La governance e il monitoraggio della politica ambientale dell’UE
4 novembre 2022 di Mauro Varotto
L’ambiente sembra diventato una moda, soprattutto in politica: stati, regioni, addirittura enti locali – sia in Europa che nel resto del mondo – si dotano di programmi, piani di azione, strategie e agende per l’ambiente e, più in generale, per lo sviluppo sostenibile.
Ma con quali risultati? In quale modo l’attuazione di tali iniziative viene monitorata per capire – e far sapere – se gli obiettivi dichiarati sono raggiunti, in tutto o in parte, e quali effetti hanno sull’ambiente e sullo sviluppo sostenibile le azioni intraprese?
L’Unione europea fornisce, in proposito, un esempio, presentando il sistema di governance e di monitoraggio del suo ottavo programma generale di azione dell’Unione per l’ambiente fino al 2030 (8º PAA): una metodologia e una serie di indicatori chiave in campo ambientale, oggetto di un ampio confronto pubblico che si è svolto da luglio 2021 a gennaio 2022 e che ha coinvolto esperti, imprese, pubbliche amministrazioni e stakeholders in tutta Europa.
A questo innovativo e solido sistema di monitoraggio dei progressi compiuti nel raggiungimento degli obiettivi delle politiche ambientali e di sostenibilità europee è dedicato l’articolo.
I programmi generali di azione in materia di ambiente
La politica dell’Unione in materia di ambiente risale al Consiglio europeo tenutosi a Parigi nel 1972, in occasione del quale i capi di Stato o di governo (sulla scia della prima conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente) hanno dichiarato la necessità di una politica comunitaria in materia di ambiente che accompagni l’espansione economica del continente e hanno chiesto un programma d’azione.
L’Atto unico europeo del 1987 ha, quindi, introdotto nei trattati dell’allora Comunità economica europea un nuovo titolo “Ambiente”, che ha costituito la prima base giuridica per una politica ambientale comune finalizzata a salvaguardare la qualità dell’ambiente, proteggere la salute umana e garantire un uso razionale delle risorse naturali.
Le successive revisioni dei trattati hanno rafforzato l’impegno della Comunità a favore della tutela ambientale e il ruolo del Parlamento europeo nello sviluppo di una politica in materia. Il Trattato di Maastricht (1993) ha fatto dell’ambiente un settore ufficiale della politica dell’Unione europea; successivamente il Trattato di Amsterdam (1999) ha stabilito l’obbligo di integrare la tutela ambientale in tutte le politiche settoriali dell’Unione al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile; infine, il trattato di Lisbona (2009) ha aggiunto gli obiettivi specifici di “combattere i cambiamenti climatici” e di perseguire uno sviluppo sostenibile nelle relazioni con i paesi terzi, considerato che, come è noto, l’Unione europea ha la personalità giuridica necessaria per concludere accordi internazionali.
Pertanto, sin dal 1973 l’elaborazione e il coordinamento della politica ambientale dell’Unione europea sono stati orientati da programmi generali di azione per l’ambiente che hanno definito il quadro per l’azione a favore dell’ambiente e del clima dell’UE e degli Stati membri.
L’8° programma generale di azione dell’Unione per l’ambiente fino al 2030
L’ottavo programma generale di azione dell’Unione per l’ambiente fino al 2030 (8º PAA) è stato adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione il 6 aprile scorso: esso si basa sugli obiettivi del Green Deal europeo ma è anche centrale per consentire all’Europa di conseguire gli obiettivi in materia di ambiente e clima definiti il 25 settembre 2015 nell’ambito dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), nonché gli accordi multilaterali in materia di ambiente e di clima, in primis, l’Accordo di Parigi sul clima del 12 dicembre 2015.
L’8º PAA stabilisce un obiettivo prioritario a lungo termine (visione) per il 2050, ossia “vivere bene entro i limiti del nostro pianeta”, e sei obiettivi tematici prioritari da conseguire entro il 2030. Comprende anche un quadro ambizioso di 34 “condizioni favorevoli” al conseguimento di tali obiettivi in linea con l’impegno a “non nuocere” del Green Deal europeo e con una transizione equa e giusta.
Perché il piano di azione non resti lettera morta, l’8º PAA predispone un meccanismo di governance e affida alla Commissione il compito di istituire un nuovo quadro di monitoraggio che misuri i progressi compiuti verso il conseguimento dei suoi obiettivi prioritari.
Il processo di selezione degli indicatori
La sua base di partenza è costituita da un numero limitato di indicatori chiave, che comprendono indicatori sistemici riguardanti il nesso ambiente-società e ambiente-economia, così da consentire all’Unione di monitorare i progressi compiuti verso la transizione verde e provvedere a una vigilanza politica strategica ad alto livello. Inoltre, la Commissione europea ha il compito di riferire annualmente al Parlamento europeo e al Consiglio in merito alle azioni intraprese e di illustrare eventuali interventi futuri per assicurare il conseguimento degli obiettivi stabiliti dal programma.
