L’acqua è un diritto: la prima “iniziativa dei cittadini europei”
22 aprile 2014 di Mauro Varotto
“Cittadini dell’Unione, in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri, possono prendere l’iniziativa d’invitare la Commissione europea, nell’ambito delle sue attribuzioni, a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati.”
Art. 11, prf. 4 del Trattato sull’Unione europea
L’iniziativa dei cittadini europei è uno strumento introdotto dal Trattato di Lisbona, in vigore dal 1 dicembre 2009, per promuovere la partecipazione democratica dei cittadini alle questioni di importanza europea: in base all’art. 11 del Trattato sull’Unione europea e al Regolamento (UE) n. 211/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, essa consente a un milione di cittadini, di almeno sette Stati membri dell’Unione europea, di chiedere alla Commissione europea di intraprendere una iniziativa legislativa in settori di competenza unionale.
E’ il primo strumento di democrazia partecipativa adottato a livello di Unione europea.
Dalla sua istituzione, avvenuta nel mese di aprile del 2012, oltre 5 milioni di cittadini hanno sottoscritto più di 20 iniziative diverse. Tuttavia, la prima iniziativa dei cittadini europei ad avere raggiunto tutti i requisiti stabiliti dal Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, è stata l’iniziativa intitolata: “L’acqua è un diritto” (Right2Water), tema sul quale, in Italia, il 12 e 13 giugno 2011 si è svolto un referendum abrogativo.
Dopo aver raccolto oltre 1,6 milioni di adesioni in Francia, Belgio, Germania, Svezia, Bulgaria, Italia e Regno Unito, è stata ufficialmente presentata alla Commissione europea dai suoi organizzatori il 20 dicembre 2013.
Con l’iniziativa “L’acqua è un diritto”, i cittadini europei chiedevano alla Commissione europea di “proporre una normativa che sancisca il diritto umano universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, come riconosciuto dalle Nazioni Unite, e promuova l’erogazione di servizi idrici e igienico-sanitari in quanto servizi pubblici fondamentali per tutti”.
Secondo le disposizioni del Regolamento sull’iniziativa dei cittadini europei, la Commissione aveva tre mesi per presentare la risposta, in forma di comunicazione ai soggetti organizzatori, in cui esporre “le sue conclusioni giuridiche e politiche riguardo all’iniziativa dei cittadini, l’eventuale azione che intende intraprendere e i suoi motivi per agire o meno in tal senso”.
La risposta della Commissione è arrivata, nei termini, con una comunicazione del 19 marzo 2014, nella quale, dopo una approfondita analisi della questione, ha assunto l’impegno di continuare le azioni, in corso da molti anni, dirette a migliorare l’accesso all’acqua e alle strutture igienico-sanitarie e a estenderlo a un numero sempre maggiore di cittadini, puntando a coprire l’intera popolazione, attraverso le politiche ambientali e il finanziamento delle infrastrutture da parte dell’Unione europea.
Tuttavia, più di questo, sul tema dell’acqua, l’Unione europea non può fare: l’Unione deve agire nei limiti delle competenze che ad essa hanno attribuito i suoi 28 Stati membri.
Infatti, nel sistema istituzionale dell’Unione europea, le modalità di gestione dei servizi idrici sono prerogativa esclusiva delle autorità pubbliche degli Stati membri e l’Unione, in questo ambito, può solo vigilare affinché i principi fondamentali del Trattato, quali la trasparenza e la parità di trattamento, siano rispettati.
L’art. 345 del Trattato sul funzionamento dell’Unione pone un limite esplicito ai poteri dell’Unione: essa deve rimanere neutrale rispetto alle decisioni nazionali che disciplinano il regime di proprietà, anche delle imprese erogatrici di servizi idrici. In altri termini, l’Unione non ha il potere di adottare atti giuridici che hanno effetti sulle norme alla base del regime di proprietà, compresa la proprietà delle imprese erogatrici di un servizio pubblico, quale la fornitura di acqua.
Come è noto, in Europa, la fornitura dei servizi idrici è generalmente di competenza delle autorità locali. Le autorità pubbliche sono del tutto libere di eseguire in proprio le prestazioni di tali servizi, oppure di affidarle ad altre entità giuridiche di diritto pubblico, mediante il sistema di affidamento diretto (in house). Possono anche decidere di affidare a soggetti terzi i servizi idrici, in toto o in parte, con gestione privata o mista: in questo caso, le autorità pubbliche hanno piena facoltà di stabilire obblighi chiari per gli operatori privati, al fine di garantire che i servizi erogati nell’area geografica di loro competenza soddisfino gli standard prescritti.
ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:
Nell’allegato I della Comunicazione sono descritti gli aspetti procedurali relativi alla promozione di una “iniziativa dei cittadini europei”.