La Commissione ha appena presentato un nuovo e articolato pacchetto di proposte, politiche e legislative, per dare attuazione al Green Deal europeo e che interessa le imprese e i consumatori.

Come già annunciato nel piano d’azione per l’economia circolare e nella nuova agenda dei consumatori, tali nuove proposte riguardano la sostenibilità dei prodotti, nuovi modelli imprenditoriali circolari e la responsabilizzazione dei consumatori nella transizione verde.

Nei prossimi paragrafi saranno tratteggiati gli aspetti salienti di tali proposte: in appendice, invece, riporto i link ai documenti.

Rendere i prodotti sostenibili la norma

La prima proposta di regolamento è volta a rendere tutti i beni fisici (cioè, tutti i prodotti) presenti sul mercato dell’Unione europea più rispettosi dell’ambiente, circolari ed efficienti sotto il profilo energetico, lungo l’intero ciclo di dalla fase di progettazione fino all’uso quotidiano, al cambio di destinazione e alla gestione del fine vita.

La proposta, che completa la proposta di regolamento sulla sicurezza dei prodotti di consumo presentata nel 2021, amplia il quadro di progettazione ecocompatibile esistente in due modi: da un lato, includendo la gamma più possibile di prodotti; dall’altro ampliando la portata dei requisiti ai quali i prodotti devono conformarsi.

La definizione di criteri non solo per l’efficienza energetica ma anche per la circolarità, unitamente a una riduzione complessiva dell’impronta ambientale e climatica dei prodotti, comporterà anche una maggiore indipendenza energetica e delle risorse e una riduzione dell’inquinamento.

Contestualmente, proposta la Commissione ha adottato un piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile e sull’etichettatura energetica per il periodo 2022-2024, intesa come misura transitoria fino all’entrata in del nuovo regolamento, volto a coprire nuovi prodotti connessi all’energia e aggiornamento , rendendole più ambiziose, le norme per quelli già regolamentati. Il piano di lavoro riguarda in particolare l’elettronica di consumo (smartphone, tablet, pannelli solari), il flusso di rifiuti in più rapida crescita.

Responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde

Il pacchetto comprende una proposta di direttiva relativa a nuove norme volte a responsabilizzare i consumatori nella transizione verde, garantendo loro una migliore informazione sulla sostenibilità ambientale dei prodotti e una migliore protezione dal greenwashing.

Al momento di elaborare la proposta la Commissione ha consultato oltre 12.000 consumatori nonché imprese, esperti in materia di consumatori e autorità nazionali. La verifica dell’attendibilità delle dichiarazioni ambientali sui prodotti è stata considerata l’ostacolo più rilevante alla partecipazione dei consumatori alla transizione verde. Circa la metà delle risposte ha indicato la disponibilità a pagare un extra per un prodotto che duri più a lungo senza dover subire riparazioni.

Pertanto, grazie alle norme aggiornate proposte della Commissione europea, i consumatori potranno compiere scelte d’acquisto consapevoli e rispettose dell’ambiente e avranno il diritto di conoscere la durata prevista di un prodotto e come questo può essere riparato, laddove possibile. Inoltre le norme rafforzeranno la tutela dei consumatori da dichiarazioni ambientali inattendibili o false giacché vietano il “greenwashing” e le pratiche ingannevoli sulla durabilità di un prodotto.

La proposta sarà integrata da altre prossime iniziative volte a dimostrare la veridicità delle dichiarazioni di ecocompatibilità e sul diritto alla riparazione, anche sulla base dei risultati delle consultazioni pubbliche che si cono concluse il 5 aprile scorso.

La Commissione propone diverse modifiche della direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Anzitutto la proposta amplia l’elenco delle caratteristiche del prodotto in merito alle quali il professionista non può ingannare il consumatore per includere l’impatto ambientale o sociale, la durabilità e la riparabilità. Aggiunge inoltre nuove pratiche considerate ingannevoli in base a una valutazione delle circostanze del caso, come la formulazione di una dichiarazione ambientale relativa alle prestazioni ambientali future senza includere impegni e obiettivi chiari, oggettivi e verificabili e senza un sistema di monitoraggio indipendente.

Infine, la modifica la direttiva sulle pratiche commerciali sleali aggiungerà nuove pratiche all’attuale elenco di pratiche commerciali sleali vietate, la cosiddetta “lista nera”. Le nuove pratiche comprenderanno, tra l’altro:

  • omettere di informare i consumatori dell’esistenza di una caratteristica introdotta nel bene per limitarne la durabilità, come ad esempio un software che interrompe o degrada la funzionalità del bene dopo un determinato periodo di tempo;
  • formulare dichiarazioni ambientali generiche o vaghe laddove l’eccellenza delle prestazioni ambientali del prodotto o del professionista non sia dimostrabile. Esempi di dichiarazioni ambientali generiche sono “rispettoso dell’ambiente”, “eco” o “verde”, che suggeriscono o danno erroneamente l’impressione di un’eccellenza delle prestazioni ambientali;
  • formulare una dichiarazione ambientale concernente il prodotto nel suo complesso quando in realtà riguarda soltanto un determinato aspetto;
  • esibire un marchio di sostenibilità avente carattere volontario che non è basato su un sistema di verifica da parte di terzi o stabilito dalle autorità pubbliche;
  • omettere di informare che il bene dispone di una funzionalità limitata quando si utilizzano materiali di consumo, pezzi di ricambio o accessori non forniti dal produttore originale.

