L’Italia e i finanziamenti dell’Unione europea: molte risorse, poco utilizzate
19 settembre 2014 di Mauro Varotto
In questi giorni, il Governo italiano chiede a gran voce all’Unione europea meno vincoli di bilancio e più risorse da spendere in investimenti pubblici e privati, a partire dai 300 miliardi di euro promessi dal neo-presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, negli “orientamenti politici”, con i quali, il 15 luglio 2014, ha presentato il suo programma politico al Parlamento europeo, sintetizzato in un precedente articolo del blog.
Che cosa ha detto, anzi, scritto Juncker a proposito di questi, ormai famosi, 300 miliardi di euro da destinare alla crescita?
Riporto il testo integrale del primo punto del programma – intitolato: “Il rilancio dell’occupazione, della crescita e degli investimenti” – in cui si parla di questi 300 miliardi di euro aggiuntivi:
“Ritengo che la nostra crescita sostenibile non sia compatibile con montagne di debiti in costante espansione. Questo è un insegnamento della crisi di cui dobbiamo fare tesoro. Sono inoltre perfettamente consapevole del fatto che sono soprattutto le imprese, e non i governi o le istituzioni dell’UE, a creare posti di lavoro. Ma sono anche convinto che possiamo impiegare in maniera molto più proficua il bilancio dell’UE e la Banca europea per gli investimenti (BEI). Dobbiamo usare i fondi pubblici disponibili a livello di UE per incoraggiare gli investimenti privati nell’economia reale. Abbiamo bisogno di investimenti più intelligenti, di interventi più mirati, di una minore regolamentazione e di una maggiore flessibilità nell’uso di questi fondi pubblici. Sono convinto che ciò ci consentirebbe di destinare, nei prossimi tre anni, fino a 300 miliardi di euro a ulteriori investimenti pubblici e privati nell’economia reale. (…)
Questi investimenti aggiuntivi dovranno essere incentrati sulle infrastrutture, in particolare la banda larga e le reti energetiche, nonché le infrastrutture nei trasporti in agglomerati industriali, sull’istruzione, sulla ricerca e l’innovazione e sulle energie rinnovabili, e sull’efficienza energetica. Una parte significativa degli stanziamenti dovrà essere destinata a progetti che consentano di garantire posti di lavoro dignitosi alle giovani generazioni, proseguendo il percorso già avviato con il sistema della Garanzia per i giovani, la cui attuazione va accelerata e ampliata progressivamente”.
Il programma di Juncker è chiaro ed è già in corso (a livello informale, poiché la nuova Commissione europea assumerà i pieni poteri solo dal 1° novembre prossimo), la preparazione di progetti da parte della Banca europea per gli investimenti (BEI) e della stessa Commissione.
Tuttavia, nel suo discorso, il neo-eletto Presidente della Commissione europea ha anche espresso un monito ai Paesi dell’Unione europea:
“Per realizzare questo proposito è necessario migliorare il contesto in cui si realizzano gli investimenti e accelerare l’assorbimento dei fondi”.
Infatti, non sempre e non tutti gli Stati riescono a spendere i fondi assegnati dall’Unione europea.
Proprio l’Italia, il paese che più alza la voce, in questo periodo, per avere nuove risorse per investimenti, è uno dei Paesi dell’Unione che riceve più finanziamenti, ma anche quello che ne spende meno.
Martedì 1° luglio si è svolta, presso una Commissione del Senato, l’audizione del sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio dei ministri, con delega alla coesione territoriale, Graziano Del Rio.
Tema dell’audizione: modalità di gestione e utilizzo dei Fondi strutturali e di investimento europei assegnati all’Italia.
Ho elaborato una tabella di sintesi, da cui emerge, stando ai dati ufficiali presentati dal sottosegretario, che l’Unione europea ci manda molte risorse per investimenti pubblici e privati, ma non siamo capaci né di programmarle, né di spenderle.
La programmazione italiana dei circa 80 miliardi collegati ai Fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020 è al palo.
L’accordo di partenariato presentato dal Governo italiano il 22 aprile scorso è stato bocciato ed è in fase profonda di riscrittura.
Non tutti i programmi operativi, relativi ai Fondi FESR e FSE, che dovevano essere trasmessi da Governo e regioni alla Commissione europea entro la fine del mese di luglio scorso, risultano presentati, come si può apprendere dal sito ufficiale della Commissione, Inforegio, che riporta una tabella relativa ai 28 Paesi UE, molto eloquente, con il dato aggiornato al 15 settembre.
E che cosa dire della spesa dei Fondi strutturali relativa al precedente periodo di programmazione 2007-2013, che dovrà essere completata entro il 31 dicembre 2015? Lascio la parola al Sottosegretario, che nell’audizione al Senato ha illustrato i dati riportati nella tabella:
“Al 31 maggio 2014 è stato certificato un livello di spesa pari al 56,1 per cento della spesa complessiva. Rimangono quindi da certificare alla Commissione europea ancora 21 miliardi, di cui circa 16 riguardano i programmi operativi dell’Obiettivo Convergenza” [cioè le quattro regioni: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia].
Per non parlare dei Fondi che lo Stato italiano stesso dedica alla coesione economica, sociale e territoriale del Paese, mediante il Fondo di sviluppo e coesione (ex Fondo per le aree sottoutilizzate): non solo la programmazione 2014-2020 delle risorse già stanziate nella legge finanziaria per il 2014 è ancora avvolta dal mistero più fitto, ma più della metà della precedente programmazione risulta non spesa e avanzano addirittura 4 miliardi di euro impegnati circa 15 anni fa …
Di fronte a questi dati, che dimostrano che i soldi ci sono, ma l’Italia non sa come utilizzarli, quale credibilità può avere il Governo italiano che, nelle diverse sedi europee, strilla e si agita per avere i “nuovi fondi” promessi da Juncker?