La Commissione europea promuove lo sviluppo della raccolta fondi on-line a favore delle piccole e medie imprese

16 marzo 2018 di Mauro Varotto

La raccolta fondi on-line, organizzata per finanziare uno specifico progetto, è una forma di finanziamento collettivo – conosciuta con il nome di crowdfunding – sorta inizialmente in Australia e negli USA e che si è diffusa rapidamente anche in Europa e in Italia, dove si sta affermando sempre più come forma di finanza alternativa per le piccole e medie imprese (PMI), che sono nella fase di crescita iniziale e riguarda solitamente investimenti di modeste dimensioni.

Più in particolare, il crowdfunding indica la ricerca e la concessione di fondi da parte di una massa di investitori a favore di uno specifico progetto. Il canale attraverso cui il denaro confluisce nel progetto proposto è Internet: apposite piattaforme on line fungono da vetrina per presentare idee e progetti, nonché come punto di contatto tra soggetti che desiderano investire e coloro che hanno idee ma non i soldi necessari per realizzarle. Il soggetto che gestisce la piattaforma guadagna una commissione per il servizio offerto.

Si tratta, quindi, di un nuovo tipo di intermediazione finanziaria in cui il fornitore di servizi di crowdfunding interagisce con i clienti tramite una piattaforma digitale, senza assumere personalmente alcun rischio, per abbinare i potenziali investitori alle imprese che cercano finanziamenti, a prescindere dal fatto che il finanziamento prenda poi la forma di un accordo di prestito, una partecipazione azionaria o l’investimento in un altro valore mobiliare.

Quindi, la prestazione di servizi di crowdfunding di solito coinvolge tre tipologie di soggetti: il titolare del progetto che propone il progetto da finanziare, gli investitori che lo finanziano, solitamente con investimenti di modesta entità, e un’organizzazione con il ruolo di intermediario rappresentata da un fornitore di servizi che mette in contatto i titolari del progetto e gli investitori attraverso una piattaforma on-line.

Alle imprese, oltre a costituire una fonte alternativa di finanziamento, il crowdfunding è in grado di offrire diversi vantaggi: infatti, per il titolare del progetto esso può rappresentare una convalida del concetto e dell’idea, permettergli di entrare in contatto con un gran numero di persone che possono fornire all’imprenditore elementi ed informazioni ed essere uno strumento di marketing se una campagna di crowdfunding si svolge con successo.

Pur essendo un fenomeno dinamico e in continua evoluzione, oggi sono quattro i tipi più diffusi di crowdfunding.

Il reward-based, che si basa su un investimento in soldi a fronte di una ricompensa per chi investe: ad esempio, finanziare e sostenere un cantante emergente oppure un nuovo progetto imprenditoriale e ricevere, in cambio, un premio, consistente, sempre per restare nell’ambito dei due esempi, in un biglietto per un concerto oppure in una fornitura gratuita di prodotti e/o servizi. Alcune campagne elettorali americane sono state finanziate mediante questa tipologia di crowdfunding.

Il donation-based, invece, è un modello che si basa su una vera e propria donazione in denaro, erogata per sostenere la nascita un’attività o di un progetto.

Questi due tipi di crowdfunding non sono veri e propri strumenti finanziari e, quindi, non ricadono sotto la disciplina delle regole che disciplinano i mercati dei capitali.

Invece, altre due forme – il social lending e il peer to peer lending – sono modelli che si basano non su premi o donazioni, ma su veri e propri prestiti di denaro da parte di soggetti privati, i quali vengono remunerati attraverso il pagamento di interessi, come in ogni contratto di mutuo.

Attualmente, in Europa, ogni Stato membro dell’Unione europea ha gestito il fenomeno del crowdfunding in maniera autonoma, dando vita a un’ampia varietà di soluzioni normative, che si estendono dall’assenza di regolamentazione fino alla rigida applicazione delle norme in materia di tutela degli investitori privati.

L’Italia è stata il primo Paese al mondo a disciplinare la raccolta di capitali di rischio tramite portali on-line con l’articolo 30 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 e la delibera Consob n. 18592.

Questa frammentazione frena la crescita del fenomeno della raccolta fondi on-line a livello europeo e limita le possibilità di finanziamento delle imprese, soprattutto delle PMI, poiché comporta diverse autorizzazioni o registrazioni nazionali e il rispetto di legislazioni nazionali divergenti in vari ambiti, quali nel campo del marketing e della tutela dei consumatori. Ciò si traduce in costi elevati, complessità giuridica e incertezza per i fornitori di servizi di crowdfunding, nonché in assenza di economie di scala e approcci non coerenti alla trasparenza verso gli investitori e ai rischi finanziari che questi si assumono.

Pertanto, la Commissione europea, con l’obiettivo di finanziare l’economia reale sfruttando tutte le potenzialità del crowdfunding come strumento di integrazione delle tradizionali fonti di finanziamento, ha presentato la proposta di istituire un quadro giuridico europeo in materia di crowdfunding offrendo ai gestori delle piattaforme on-line la possibilità, a determinate condizioni, di operare in tutta Europa mediante un’unica autorizzazione.

Lo scopo dichiarato, come si è scritto, è quello di agevolare l’ampliamento dei servizi di crowdfunding nel mercato interno europeo, aumentando così l’accesso ai finanziamenti per gli imprenditori, le start-up, le imprese in fase di espansione e le PMI in generale.

La proposta introduce condizioni di funzionamento uniformi del crowdfunding, garantendo parità di condizioni a tutti i fornitori di servizi: essa, a esempio, definisce requisiti uniformi per quanto riguarda le attività dei fornitori di questi servizi, la loro organizzazione, la loro autorizzazione e la loro vigilanza, la gestione dei conflitti di interesse e aspetti più pratici, quali il trattamento dei reclami, la custodia dei fondi, la fornitura dei servizi di pagamento.

Inoltre, la disciplina europea stabilisce un limite alle offerte di crowdfunding, le quali non possono essere superiori a un importo di 1.000.000 di euro per offerta, calcolato su un periodo di 12 mesi per un dato progetto di crowdfunding.

Il nuovo quadro normativo europeo proposto dalla Commissione europea non disciplina le forme di crowdfunding basate su donazioni e ricompense, poiché non si tratta di prodotti finanziari, né disciplina servizi di crowdfunding forniti a titolari di progetti che sono consumatori, poiché la normativa dell’Unione europea in materia di protezione dei consumatori si applica già al crowdfunding basato sulla ricompensa e prevede norme rigorose per tutelare i consumatori stessi.

Se e quando sarà approvata la proposta della Commissione europea, una persona giuridica che intenda fornire servizi di crowdfunding presenterà all’ESMA, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, domanda di autorizzazione come fornitore di servizi di crowdfunding. L’ESMA verificherà il possesso dei requisiti e autorizzerà il fornitore del servizio; inoltre, essa istituirà e gestirà il registro di tutti i fornitori di servizi di crowdfunding in Europa ed eserciterà la vigilanza su di essi.

In conclusione, nelle intenzioni della Commissione europea, questa iniziativa fornirà un marchio europeo ai fornitori di servizi di crowdfunding facilmente identificabile, il quale garantirà un ambiente trasparente e sicuro per l’intermediazione finanziaria, consentendo agli investitori di concentrarsi sulla fattibilità dei progetti che desiderano sostenere.

 

 

ACCESSO DIRETTO ALLE FONTI DI INFORMAZIONE:

Commissione europea, Proposta di REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese, doc. COM COM(2018) 113 final del 8.3.2018

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