Il Quadro europeo di valutazione dell’innovazione (EIS) 2022
7 ottobre 2022 di Mauro Varotto
Qualche settimana fa ho presentato in questo blog la nuova agenda europea per l’innovazione, finalizzata a consentire all’Europa, da un lato di essere in prima linea nella nuova ondata di innovazioni a elevatissimo contenuto tecnologico (le cosiddette innovazioni tecnologiche profonde – deep tech); dall’altro lato, a fare in modo che l’innovazione raggiunga tutte le regioni d’Europa, comprese le zone rurali.
L’edizione 2022 del Quadro europeo di valutazione dell’innovazione (EIS – European Innovation Scoreboard 2022) sta a dimostrare tutta l’importanza di tale agenda, sia per l’Unione europea che per i suoi Stati membri.
Se, infatti, da un lato, l’Unione europea, a livello complessivo, continua a migliorare le proprie performance in materia di innovazione (la media degli indicatori utilizzati sale del 10% rispetto al 2015), tuttavia i concorrenti a livello mondiale – quali Australia, Canada, Repubblica di Corea e Stati Uniti – continuano a registrare risultati migliori rispetto all’Unione. Una parziale consolazione consiste nel fatto che l’Unione ha colmato il divario di rendimento rispetto a questi paesi e ha superato il Giappone nel 2021.
Invece, a livello nazionale, sempre in base ai numerosi indicatori utilizzati dal quadro di valutazione dell’innovazione che, come è noto, dal 2001 fornisce un’analisi comparativa del rendimento in termini di innovazione dei paesi dell’Unione, di altri paesi europei e delle regioni limitrofe, gli Stati membri dell’Unione si suddividono in quattro gruppi di rendimento che, in ordine decrescente di performance, sono i seguenti:
- i leader dell’innovazione (risultati superiori al 125% della media dell’UE): la Svezia continua ad essere il paese con i migliori risultati nell’intera Unione. Altri leader dell’innovazione sono il Belgio, la Danimarca, i Paesi Bassi e la Finlandia;
- gli innovatori forti (tra il 100% e il 125% della media dell’UE): Germania, Irlanda, Francia, Cipro, Lussemburgo e Austria sono innovatori forti, con risultati superiori alla media dell’Unione europea;
- gli innovatori moderati (tra il 70 % e il 100 % della media dell’UE): Cechia, Estonia, Grecia, Spagna, Italia, Lituania, Malta, Portogallo e Slovenia sono innovatori moderati;
- gli innovatori emergenti (al di sotto del 70 % della media dell’UE): infine, fanalini di coda dell’Unione sono Bulgaria, Croazia, Lettonia, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia, eufemisticamente definiti innovatori emergenti.
Rispetto alla precedente edizione del Quadro di valutazione, tre paesi hanno cambiato gruppo di rendimento: in particolare, i Paesi Bassi sono diventati un leader dell’innovazione, Cipro è un innovatore forte e l’Estonia un innovatore moderato.
Sempre rispetto al 2021, quest’anno i risultati in materia di innovazione sono migliorati per 19 Stati membri e peggiorati per otto di essi.
Pertanto, come si può osservare nel seguente grafico, nell’Unione europea permane il divario in materia di innovazione. I gruppi di paesi con i più elevati rendimenti in materia di innovazione tendono a concentrarsi geograficamente: i leader dell’innovazione e la maggior parte degli innovatori forti si trovano nell’Europa settentrionale e occidentale e la maggior parte degli innovatori moderati ed emergenti nell’Europa meridionale ed orientale.
La posizione dell’Italia è raffigurata nel seguente grafico, a sinistra a livello statale, a destra a livello di singole regioni.
Infine, rinviando al rapporto annuale del quadro europeo nonché alla banca dati on line di cui riporto in calce all’articolo il link, per tutti gli opportuni approfondimenti, anche in termini di analisi dei risultati per singolo indicatore nonché di metodologie utilizzate per le rilevazioni, significativo appare il seguente grafico relativo all’Italia, dove sono visivamente indicati i punti di forza e di debolezza del nostro sistema nazionale dell’innovazione.
Credo che non necessiti di molti commenti: l’innovazione, in Italia, è frenata dal basso livello di istruzione del capitale umano e dagli scarsi investimenti in ricerca e innovazione.
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