Le modifiche mirano a offrire certezza del diritto per i professionisti, ma anche ad agevolare l’applicazione delle norme nei casi relativi al “greenwashing” e all’obsolescenza precoce dei prodotti. Peraltro la garanzia che le dichiarazioni ambientali sono eque permetterà ai consumatori di scegliere prodotti che siano effettivamente migliori per l’ambiente rispetto ai propri concorrenti. Sarà così incoraggiata la concorrenza spingendo verso prodotti più ecosostenibili, con conseguente riduzione dell’impatto negativo sull’ambiente.

Prodotti tessili sostenibili e circolari

Una nuova strategia per rendere i prodotti riparabili tessili più durevoli, tesa ad affrontare la moda veloce, i rifiuti tessili e la distruzione dei tessili invenduti e a garantire che la loro produzione avvenga nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori.

Infatti, il consumo di prodotti tessili in Europa si trova al quarto posto per maggiore impatto sull’ambiente e sui cambiamenti climatici dopo l’alimentazione, gli alloggi e la mobilità; si tratta inoltre del terzo settore in ordine di consumi per quanto riguarda l’uso di acqua e suolo e del quinto per l’uso di materie prime primarie.

La strategia dell’Unione per i prodotti tessili sostenibili e circolari definisce, quindi, una visione e azioni concrete, tese a garantire che entro il 2030 i prodotti tessili immessi sul mercato unionale siano riciclabili e di lunga durata , realizzati il ​​più possibile con fibre riciclate, privilegi di sostanze pericolose e prodotti nel rispetto dei diritti sociali e dell’ambiente.

I prodotti da costruzione di domani

Infine, una proposta di regolamento mira a promuovere il mercato interno dei prodotti da costruzione e a garantire che il quadro normativo in vigore consenta all’ambiente edificato di raggiungere gli obiettivi europei climatici e di sostenibilità.

L’ecosistema edilizio rappresenta quasi il 10% del valore aggiunto dell’Unione europea e impiega circa 25 milioni di persone in oltre 5 milioni di imprese. In particolare, il settore dei prodotti da costruzione annovera 430.000 imprese nell’Unione con un fatturato di 800 miliardi di euro.

Principalmente di piccole e medie dimensioni, tali imprese costituiscono una risorsa economica e sociale fondamentale per le comunità locali nelle regioni e nelle città europee.

Inoltre, gli edifici sono responsabili di circa il 50% dell’estrazione e del consumo delle risorse e di oltre il 30% dei rifiuti totali prodotti ogni anno dall’Unione. Tali gli edifici sono responsabili del 40% del consumo energetico dell’Unione europea e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra legato all’energia.

Pertanto, la proposta di revisione del regolamento sui prodotti da costruzione rafforzerà e modernizzerà le norme già in vigore dal 2011 e creerà un quadro armonizzato per la costruzione in modo da diffondere la pratica di associare prestazioni ambientali e climatiche a tali prodotti e garantire che i prodotti da costruzione nuovi siano progettati e fabbricati in base allo stato dell’arte per essere più durevoli, riparabili, riciclabili e più facili da rifabbricare.

La revisione semplificherà, inoltre, l’elaborazione di norme comuni europee da parte degli organismi di normazione, necessarie per rimuovere gli ostacoli alla libera circolazione nel mercato interno, insieme ad offrire una maggiore capacità di vigilanza del mercato e a più norme chiare per gli operatori economici lungo la catena di approvvigionamento. Infine, la revisione del regolamento offrirà soluzioni digitali per ridurre gli oneri amministrativi, in particolare per le PMI, tra cui la banca dati dei prodotti da costruzione e il passaporto digitale dei prodotti.

Corporate sustainability due diligence

Queste proposte sono complementari con la proposta di direttiva, già presentata dalla Commissione europea il 23 febbraio 2022, sul dovere di diligenza delle imprese in materia di diritti umani e di ambiente (Corporate sustainability due diligence) e che stabilisce norme chiare ed equilibrate affinché le imprese rispettino i diritti umani e l’ambiente e tengano una condotta sostenibile e responsabile.

Tali norme, una volta approvate, dovranno essere applicate dalle grandi società a responsabilità limitata dell’Unione europea, suddivise in tre distinti gruppi

  • gruppo 1: +/- 9.400 aziende – oltre 500 dipendenti e un fatturato netto di oltre 150 milioni di euro in tutto il mondo.
  • gruppo 2: +/- 3.400 aziende in settori ad alto impatto – Oltre 250 dipendenti e un fatturato netto di oltre 40 milioni di euro in tutto il mondo e operanti in settori definiti ad alto impatto, ad esempio il tessile, l’agricoltura, l’estrazione di minerali. Per questo gruppo, le regole inizieranno ad applicarsi due anni dopo rispetto al gruppo 1;
  • imprese extra UE: +/- 2.600 società nel Gruppo 1 e +/- 1.400 nel Gruppo 2.

Le microimprese e le PMI non sono interessate dalle norme proposte. Tuttavia, la proposta di direttiva prevede misure di sostegno per le PMI, che potrebbero essere indirettamente interessate dalle nuove norme.

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