L’agenda europea “Giustizia 2020” e il nuovo ruolo dell’UE nel settore della giustizia
14 aprile 2014 di Mauro Varotto
Parlare di “spazio europeo di giustizia”, significa parlare dei nostri diritti di cittadini europei: anche se può sembrare, a prima vista, un tema ostico, tuttavia, ho introdotto l’argomento, negli ultimi due articoli pubblicati, perché, proprio in questo ambito, siamo alla vigilia di un’importante evoluzione delle competenze e dei poteri dell’Unione europea, destinata ad avere un impatto importante anche sul nostro sistema giudiziario nazionale.
Non è un caso, quindi, se nel Documento di Economia e Finanza 2014, deliberato dal Consiglio dei Ministri qualche giorno fa, alla riforma della giustizia civile, amministrativa e penale italiana, annunciata per il prossimo mese di giugno, sono dedicati importanti capitoli, che allineano il nostro Paese alla nuova politica di giustizia dell’Unione europea.
Breve cronistoria della politica di giustizia dell’Unione europea
Negli ultimi quindi anni, l’Unione europea è andata, via via, sviluppando uno spazio comune europeo di giustizia e una politica specifica di giustizia.
Tutto iniziò con il Trattato di Maastricht, entrato in vigore il 1° novembre 1993, il quale, pure in un quadro di cooperazione intergovernativa, esterno alle Comunità europee, aveva avviato la cooperazione tra gli Stati membri in un nuovo ambito, la giustizia e gli affari interni (il terzo pilastro della GAI), partendo da una serie di temi di interesse comune, dalla politica dell’asilo e dell’immigrazione alla lotta alla droga, fino, appunto, alla cooperazione giudiziaria.
Successivamente, il Trattato di Amsterdam, in vigore dal 1° maggio 1999, aveva ulteriormente sviluppato quella forma di cooperazione embrionale, portandola all’interno del sistema comunitario e fissando l’obiettivo concreto di rendere l’Unione europea “uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia senza frontiere interne”.
Tuttavia, fino alla fine del 2009, la giustizia era ancora un ambito d’azione dell’Unione disciplinato da regole particolari, rispetto alle altre politiche unionali: le priorità, infatti, venivano stabilite non dal legislatore ma dall’organo di indirizzo politico, il Consiglio europeo, tramite programmi quinquennali molto dettagliati (Tampere, l’Aia e, l’ultimo in ordine di tempo, Stoccolma), attuati da piani di azione della Commissione europea. Il Parlamento europeo era escluso dalle decisioni ed era limitato anche il controllo della Corte di giustizia dell’Unione europea.
Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009, è cambiato tutto: la politica di giustizia è stata equiparata, nelle sue grandi linee, alle altre politiche dell’Unione. Oggi, infatti, i due rami legislativi dell’Unione, Parlamento europeo e Consiglio, sono co-legislatori in molte aree della cooperazione giudiziaria in materia civile e penale.
Inoltre, il 1º dicembre 2014 si concluderà l’ultimo periodo transitorio e verranno definitivamente rimosse le attuali restrizioni al controllo giurisdizionale della Corte di giustizia europea e alle prerogative della Commissione europea di avviare procedure di infrazione nei confronti degli Stati membri, per le violazioni nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile e penale.
Infine, sempre nel 2014, scadranno anche il “Programma di Stoccolma” del Consiglio europeo e il relativo piano d’azione della Commissione europea.
Dal 2015, si aprirà, quindi, una nuova fase, in cui l’Unione europea sarà dotata delle competenze e dei poteri per creare un effettivo “spazio di libertà, sicurezza e giustizia, senza frontiere interne”, come previsto dall’art. 3, prf. 2 del Trattato sull’Unione europea.
Una nuova agenda per la giustizia nell’Unione europea fino al 2020
In questo contesto, la Commissione europea ha aperto un confronto con il Parlamento europeo e il Consiglio, e con i Parlamenti nazionali, le Autorità giurisdizionali nazionali e i cittadini, presentando una “Agenda Giustizia dell’Unione europea per il 2020”.
L’esito di questo dibattito servirà, a sua volta, da impulso per l’adozione dei nuovi orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che il Consiglio europeo, come previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, adotterà all’inizio del 2015.
