Alla ricerca delle città europee più creative e innovative: verso un’agenda europea per le città

17 dicembre 2015 di Mauro Varotto

Il 1987 è stato un anno chiave nella presa di coscienza dei problemi ambientali a livello europeo.

Non solo fu dichiarato “Anno europeo dell’ambiente” ma, il 1° luglio dello stesso anno, entrò in vigore l’Atto unico europeo, che attribuì, per la prima volta, alla (allora) Comunità economica europea competenze in campo ambientale, con il nuovo Titolo VII nel Trattato di Roma intitolato “Ambiente”.

Il 1987 fu anche l’anno in cui, sempre per la prima volta, affiorò nelle politiche europee la tematica delle aree urbane. Nel IV programma d’azione in materia ambientale per il periodo 1987-1992, compariva un paragrafo intitolato: “Aree urbane, costiere e zone montane”.

Fu l’inizio di un percorso che, oggi, trenta anni dopo, sta portando alla definizione di una “agenda urbana europea”.

 

Principali tappe dell’evoluzione della politica urbana dell’Unione europea

La politica urbana dell’Unione europea nasce e si sviluppa, all’inizio, come una priorità della politica ambientale: i centri urbani sono aree di degrado ambientale; nei centri urbani ci sono le periferie industriali in declino economico, come si legge nel IV programma d’azione in materia ambientale del 1987:

“In molte aree urbane il declino economico e le loro difficoltà particolari hanno portato al degrado delle condizioni di vita e di lavoro dei loro abitanti. Ne risulta che la situazione nel 1985 di molte città europee presenta condizioni sostanzialmente peggiori di quelle di dieci o quindici anni fa”.

Quando, nel 1992, a Rio de Janeiro, si tenne la Conferenza ONU su “Ambiente e Sviluppo” (il primo “Summit sulla Terra”) e si iniziò a parlare di “sviluppo sostenibile”, anche la nascente politica urbana europea si allineò e iniziò a parlare di “sviluppo urbano sostenibile”: infatti, è del 1998 il “Quadro d’azione per lo sviluppo urbano sostenibile”.

Tra alti e bassi, la problematica dello sviluppo urbano ha continuato, nel tempo, a essere presente a livello europeo, fino a trovare la sua collocazione al di fuori della politica ambientale, nel contesto della politica di coesione economica e sociale dell’Unione europea, dove le città non significano più solo degrado ambientale ed economico, ma sono considerate una risorsa.

Significativo, in questo senso, il titolo di una comunicazione della Commissione europea del 2006: “Politica di coesione e città: il contributo urbano alla crescita e all’occupazione all’interno delle regioni”.

Da questo momento in poi, lo sviluppo urbano sostenibile non è più oggetto di iniziative speciali, come era avvenuto fino ad allora attraverso i progetti pilota urbani e le iniziative comunitarie “Urban”, ma viene integrato a pieno titolo nei programmi operativi nazionali e regionali dei fondi strutturali europei, nell’ambito dei quali emerge la tematica della attrattività e della competitività delle città.

Si arriva, quindi, al Trattato di Lisbona, in vigore dal 1° dicembre 2009, dove la politica di coesione assume, accanto alle dimensioni economica e sociale, una nuova dimensione territoriale: le politiche di sviluppo devono basarsi sui luoghi e sulle loro specificità e potenzialità.

Proprio l’analisi del territorio dimostra una evoluzione delle città europee, le quali non coincidono più con i confini amministrativi tracciati dalla legislazione: il 68% circa della popolazione europea si concentra in aree definite “metropolitane”, nelle quali si produce il 67% del PIL dell’Unione europea.

Si scopre che oggi sono questi agglomerati, queste “aree metropolitane” i motori dell’economia europea e i catalizzatori di creatività e innovazione dell’Unione, anche se ciò non significa che le stesse aree non rappresentino ancora i luoghi in cui sono più accentuati i fenomeni della disoccupazione, della esclusione sociale e della povertà.

Il definitivo passaggio della tematica dello sviluppo urbano sostenibile dal contesto della politica ambientale a quello dello sviluppo territoriale è anche nominativamente segnato, nel 2012, con il cambio di denominazione della direzione generale della “Politica regionale” della Commissione europea che oggi si chiama direzione generale della “Politica regionale e urbana”.

Tuttavia, a livello europeo, lo sviluppo urbano non è promosso soltanto dalla politica regionale e dai Fondi strutturali e di investimento europei.

Un numero crescente di politiche settoriali dell’Unione è incentrato esplicitamente sulle zone urbane: la politica dell’energia, l’agenda digitale europea, l’ambiente, l’istruzione e la cultura, i trasporti, l’azione per il clima e altre iniziative come la Capitale europea della cultura, il partenariato europeo dell’innovazione “Città e comunità intelligenti”, il premio “Capitale verde europea”, il Patto dei sindaci e, infine, l’iniziativa Mayors Adapt.

