Programmazione UE 2021-2027: il futuro della cooperazione nelle regioni di confine
28 settembre 2018 di Mauro Varotto
Sono quaranta le frontiere interne terrestri che dividono gli Stati europei, in particolare i ventotto Paesi dell’Unione europea e i quattro Paesi dell’Associazione europea del libero scambio (EFTA: Norvegia, Svizzera, Islanda e Liechtenstein). Tali aree di confine, evidenziate nella mappa:
– occupano il 40% del territorio dell’Unione europea;
– rappresentano il 30% della popolazione, cioè 150 milioni di persone;
– generano il 30% del PIL dell’Unione;
– ospitano quasi 2 milioni di pendolari transfrontalieri, fra cui 1,3 milioni di lavoratori transfrontalieri, che rappresentano lo 0,6% di tutti gli occupati dell’Unione (ad esempio, 450.000 in Francia, 270.000 in Germania, 140.000 in Polonia, 135.000 in Slovacchia, ecc.).
Non è un caso, quindi, se l’articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) riconosce la situazione particolare delle “regioni transfrontaliere” e stabilisce che l’Unione deve prestare un’attenzione particolare a esse, in particolare nell’ambito della politica di coesione economica, sociale e territoriale.
In tale contesto, dal 1990 i programmi di cooperazione transfrontaliera attuati nelle regioni di confine dell’Unione europea, comprese quelle con i paesi EFTA, si avvalgono del sostegno dei fondi Interreg. I programmi di cooperazione transfrontaliera Interreg hanno finanziato migliaia di progetti e di iniziative che hanno contribuito a migliorare l’integrazione europea, in particolare nel campo dell’ambiente, della salute, dell’economia locale, delle infrastrutture di trasporto e delle telecomunicazioni: nella banca dati KEEP si possono trovare tutti i progetti finanziati dal 2000 ad oggi.
Nel periodo di programmazione in atto (2014-2020) quasi il 75% delle risorse dedicate all’obiettivo “Cooperazione territoriale europea” dei Fondi strutturali e di investimento europei è destinato a cofinanziare i programmi di cooperazione transfrontaliera: a prezzi correnti, 7,6 miliardi di euro provenienti dal bilancio dell’Unione, cui sono da aggiungere i cofinanziamenti nazionali, pubblici e privati, che fanno salire tale cifra a oltre 9 miliardi di euro.
Nella seguente tavola sono elencati i soli programmi ai quali partecipa l’Italia.
Gli ostacoli alla crescita delle regioni di confine
Nel corso degli ultimi decenni, quindi, il processo di integrazione europea ha contribuito a trasformare tali zone di confine da aree periferiche ad aree di crescita e opportunità.
Tuttavia, sebbene le regioni frontaliere siano i luoghi in cui il processo di integrazione europea dovrebbe ottenere i risultati maggiori, perché dovrebbe rendere possibile svolgere gran parte delle attività quotidiane (studiare, lavorare, formarsi, prestare assistenza o fare affari) indipendentemente dall’esistenza di confini nazionali, i dati raccolti dalla Commissione europea dimostrano che tali regioni, in generale, hanno tassi di sviluppo economico inferiori rispetto ad altre regioni situate in zone più interne dei rispettivi Stati membri.
Ad esempio, l’accesso a servizi pubblici come ospedali, scuole e università, è in generale meno agevole nelle regioni di confine; muoversi fra i diversi sistemi amministrativi e giuridici è un’operazione spesso complessa e costosa; infine, gli attuali ostacoli alle frontiere limitano le attività produttive o rendono difficile realizzare economie di scala, oltre a causare costi aggiuntivi per i cittadini e le imprese.
La Commissione europea ha svolto diverse analisi per valutare i costi derivanti dalla complessità e dalla duplicazione dei servizi frontalieri: uno studio commissionato al Politecnico di Milano sull’impatto economico degli ostacoli alle frontiere sul PIL e sui livelli di occupazione nelle regioni frontaliere interne terrestri, evidenzia come tali regioni potrebbero essere più ricche in media dell’8% del PIL se fossero rimosse tutte le attuali barriere e fosse utilizzata da tutti la stessa lingua.