Le tre grandi sfide dello spazio europeo di giustizia
L’agenda “Giustizia 2020” intende affrontare tre grandi sfide che si chiamano:
- Fiducia. La fiducia reciproca, tra i 28 Stati membri, sui rispettivi sistemi giudiziari nazionali è essenziale perché i cittadini, i giudici, e tutti gli operatori della giustizia, possano fare pieno affidamento sulle decisioni giudiziarie, indipendentemente dallo Stato membro in cui sono emesse. Strumenti quali il mandato d’arresto europeo e i regolamenti sul conflitto di leggi, esigono un elevato grado di fiducia reciproca tra le autorità giudiziarie dei diversi Stati membri: per questo, sono essenziali sistemi giudiziari indipendenti, efficienti e di qualità e il rispetto dello Stato di diritto. Inoltre, un ulteriore presupposto fondamentale per la reciproca fiducia, è che le leggi concordate a livello dell’Unione siano recepite ed effettivamente applicate a livello nazionale;
- Mobilità. Secondo i dati Eurostat, oggi sono quasi 14 milioni i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro diverso da quello di origine (contro i 12,1 milioni del 2009); sempre più cittadini dell’Unione viaggiano (550 milioni di viaggi venduti all’anno in Europa, anche verso Paesi terzi), studiano, votano, lavorano, ricevono cure mediche, si sposano (122 milioni di matrimoni registrati nell’Unione, di cui 16 milioni tra cittadini di due diversi Stati membri), fanno figli, acquistano una proprietà, divorziano (650.000 divorzi all’anno, tra coppie transfrontaliere dell’Unione) e muoiono, in uno Stato membro diverso da quello in cui sono nati. Inoltre, pur senza muoversi da casa, i consumatori acquistano beni e servizi in altri Stati membri, anche online. Bastano questi dati per capire quanto sia essenziale poter esercitare, in un altro Stato membro dell’Unione, gli stessi diritti riconosciuti nel proprio, diritto ancora oggi non effettivo, perché si scontra con difficoltà di ordine pratico e giuridico, che devono essere risolte quanto prima, per assicurare a cittadini e imprese le libertà fondamentali sancite dal diritto dell’Unione europea.
- Crescita. La politica di giustizia dell’Unione ha un ruolo importante nel sostenere la ripresa economica, la crescita e l’occupazione. Occorre portare avanti le riforme strutturali in questo settore in ciascuno Stato membro, affinché i sistemi giudiziari possano amministrare la giustizia in modo rapido, affidabile e degno di fiducia, permettendo in particolare di ridurre la durata dei procedimenti giudiziari.
Come continuare a costruire uno “spazio europeo di giustizia”?
Per affrontare le sfide individuate e per costruire un effettivo spazio europeo di giustizia, pienamente operativo, la Commissione europea individua tre strade che deve percorrere la futura politica di giustizia dell’Unione:
- consolidare i risultati sin qui raggiunti, garantendo il pieno rispetto dei diritti fondamentali sanciti dai Trattati dell’Unione europea e l’attuazione concreta di tutti i diritti sanciti dalle norme dell’Unione. In particolare, gli strumenti giuridici concordati a livello dell’Unione devono essere recepiti dagli Stati membri, effettivamente attuati e utilizzati. Nel caso in cui questi diritti non siano rispettati, devono esistere mezzi di ricorso effettivi, a disposizione di cittadini e imprese. Inoltre, risulta urgente un investimento nella formazione di tutti gli operatori nazionali della giustizia – dagli avvocati agli ufficiali giudiziari, dai giudici ai pubblici ministeri – i quali dovrebbero conoscere, oltre al proprio diritto nazionale, anche il diritto dell’Unione ed essere in grado di interpretarlo e applicarlo efficacemente (sembra incredibile, ma in molti Paesi, tra cui spicca l’Italia, paese “fondatore” dell’Unione, la conoscenza del diritto dell’Unione europea presso i “giuristi” è a livello quasi-zero). Inoltre, occorrono investimenti nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (a partire dalle reti a banda larga), sia per informare i cittadini, sia per sviluppare la “giustizia elettronica”, facilitando l’accesso alla giustizia e riducendo la burocrazia e le procedure inutili negli Stati membri, soprattutto per quanto riguarda i procedimenti civili e commerciali;
- codificare leggi e prassi dell’Unione, in particolare in alcuni settori, al fine di rendere coerente la legislazione e fare chiarezza a vantaggio dei cittadini e degli utenti del diritto in generale: diritto civile e commerciale; diritto dei consumatori; diritto penale;
- completare il quadro giuridico esistente con nuove iniziative, perché la politica di giustizia è un settore dinamico, che si evolve sullo sfondo di una crescente mobilità di cittadini e imprese. Potrebbero, quindi, rendersi necessarie iniziative destinate a completare le politiche e gli strumenti esistenti, che dovranno essere perseguiti, come conclude la Commissione europea, “nell’intento di rafforzare il clima di fiducia reciproca, di semplificare la vita dei cittadini e di contribuire ulteriormente alla crescita economica”.
Conclusioni: lo spazio europeo di giustizia e la riforma della giustizia in Italia
Credo che, alla luce di quanto sin qui scritto, sia comprensibile l’attenzione che il Documento di Economia e Finanza 2014, deliberato dal Consiglio dei Ministri l’8 aprile 2014, dedica al tema della giustizia in Italia, sia civile che amministrativa e penale.
Anche su questo tema, si gioca il ruolo del nostro Paese in Europa, soprattutto il ruolo di noi cittadini e delle nostre imprese: una giustizia inefficiente, significa non solo meno investimenti esteri in Italia, ma, innanzitutto, la condanna a cittadini europei di “serie B”.
Pertanto, il Programma Nazionale di Riforma (PNR) dell’Italia, allegato al Documento di Economia e Finanza 2014, dedica diversi capitoli alla riforma della giustizia civile, penale e amministrativa, in linea con gli obiettivi e la politica dell’Unione europea, appena descritti.
“Una giustizia celere, accessibile e con esiti di qualità e ragionevolmente prevedibili” – si legge nel documento – “è una precondizione per il buon funzionamento del sistema economico e per la ripresa degli investimenti produttivi anche da parte delle imprese estere”.
Il Governo italiano si impegna a presentare la proposta di riforma della giustizia entro il mese di giugno 2014.
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