Per non parlare dell’impatto della legislazione dell’Unione sulle città: le direttive sulla qualità dell’aria e sul rumore, le politiche sulle migrazioni, le misure volte a ridurre la congestione del traffico, sono tutti esempi di atti implicitamente indirizzati alle zone urbane.

 

© 2015 EURIS srl

 

I principi del modello di sviluppo urbano sostenibile europeo

L’attuale tentativo di sviluppare una politica urbana dell’Unione europea nasce da una riflessione sulle “città del futuro”, svoltasi in alcuni workshop organizzati nel 2010 dalla Commissione europea, e che individua i principi del modello di sviluppo urbano sostenibile europeo.

In base a questi principi, le città europee devono essere:

  • luoghi di sviluppo sociale avanzato;
  • una piattaforma per la democrazia, il dialogo culturale e la diversità;
  • luoghi verdi, di rigenerazione ecologica e ambientale;
  • poli di attrazione e motori della crescita economica.

Questi principi si sono via via formati nel corso dell’evoluzione degli ultimi trenta anni appena sintetizzata. Ma sono principi che emergono dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dallo stesso modello sociale europeo.

Inoltre, essi tengo conto di quanto è stato costruito negli ultimi anni: la Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili del 2007; la Dichiarazione di Toledo sulla rigenerazione urbana del 2010; infine, l’Agenda territoriale dell’Unione europea per il 2020, adottata in via informale dai Governi dei paesi membri dell’Unione nel 2011.

Nel 2014 la Commissione europea ha aperto una ampia riflessione, imperniata sulla domanda: è utile un’agenda urbana dell’Unione e quali sfide dovrebbe affrontare?

La consultazione si è chiusa nel mese di settembre 2014 e sulla base dei risultati la Commissione sta ora elaborando una nuova strategia.

 

Città e aree metropolitane nella programmazione 2014-2020

I nuovi regolamenti sui Fondi strutturali e di investimento europei per il periodo di programmazione 2014-2020, in particolare il regolamento del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), rilanciano la tematica dello sviluppo urbano sostenibile, imponendo agli stati membri di destinare almeno il 5% delle risorse del FESR ad essi assegnate (in Italia 20,6 miliardi di euro), al sostegno di azioni integrate per affrontare le sfide economiche, ambientali, climatiche, demografiche e sociali delle aree urbane.

Accanto a ciò, un programma di cooperazione interregionale, Urbact, continuerà a sostenere lo scambio di esperienze tra centri urbani sull’individuazione, il trasferimento e la diffusione di buone prassi, in relazione allo sviluppo urbano sostenibile, compresa la tematica dei collegamenti tra aree urbane e rurali.

Inoltre, un pacchetto di 372 milioni di euro, per finanziare progetti innovativi, anche di carattere infrastrutturale ed edilizio, nei comuni europei, anche associati, classificati come zone urbane dall’Eurostat, con una popolazione di almeno 50.000 abitanti, è messo a disposizione dalla Commissione europea nell’ambito della iniziativa “Azioni innovative in ambito urbano”. I primi 80 milioni di euro saranno destinati a progetti che affrontino le seguenti problematiche:

– povertà urbana (con particolare attenzione peri quartieri più disagiati);

– integrazione di migranti e rifugiati;

– transizione alle fonti di energia rinnovabile;

– occupazione e competenze nell’economia locale.

Infine, le città che decideranno di attuare strategie di sviluppo urbano sostenibile (in Italia un programma specifico riguarda le 14 città metropolitane, ma altre 105 città medie e poli urbani regionali possono essere individuati e finanziati dalle singole Regioni) o che decideranno di partecipare ai programmi di cooperazione interregionale o alle azioni innovative, saranno coinvolte dalla Commissione europea nella nuova “Rete di sviluppo urbano”, finanziata con risorse dell’assistenza tecnica, e finalizzata a promuovere lo sviluppo di capacità, la creazione di reti e lo scambio di esperienze a livello dell’Unione fra le autorità urbane responsabili dell’attuazione di tali strategie.

Sarà, questo, un primo test per capire quali sono le città europee più avanzate, in grado di proporre le soluzioni più creative e più innovative alle sfide dello sviluppo urbano.

 

ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:

Comunicazione della Commissione europea, La dimensione urbana delle politiche dell’UE. Elementi fondanti di una agenda urbana, COM(2014) 490 del 18.7.2014

Al programma di cooperazione interrregionale Urbact III è dedicato un sito internet, così come alle azioni innovative in ambito urbano.

Si segnala anche l’importante database dell’Eurostat sulle città, che consente di conoscere il “posizionamento” della propria città rispetto alla nuova classificazione europea del “grado di urbanizzazione” (1. Cities; 2. Towns and Suburbs; 3. Rural areas), classificazione utilizzata nelle politiche di sviluppo urbano, a livello regionale nazionale ed europeo per individuare le città ammissibili ai diversi programmi di finanziamento.

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