Si tratta di uno scenario teorico non realizzabile, e nemmeno auspicabile, poiché l’Europa si fonda sulla diversità e sulla sussidiarietà: tuttavia, se fosse rimosso soltanto il 20% degli ostacoli, il PIL delle regioni frontaliere crescerebbe del 2% e l’impatto stimato sull’occupazione sarebbe di un incremento di oltre 1 milione di posti di lavoro.
Il nuovo approccio della Commissione europea per la crescita delle regioni di confine
Alla luce di questi dati, la Commissione europea ha concluso che nelle regioni di confine non sono più sufficienti gli aiuti economici che provengono dai programmi europei Interreg: gli ostacoli alla crescita in tali aree non possono essere rimossi solo mediante finanziamenti e investimenti.
Nuovi programmi di finanziamento Interreg non avranno gli effetti positivi auspicati nelle regioni frontaliere se non saranno rafforzati i meccanismi di cooperazione transfrontaliera.
Tali considerazioni emergono da una comunicazione di un anno fa, in cui la Commissione europea ha illustrato i modi con cui l’Unione e i suoi Stati membri possono ridurre la complessità, la lunghezza e i costi delle relazioni transfrontaliere e promuovere la condivisione di servizi a ridosso delle frontiere interne.
Che cosa è necessario migliorare per fare sì che i cittadini che vivono nelle regioni di confine riescano a trarre pieno vantaggio dalle opportunità disponibili su ambo i versanti del confine?
Per rispondere a tale domanda la comunicazione proponeva dieci azioni e l’istituzione, all’interno della Commissione europea, di un “Punto focale” (Border Focal Point) dedicato alle frontiere e con la duplice funzione di fare in modo che le iniziative fondamentali future della Commissione considerino gli aspetti riguardanti le regioni frontaliere e di fornire un sostegno agli Stati membri e agli altri attori chiave per affrontare le questioni giuridiche e amministrative riguardanti le regioni frontaliere, in particolare per quanto concerne il recepimento delle direttive dell’Unione o delle regole di coordinamento.
Nel contempo, la stessa comunicazione richiamava gli Stati membri alle loro responsabilità, nella consapevolezza che non vi sono soluzioni semplici ai problemi transfrontalieri e che la loro soluzione costituisce un processo complesso che coinvolge tutti i livelli di governo e di pubblica amministrazione.
Anche se le difficoltà di chi vive in aree di confine sono percepite solo a livello locale, le soluzioni raramente possono essere trovate a quel livello: per rimuovere gli ostacoli o ridurre la complessità occorre che tutti i livelli di governo e di amministrazione operino in stretta collaborazione.
Le proposte legislative della Commissione europea per la cooperazione transfrontaliera
In questa ottica, la Commissione europea, nell’ambito delle proposte per il periodo di programmazione 2021-2027, ha avanzato due proposte legislative per rafforzare la cooperazione tra le regioni di confine e continuare a promuovere la crescita economica di tali aree:
- una proposta di regolamento che istituisce un meccanismo giuridico per superare gli ostacoli di carattere giuridico e amministrativo tra le aree di confine;
- una proposta di regolamento relativa ai finanziamenti del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) all’obiettivo “Cooperazione territoriale europea” (Interreg) per il periodo 2021-2027.
Il meccanismo giuridico per eliminare gli ostacoli giuridici alle frontiere
Il regolamento proposto dalla Commissione europea si rivolge principalmente alle autorità degli Stati membri dove vi sono zone di confine (quindi, Parlamenti e governi nazionali, regioni ed enti locali) offrendo a essi due nuovi strumenti di cooperazione volti a eliminare gli ostacoli giuridici alle frontiere.
