operatori economici
Uno degli aspetti più innovativi del registro è la sua integrazione con gli strumenti di enforcement previsti dal Digital Services Act. Le piattaforme online devono poter verificare rapidamente se un termine è protetto come IG, e il registro offre esattamente questo: un punto di riferimento univoco, ufficiale e sempre aggiornato.
Questo ha almeno due conseguenze rilevanti. La prima riguarda le autorità nazionali di vigilanza del mercato, che possono basare i propri controlli su un’informazione certificata e immediatamente disponibile. Il registro diventa quindi uno strumento che facilita l’applicazione coerente delle norme e permette di individuare più rapidamente violazioni e usi indebiti.
La seconda riguarda gli operatori economici, che possono consultare il registro per sapere se una determinata denominazione è protetta e quali condizioni devono rispettare per utilizzarla. Il registro contribuisce così a prevenire le violazioni involontarie e a ridurre le controversie tra produttori, offrendo un contesto regolatorio più chiaro e prevedibile.
4.5. Il registro come strumento identitario: il valore simbolico della visibilità europea
Non va sottovalutato il valore simbolico del registro come spazio di visibilità e riconoscimento. Una volta iscritta nel registro dell’Unione, un’indicazione geografica ottiene una dimensione pubblica e comunitaria che supera la scala nazionale o locale. La denominazione diventa parte del patrimonio europeo delle competenze e delle tradizioni, affiancandosi a quelle agroalimentari che già costituiscono uno degli elementi più riconoscibili dell’identità produttiva dell’Unione.
Questa visibilità ha effetti immediati sulla comunicazione e sul marketing territoriale. Le regioni e le associazioni di produttori possono utilizzare la registrazione come leva per campagne di promozione, per attrarre turismo culturale e per costruire narrazioni coerenti attorno alle tecniche tradizionali e ai valori del territorio. Molte denominazioni artigianali, pur godendo di reputazione locale o internazionale, non avevano fino ad oggi un riconoscimento formale comparabile a quello delle DOP o delle IGP alimentari. Il registro colma questa lacuna, collocando queste produzioni nel “pantheon” delle eccellenze europee.
4.6. Il registro nel contesto dell’Atto di Ginevra: la porta verso la tutela internazionale
Infine, il registro svolge una funzione fondamentale nell’interfaccia con il sistema internazionale dell’Atto di Ginevra. Solo le IG iscritte nel registro dell’Unione possono beneficiare della procedura di registrazione internazionale, attraverso la quale l’UE può estendere la protezione a Paesi terzi membri dell’accordo. Il registro diventa così la base documentale per l’invio delle notifiche internazionali e per l’aggiornamento delle informazioni a livello globale.
In questo senso, il registro non è solo uno strumento europeo, ma un pezzo di infrastruttura della governance internazionale della proprietà intellettuale: un luogo dove la tradizione europea dialoga formalmente con il sistema multilaterale.
Conclusioni: un nuovo capitolo per l’Europa delle competenze
Quando, nel maggio del 2022, avevo presentato su Fare l’Europa la proposta della Commissione sulle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali, il progetto appariva come una tessera mancante nel mosaico della politica europea della proprietà intellettuale. La disciplina delle IG agricole aveva dimostrato negli anni tutta la sua forza nel valorizzare la qualità, nel riconoscere il ruolo dei territori e nel costruire filiere competitive nel mercato globale. Al di fuori di quel perimetro, tuttavia, restava un universo produttivo ricco di storia e di competenze, ma privo di una tutela adeguata. Il vetro di Murano, le ceramiche portoghesi, i pizzi di Calais, le filature irlandesi, i coltelli spagnoli o tedeschi: eccellenze spesso imitate, spesso evocate, talvolta contraffatte, quasi sempre protette in modo parziale e frammentato.