Gli obiettivi dell’8º PAA per il 2030 e la visione del programma per il 2050 hanno, quindi, indicatori che misurano i risultati a lungo termine nell’Unione europea e nei singoli Stati membri (indicatori “di impatto” e “di risultato”). In taluni casi però, se vi è una grande rilevanza politica o un legame con l’obiettivo concordato, sono inclusi indicatori incentrati sull’azione intrapresa (indicatori “di output”), come a esempio per l’indicatore relativo alle aree protette, in virtù del suo legame con l’obiettivo di proteggere il 30% delle aree terrestri e marittime entro il 2030.
Infine, laddove il diritto unionale stabilisce obiettivi giuridicamente vincolanti dell’Unione europea, sono stati scelti indicatori mirati a monitorare gli obiettivi del programma e le condizioni favorevoli pertinenti. L’Unione, ad esempio, ha deciso di fissare un obiettivo giuridicamente vincolante per ridurre le emissioni di gas a effetto serra (misurate in tonnellate di CO2 equivalente) del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030: si tratta di un obbligo giuridico generale e l’Unione utilizza indicatori che misurano i progressi compiuti nella direzione desiderata.
Sempre per fare un esempio, l’indicatore “produzione complessiva di rifiuti” rispecchia il tentativo di applicare la gerarchia dei rifiuti e, quindi, ridurre in maniera significativa i rifiuti entro il 2030, mentre l’indicatore “quota di imposte ambientali nel gettito fiscale totale” rispecchia il principio “chi inquina paga”.
Il quadro di monitoraggio dell’8º PAA, in definitiva, comprende una serie di indicatori chiave selezionati per fornire una sintesi politica ad alto livello.
Naturalmente, il quadro si basa su strumenti di monitoraggio settoriali, tra i quali gli indicatori relativi alla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima, al quadro di monitoraggio dell’economia circolare, al quadro di monitoraggio della biodiversità nell’Unione, al quadro di monitoraggio della bioeconomia e il prossimo quadro di monitoraggio dell’inquinamento zero.
Il 17 febbraio 2021 la Commissione europea ha pubblicato un documento di consultazione sull’approccio e l’architettura proposti per il quadro di monitoraggio dell’8º PAA che illustrava la serie degli indicatori esistenti e i principi che hanno orientato la selezione degli indicatori chiave
Le consultazioni pubbliche hanno favorito un approfondimento sugli indicatori relativi ad aree tematiche specifiche e sugli strumenti di monitoraggio settoriali.
Alcuni indicatori, come quelli per misurare le emissioni di gas a effetto serra e l’agricoltura biologica, sono stati facilmente selezionati come indicatori chiave sulla base dell’ampio consenso emerso nel corso delle consultazioni. Per alcuni settori, come quello dell’inquinamento zero, è stato necessario compiere delle scelte.
È emersa altresì una forte richiesta di rafforzare l’approccio per quanto concerne la salute degli ecosistemi. Pertanto, nel capitolo sulla biodiversità sono stati inseriti tre indicatori chiave volti a misurare i progressi verso l’obiettivo di bloccare e invertire la perdita della biodiversità in termini sia di singole specie che di ecosistemi. È stato inoltre introdotto un indicatore sul consumo di suolo nel capitolo trasversale sulla visione del programma per il 2050.
Per alcuni settori si è concordato di utilizzare indicatori indiretti. Ad esempio, per l’inquinamento zero è stata scelta la quantità di nitrati nelle acque sotterranee come indicatore di acqua pulita, anche se tale dato non è aggiornato annualmente. Questo indicatore non misura la riduzione delle perdite di nutrienti, tuttavia mostra l’impatto di tali perdite sulla qualità dell’acqua e fornisce una buona indicazione per gli obiettivi di riduzione dei nutrienti del Green Deal.
Gli indicatori chiave selezionati
La serie di indicatori chiave segue la struttura dell’8º PAA e comprende 26 indicatori. Ogni obiettivo prioritario specifico è monitorato da due indicatori, tranne la biodiversità per la quale se ne usano tre. Per le pressioni sull’ambiente, le condizioni favorevoli e l’obiettivo prioritario a lungo termine per il 2050 vi sono rispettivamente cinque indicatori.
L’elenco completo – e i relativi dati – sono disponibili nella comunicazione della Commissione europea riportata in appendice.
ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:
Comunicazione della Commissione europea sul quadro di monitoraggio per l’8° programma di azione per l’ambiente: misurare i progressi compiuti verso la realizzazione degli obiettivi prioritari del programma per il 2030 e il 2050, doc. COM(2022) 357 del 26.7.2022
Decisione (UE) 2022/591 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 aprile 2022, relativa a un programma generale di azione dell’Unione per l’ambiente fino al 2030, in GU UE L 114 del 12.4.2022