La finalità della proposta è di aiutare le persone che vivono nelle regioni di frontiera a godere dei diritti fondamentali riconosciuti loro dai Trattati europei, quali, ad esempio, il diritto all’istruzione e all’accesso alla formazione professionale e continua (articolo 14 del TUE), la libertà professionale e il diritto di lavorare (articolo 15), in particolare la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi e di prestare servizi in qualunque Stato membro; la libertà d’impresa (articolo 16); l’accesso alla sicurezza sociale e all’assistenza sociale (articolo 34); il diritto alla protezione della salute (articolo 35) e l’accesso ai servizi d’interesse economico generale, quali i trasporti, la connettività alla banda larga, ecc. (articolo 36).
Anche se è vero che, nel corso degli anni, l’Unione europea ha messo a punto una serie di strumenti giuridici e finanziari per facilitare la cooperazione attraverso le frontiere europee – ad esempio, il Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) consente ad entità di due o più Stati membri di collaborare nell’ambito di una struttura comune con personalità giuridica (ciò facilita in molti casi la cooperazione transfrontaliera e dà modo alle autorità regionali e locali di cooperare senza la necessità di un accordo ratificato a livello di Stato membro) – tuttavia, la natura prettamente istituzionale di questi strumenti non sempre è idonea per risolvere gli ostacoli giuridici e amministrativi.
Un nuovo meccanismo per eliminare gli ostacoli giuridici nelle regioni di frontiera rappresenta, dunque, un necessario complemento non solo al sostegno finanziario nel quadro dei futuri programmi Interreg, ma anche al sostegno istituzionale di organismi quali i GECT, poiché a questi ultimi non sono conferiti poteri legislativi che consentano di superare gli ostacoli giuridici.
Sulla base dell’esperienza maturata in alcuni Stati membri che hanno istituito uno strumento il quale – su base volontaria e d’intesa con le autorità competenti – consentirebbe l’applicazione delle norme di uno Stato membro nello Stato membro limitrofo per uno specifico progetto o una specifica azione limitata nel tempo, attuata in una regione frontaliera e promossa da autorità pubbliche locali e/o regionali, la Commissione propone di standardizzare tale strumento giuridico.
A tal fine, la proposta di regolamento che istituisce un meccanismo giuridico per superare gli ostacoli di carattere giuridico e amministrativo tra le aree di confine offre due possibilità: il cosiddetto “Impegno transfrontaliero europeo”, che consente una deroga alle disposizioni normali, oppure la “Dichiarazione transfrontaliera europea”, con la quale i firmatari si impegnano formalmente a modificare le disposizioni normali.
Entrambi consentono di utilizzare le norme di uno Stato membro in uno Stato membro limitrofo.
Tale meccanismo:
- prevedrà una partecipazione su base volontaria: gli Stati membri potranno scegliere tale meccanismo o utilizzare altri meccanismi efficaci per eliminare gli ostacoli giuridici alle frontiere;
- si concentrerà sulle frontiere terrestri interne all’UE, ma gli Stati membri potranno applicarlo anche alle frontiere marittime ed esterne;
- riguarderà progetti congiunti, in relazione a qualunque elemento infrastrutturale che abbia un impatto su una regione transfrontaliera o qualunque servizio di interesse economico generale prestato in una regione transfrontaliera.
Il regolamento disciplina la procedura per la conclusione di un Impegno o di una Dichiarazione che si articolerà nelle seguenti fasi: preparazione e trasmissione di un documento di iniziativa, che deve essere redatto da un soggetto “iniziatore”, cioè dall’organismo pubblico o privato responsabile dell’avvio o dell’avvio e dell’attuazione di un progetto congiunto (la Commissione europea fa l’esempio di una nuova linea transfrontaliera di trasporto pubblico locale); un’analisi preliminare realizzata dallo Stato membro tenuto ad applicare entro la propria frontiera le disposizioni giuridiche dello Stato membro limitrofo; la redazione dell’Impegno o della Dichiarazione da concludere; infine, la conclusione dell’Impegno o della Dichiarazione e la relativa firma da parte delle autorità competenti di entrambi gli Stati membri.