Oggi, a distanza di tre anni dalla proposta iniziale, quel vuoto è stato colmato. Con l’entrata in applicazione del Regolamento (UE) 2023/2411 e l’avvio del nuovo sistema di registrazione gestito dall’EUIPO, l’Unione europea compie un passo che va oltre il perimetro tecnico della proprietà intellettuale. Questo regolamento non è solo un atto normativo: è un gesto politico, culturale ed economico. Mette ordine in un settore frammentato; costruisce un sistema coerente con gli impegni internazionali dell’UE; offre ai produttori una tutela uniforme e credibile; rafforza gli strumenti di enforcement nel mercato digitale; integra le tradizioni produttive non agricole nella grande architettura delle IG europee; e restituisce alle regioni un ruolo centrale nella valorizzazione del loro patrimonio.
È un regolamento che riconosce una verità spesso dimenticata: la competitività europea non risiede solo nelle grandi industrie high-tech, ma anche nelle competenze radicate nei territori, nelle tecniche tramandate, nelle lavorazioni che hanno definito per secoli la reputazione della manifattura europea nel mondo. L’Europa non è solo un mercato; è un continente delle competenze. E queste competenze, per prosperare, hanno bisogno di protezione, di riconoscimento e di una narrazione coerente.
Il sistema delle IG non agricole rende possibile tutto questo. Offre ai produttori un titolo unitario, semplice da gestire, efficace da difendere; consente di valorizzare la reputazione in mercati globali sempre più dominati da prodotti imitativi; facilita il controllo delle piattaforme digitali, dove oggi si gioca gran parte della competizione commerciale; e mette a disposizione un registro pubblico, trasparente, aggiornato, in cui l’identità di ciascun prodotto è descritta, riconosciuta e tutelata.
Ma oltre al diritto, c’è un’altra dimensione che questo regolamento porta con sé: quella della riscoperta dell’identità produttiva europea. Le indicazioni geografiche non sono semplici etichette; sono storie raccontate attraverso oggetti, materiali, tecniche, gesti, saperi. Sono la testimonianza di come i territori europei abbiano costruito, nel tempo, produzioni uniche e spesso irripetibili. Rendere queste storie riconoscibili e difendibili significa rafforzare la loro capacità di generare lavoro, innovazione, turismo culturale, attrattività territoriale.
La Commissione, nel comunicato del 1° dicembre 2025, ha parlato di “trasformare l’eredità in opportunità” e di rafforzare “la prosperità e l’identità culturale europea” attraverso il nuovo sistema delle IG. Sono parole inusualmente chiare per un testo istituzionale, e colgono il senso ultimo di questo nuovo regime. Perché, al di là della procedura di registrazione o dei controlli di conformità, ciò che il regolamento introduce è soprattutto un nuovo orizzonte per le regioni europee, per le loro imprese e per le loro comunità produttive.
Guardando avanti, molto dipenderà dalla capacità degli attori locali di cogliere questa opportunità. L’esperienza delle IG agricole insegna che la qualità della governance collettiva, la capacità di fare sistema, la definizione accurata del disciplinare, la cooperazione tra imprese e istituzioni sono elementi decisivi. Lo stesso varrà per le IG non agricole. Ma l’infrastruttura normativa, oggi, esiste. La strada è aperta. Il sistema è pronto.
Forse, tra qualche anno, potremo dire che questo regolamento non ha solo protetto i prodotti artigianali e industriali europei, ma ha contribuito a dare nuova vita alle competenze che li rendono unici. E allora, quel progetto che nel 2022 appariva come un tassello mancante della politica industriale europea potrà essere interpretato come un tassello che contribuisce a ridisegnare l’intero mosaico. Perché proteggere ciò che è radicato nei territori non significa guardare al passato, ma offrire al futuro dell’Europa una base solida, riconoscibile e competitiva.
ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:
- Regolamento (UE) 2023/2411 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 ottobre 2023, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali e che modifica i regolamenti (UE) 2017/1001 e (UE) 2019/1753, in GU UE L, 2023/2411, 27.10.2023, ELI: http://data.europa.eu/eli/reg/2023/2411/oj
Aggiornamenti successivi e articoli collegati
Per approfondire o seguire l’evoluzione del nuovo regime UE per le IG artigianali e industriali, si possono consultare i seguenti articoli collegati pubblicati su Fare l’Europa:
13 maggio 2022. Una IGP per i prodotti artigianali e industriali dell’UE: la proposta legislativa 2022