La cooperazione transfrontaliera nell’obiettivo “Cooperazione territoriale europea” (2021-2027)
La seconda proposta della Commissione europea riguarda il futuro finanziamento dei programmi di cooperazione territoriale europea.
In tale ambito, la cooperazione transfrontaliera tra aree geografiche limitrofe sarà la prima delle cinque componenti del nuovo obiettivo “Cooperazione territoriale europea” (Interreg) cofinanziato dal FESR.
Essa riguarderà esclusivamente le frontiere terrestri (e non più marittime) limitrofe di due o più Stati membri (cooperazione transfrontaliera interna) o tra regioni frontaliere terrestri limitrofe di almeno uno Stato membro e uno o più paesi terzi confinanti con l’Unione (cooperazione transfrontaliera esterna).
Secondo le proposte della Commissione europea, le risorse del FESR a favore dell’obiettivo “Cooperazione territoriale europea” (Interreg) per il periodo 2021-2027 dovrebbero ammontare a 9,1 miliardi di euro, a prezzi correnti: il 52,7%, cioè un totale di 4,7 miliardi di euro sarà destinato alla cooperazione transfrontaliera tra le sole frontiere terrestri.
Il tasso di cofinanziamento nazionale, tuttavia, sarà aumentato dall’attuale 15% al 30%, facendo salire in tal modo le risorse destinate alle aree transfrontaliere terrestri a 6,7 miliardi di euro, cifra simile a quella dell’attuale periodo di programmazione.
I programmi di cooperazione transfrontaliera contribuiranno ai cinque seguenti obiettivi strategici dei Fondi europei a finalità strutturale:
- un’Europa più intelligente, attraverso la promozione di una trasformazione economica innovativa e intelligente;
- un’Europa più verde e a basse emissioni di carbonio, attraverso la promozione di una transizione verso un’energia pulita ed equa, di investimenti verdi e blu, dell’economia circolare, dell’adattamento ai cambiamenti climatici e della gestione e prevenzione dei rischi;
- un’Europa più connessa, attraverso il rafforzamento della mobilità e della connettività regionale alle TIC;
- un’Europa più sociale, attraverso l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali (a tal fine, il FESR finanzierà specifici interventi di pertinenza del Fondo sociale europeo);
- un’Europa più vicina ai cittadini, attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile e integrato delle zone urbane, rurali e costiere e delle iniziative locali.
Inoltre, sono fissati due obiettivi specifici dell’Interreg:
- una migliore gestione dell’Interreg, che sosterrà azioni di potenziamento della capacità istituzionale delle autorità pubbliche e dei portatori di interessi nonché il potenziamento di una amministrazione pubblica efficiente mediante la promozione della cooperazione giuridica e amministrativa e della cooperazione fra cittadini e istituzioni, in particolare con l’intento di eliminare gli ostacoli di tipo giuridico e di altro tipo nelle regioni frontaliere;
- un’Europa più sicura, che sosterrà, nel programmi di cooperazione transfrontaliera esterna, azioni nei settori della gestione dei valichi di frontiera, della mobilità e della gestione della migrazione, compresa la protezione dei migranti.
ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:
I testi completi delle proposte della Commissione europea relative al meccanismo per eliminare gli ostacoli giuridici e amministrativi in ambito transfrontaliero [doc. COM(2018) 373 del 29 maggio 2018] e sulle disposizioni specifiche per l’obiettivo “Cooperazione territoriale europea” (Interreg) sostenuto dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dagli strumenti di finanziamento esterno [doc. COM(2018) 374 del 29 maggio 2018] sono reperibili al seguente link.
Politecnico di Milano, Quantification of the effects of legal and administrative border obstacles in land border regions (Quantificazione degli effetti degli ostacoli transfrontalieri giuridici e amministrativi nelle regioni frontaliere terrestri), 2017